ARCHEOASTRONOMIA LIGUSTICA
Pubblicato in: Atti del II Convegno Nazionale
di Archeoastronomia in Sardegna, "Cronache
di Archeologia", Vol. 10, Sassari, TAS, 12/2013, pp. 95-136,
ISBN 978-88-89502-73-0.
Henry De Santis
1) Introduzione
Nel 1959 Georg Innerebner,
iniziatore dell'archeoastronomia italiana, scriveva: <L'uomo alpino
normalmente non aveva bisogno di mezzi artificiali per fissare il suo
calendario privato. A lui serviva in modo migliore l'orizzonte vario e bizzarro
del suo paese> (Innerebner 1959).
Il presente lavoro raccoglie
i risultati di una ricerca condotta da alcuni anni a questa parte dagli scriventi
e destinata a durare certamente ancora molti anni, poiché le montagne italiane
con funzione di meridiana o di orologio naturale sono molto numerose:
una ricerca sul Web (vedi appendice I) condotta da Henry De Santis ne ha
identificate parecchie decine, soprattutto sulle Alpi, ma anche sugli
Appennini.
Ai giorni nostri l'utilizzo
di meridiane naturali è ancora parzialmente attivo presso alcune comunità
agro-pastorali abbastanza integre, come per esempio quella di Carnino nel basso
Cuneese (Boccaleri, 1982, p. 283).
Si ricordi che il
Ciò premesso, due risultano
i modi per determinare il passaggio in meridiano del Sole:
1) la misurazione della sua
altezza;
2) il calcolo del suo
passaggio al meridiano.
Il primo metodo è
evidentemente quello usato in antico ed applicato alle montagne meridiane.
Il secondo è quello moderno
ed implica il calcolo preventivo dell'ora di tale passaggio mediante
un'apposita formula e l'utilizzo d’effemeridi ed orologio radiocontrollato.
La formula per calcolare
l'istante del passaggio al meridiano è la seguente:
dove:
cost. loc. è la costante locale;
E.T.
è l’equazione del tempo nel giorno della misurazione ed a
La costante locale (Zagar 1984, p. 115) è la longitudine del luogo da
quella del meridiano centrale del fuso orario locale e si calcola sottraendo
algebricamente la prima dalla seconda. Poiché le longitudini da Greenwich si
contano oggi positivamente verso est e negativamente verso ovest, la costante
locale avrà segno positivo se il sito è ubicato ad ovest del meridiano centrale
del fuso orario locale e segno negativo se ubicato ad est. Premesso che gli
orologi sono regolati sul mezzogiorno vero del meridiano centrale del fuso orario
locale, il mezzogiorno locale anticiperà o posticiperà di tanti minuti e
secondi quanti sono quelli della costante locale rispettivamente se il sito è
ubicato ad est o ad ovest del meridiano centrale del fuso orario locale.
Poiché l'Italia appartiene al
primo fuso orario orientale, il cui meridiano centrale passante per l'Etna ha
una longitudine pari a 15° = 1h W da Greenwich, la costante locale di un
qualsiasi sito italiano si misurerà sottraendo la sua longitudine W da
Greenwich dai 15° = 1h W della longitudine del meridiano dell'Etna da
Greenwich. Il risultato è la costante locale con il suo segno: + se il sito è
ad W del meridiano dell'Etna e - se esso è ad est;
Es.:
1) cost loc. del Bric di Mezzogiorno
di Cremeno (GE)
lat. 44°27'47"N; long. 8°55'11"E
15°00'00"E-
08°55'11"E=
--------------
06°04'49" = 0h 24m
19,27s
2) costante locale di Capo
d'Otranto
lat. 40°06'N; long. 18°29'E
15°00'00"-
18°29'00"=
------------
-3°29'00" = -0h 13m 56s
Perciò, prescindendo dall'equazione del tempo E.T., al Bric di Mezzogiorno
di Cremeno il mezzogiorno vero si verificherà alle ore solari 12h + 0h 24m
19,27s = 12h 24m 19,27s ed al Capo d'Otranto si verificherà alle ore 12h + (-0h
13m 56s) = 11h 46m 04s.
Infine, al risultato
ottenuto si aggiunge algebricamente (cioè con il suo segno + o -) E.T.:
12h 00m 00s + (± cost. loc.) + (±E.T.)
E.T. è l'equazione del tempo, cioè la differenza
algebrica tra il tempo vero tv (ossia
la reale durata del giorno) ed il tempo medio tm, ossia la durata media del giorno convenzionalmente stabilita in
24h 00m 00s (Flora 1987, pp. 199-200) oppure, ugualmente, la differenza tra
tempo medio tm e tempo vero tv (Effemeridi Nautiche I.I.M.). Essa
può anche definirsi, analogamente alla definizione nautica, come la differenza tra l’ascensione retta del Sole
apparente o vero e quella del Sole fittizio o medio oppure come la differenza
tra l’ascensione retta del Sole fittizio o medio e quella del Sole apparente o
vero (Meeus 1990, pp. 93-94; 2005, pp. 183-187).
Infatti la quotidiana
velocità di rotazione della Terra sul proprio asse non è costante:
l'accumularsi della differenza tra la durata del giorno vero e quella del
giorno medio costituisce l'equazione del
tempo, la quale si azzera quattro volte all'anno (verso il 15/04, il 15/06,
il 01/09 ed il 25/12) ed assume quattro volte valori massimi/minimi (verso il
12/02, il 15/05, il 27/07 ed il 03/11).
Come sopra accennato, due
sono le convenzioni secondo le quali si definisce E.T.:
1) E.T. = t.v. - t.m.
2) E.T. = t.m. - t.v.
Secondo la prima convenzione,
il suo valore minimo, pari a -14,4 minuti, si raggiunge verso il 12/02 ed il
suo valore massimo, pari a +16,4 minuti, si raggiunge verso il 03/11.
L'opposto con la seconda
convenzione.
Quest'ultima è quella
adottata nelle Effemeridi Nautiche dell'I.I.M., nelle quali, quindi, l'E.T.
minima (-16,4 minuti) si raggiunge verso il 03/11 e la massima (+14,4 minuti)
si raggiunge verso il 12/02.
E.T. può essere calcolata
anche mediante alcune formule (Meeus 1990, pp. 93-94; 2005, pp. 183-187).
Come si è detto, l'ora
legale (sia invernale che estiva), segnata dagli orologi, è regolata sul
meridiano centrale del fuso orario locale: l'orologio segna mezzogiorno quando
il Sole passa al meridiano centrale del fuso orario locale. Poiché gli estremi
dei fusi orari distano al massimo 30 minuti dal loro meridiano centrale e
poiché E.T. è al massimo circa ±14,4~16,4 minuti, ne consegue che la differenza
tra il mezzogiorno legale e quello vero è al massimo circa ±45 minuti.
Il mezzogiorno vero o locale o astronomico così calcolato è l'istante
in cui il Sole passa al meridiano del luogo. Se la cima montuosa studiata è
meridiana, in quell'istante il Sole apparirà sulla verticale di essa rispetto a
qualsiasi luogo giacente sul suo meridiano (ovviamente, verso nord
nell'emisfero boreale e verso sud in quello australe).
Ecco un esempio di calcolo
del mezzogiorno vero al Bric di Mezzogiorno di Cremeno (GE) in data 23/09/2000:
a) per trasformare i gradi
sessagesimali in tempo basta dividerli per 15:
long. 8°55'11"E/15 =
0,594648148148h = 0h 35m 40,73s
e, viceversa, per
trasformare le unità di tempo in gradi sessagesimali basta moltiplicarle per
15:
0h 35m 40,73" × 15 =
8,91972222222° = 8°55'11";
b) si calcola la costante
locale:
cost. loc. = (15° - 8°55'11"E)/15 = 6°04'49"/15 = 0h 24m 19,27s;
c) si trova l’E.T. del 23/09/2000
UT 12h 00m 00s, che risulta pari a -0h 07m 47s;
d) si sommano algebricamente
tra loro i tre fattori ottenendo come risultato il mezzogiorno vero o locale o astronomico a Cremeno (GE):
12h 00m 00s + (+0h 24m 19,27s) + (-0h 07m 47s) = 12h 16m 32,27s
2)
Appennino ed Alpi Liguri[2]
In Liguria sono state fin’ora identificate tre montagne meridiane:
a) il Bric di Mezzogiorno di
Cremeno (GE);
b) il Monte di Mezzogiorno
di Stellanello (SV);
c) il Carmu du Mezudì di
Cetta (IM), altrimenti detto Carmo Langàn.
lat.
44°27'47"N; long. 0h 35m 40,73s E; q. m. 337 s.l.m.; cost. loc. +0h 24m 19,27s; tavoletta I.G.M. 1:25000 n. 82 II NE Sestri Ponente
Foto n.
1 (M. Codebò): il Bric di Mezzogiorno di Cremeno (GE), dalla località
Castellaro o Castellazzo.
|
Secondo una teoria più
recente, che però raccoglie meno consensi (Elter e Pertusati 1973), la
formazione geologica delle Alpi comincerebbe più a est, comprendendo l'intero
gruppo del M. Antola. In questo secondo caso il Bric di Mezzogiorno di Cremeno
farebbe già parte delle Alpi.
A circa m. 750 a SW del
bricco sorgeva, in località Càmpora di Geminiano, una stazione a tegoloni di
età romana (d'Ambrosio, 1985 b, pp. 70-72).
A km. 3,750 a Nord, sul
versante settentrionale della valle del torrente Secca, in località S. Cipriano
sorgeva un castellaro ligure del IV secolo a. C. (d'Ambrosio, 1985 a, pp.
49-69).
Infine, secondo Edilio
Boccaleri (Boccaleri 2002a, 2002b) il Bric di Mezzogiorno si trova sul percorso
dell'antica via consolare Postumia che congiungeva Genua con Aquileia passando
per Libarna e Dertona (oggi Tortona). Nella ricostruzione di Boccaleri la via
consolare risaliva la collina di Granarolo; raggiungeva i Piani di Fregoso;
continuava a mezza costa fino al Bric di Mezzogiorno toccando la stazione a
tegoloni di Càmpora di Geminiano; scendeva al guado del torrente Sardorella
alla sua confluenza con il torrente Secca; risaliva la collina di S. Cipriano
presso il castellaro ligure protostorico; giungeva alla località Pons ad
Decimum (attuale Pontedecimo); risaliva fino a Langasco, identificata come il
castello dei Ligures Langenses Viturii della Tavola di Polcevera e valicava
l'Appennino, scendendo poi a Libarna, attraverso il Passo della Bocchetta, che,
fino al XIX secolo quando fu aperta la via del Passo dei Giovi, fu il più
importante dell'Appennino genovese: di qui passò la salma di S. Agostino quando
fu traslata fino a S. Pietro in Ciel d'Oro a Pavia.
Sappiamo però da due atti
notarili del 1020 e del 1026 - actum infra castro Carmandino feliciter il
primo e actum castro Carmandinum il
secondo - che in località Carmandinum sorgeva il castello dei visconti di Genova.
Il firmatario di questi due atti fu, con sua moglie Gilberga, Windo (o Indo =
Guido) II, nipote di Ydo I (= Guido) citato in un documento del 952 quale
proprietario di una vigna presso la basilica di S. Siro (tutt'ora esistente) e vicecomes <…vinea quae tenet Ydo vicecomes…>: egli era cioè il visconte del
comes Oberto, allora titolare della
Marca Obertenga cui Genova apparteneva (le altre due marche in cui era divisa la
Liguria, sempre in senso N-S, erano quella aleramica e quella arduinica).
Questi documenti dimostrano che nel secolo X a Genova risiedeva un visconte e
che almeno nel secolo XI, se non prima, il castello viscontile era in
Carmandinum, ossia in Cremeno. Secondo alcuni autori, dalla famiglia dei
Carmandino, che mutuò il proprio cognome dalla località di residenza,
derivarono poi, con altri cognomi in parte derivati dalle località di
residenza, quasi tutte le famiglie nobili genovesi, mentre i Carmandino come
tali, più tardi decaduti, si estinsero nel XVI o nel XVII secolo (Atti della
Società Ligure di Storia Patria, vol II, parte I, Genova, 1870).
Secondo dom Domenico
Cambiaso, parroco di Cremeno agli inizi del XX secolo, il castello viscontile
dei Carmandino sorgeva in località Castellazzo o Castellaro di Cremeno
(Cambiaso 1907, pp. 17-23); oggi vi sorge una vecchia casa colonica - la più
antica del paese a detta degli abitanti - sulla cui facciata meridionale
troneggiava, prima del deturpante restauro cui fu sottoposta negli anni '90,
una meridiana (foto n. 2).
Pianta
n. 1 (M. Codebò).
|
Foto n. 2 (M. Codebò):
Casa Castellazzo di Cremeno, parete meridionale. La macchia bianca circolare è quanto restava
della meridiana. |
Una ricerca condotta da
Henry De Santis all'Archivio di Stato di Genova ha dimostrato che l’orònimo Monte di Mezzogiorno (anche sotto le
varianti Monte di Mezzo Giorno e Monte Mezzano) era già presente nel
1798.
Ecco quanto scrive il De
Santis:
<<CATASTI
DESCRITTIVI SUL BRIC DEL MEZZOGIORNO[4].
I dati seguenti sono
stati estrapolati dai catasti descrittivi di Cremeno, Brasile e Casanova
iniziati nel 1798 e chiusi probabilmente nel 1814. I tre catasti sono in un
unico registro. (Archivio di Stato
di Genova - Fondo catasti - n. di registro generale 12).
Estratto dal
«Cattastro de beni dello comune sotto la municipalità di Cremeno S.Pietro»:
Settembre 1798 – della
proprietà di Antonio Rizzo: «terra castagnativa fruttiva e salvatica con casa
luogo detto il castellaro. Confina da tramontana e mezzo giorno Bartolomeo
Canale; da levante e ponente li eredi Cambiaso. Cannette 76 longhezza e 60
larghezza. Denonciato per lire 12500.» (pag. 7. N. prog. 34).
Settembre 1798 – della
proprietà di Niccolò Pittaluga: «piccola parte di casa luogo detto il
castellaro. Confina da tutti i lati
con li detti eredi Cambiaso. Valutato £ 25». (pag. 8. N. prog. 36).
I Periti sono Nicolò
Romairone della parrocchia di Murta e Giò Batta Pittaluga di Cremeno.
Settembre
1798 – della proprietà di Bartolomeo Canale: «terra vignetiva e boschiva luogo
detto il castellaro e valle. Confina da tramontana Antonio Rizzo, da mezzo
giorno il fossato, da levante li eredi Cambiaso e ponente Cipriano Passano.
Cannette 75 longhezza e 30 larghezza, valutato lire 600 (detti periti).» (pag.
28. N. prog. 131)
Settembre 1798 – della
proprietà di Cesare Doria: «terra castagnativa e salvatica luogo detto di monte
di mezzogiorno. Confina da levante li eredi Cambiaso e Gio Batta Passano, da
tramontana li eredi di Gio Batta Bazzolo, da ponente li stessi beni e da mezzo
giorno Gio Batta Passano.
Cannelle 150 longhezza
e 120 larghezza. Estimato £ 1100 (stessi periti) ». (pag. 32. N. prog. 148).
Parlando di un’altra
proprietà di Cesare Doria, del settembre 1798: «terra castagnativa e salvatica
in luogo monte mezzano o sia di mezzo giorno. Confina da levante Andrea
Durante, da tramontana Filippo Airolo, da ponente G.B. Passano e mezzo giorno
le Comunaglie della Parrocchia di Brasile. Cannette 65 longhezza e 80
larghezza. L.425. (stessi periti)». (pag. 32. N. prog. 149).
Parlando
sempre di un’altra proprietà del suddetto Doria, denunciata anch’essa nel
settembre 1798: «terra vignetiva castagnativa e salvatica di luogo detto monte
di mezzo giorno. Confina da levante e tramontana Carlo Poggi, da ponente
Giacomo Roncallo e da mezzo giorno le Comunaglie di Geminiano. Cannelle 70
longhezza e 40 larghezza.
L 700 (detti periti)».
(pag. 33. N. prog. 150).
La parte del volume
relativa a Cremeno è firmato in calce da tali “Angelo Rizzo membro della
municipalità dell’anzidetto comune et Bartolomeo Canale e Giuseppe Pedemonte
socii suddetto Angelo”.
Dal catasto del comune
di Brasile, sempre nel volume 12:
Da una denuncia del 6
settembre 1798, sulla proprietà di Cesare Doria nel citato comune: «terra
vignetiva fruttiva prativa e seminativa castagnativa salvatica con alberi di
marrone[5] luogo
detto il monte cucco[6]. Confina
da tramontana li siffatti beni che sono nella parrocchia di Cremeno in parte
detto Doria[7]
il fossato, in parte gli eredi di Stefano Pagano, a mezzogiorno Agostino Fiesco
a ponente li Monaci Certosini ed in parte Gio Batta Passano. Cannelle 200
larghezza, 300 lunghezza, estimato £ 13500». (pag. 11. N. prog. 54).
I dati seguenti sono
stati invece estrapolati dal catasto descrittivo delle “parrocchie” di Cremeno,
Brasile e Casanova del 1831. Il volume, successivo al precedente, si intitola: “Nuovo
volume del catastro dell’anno 1798 col nome degli odierni possessori de
beni...(omissis) 1831.a” (Archivio
di Stato di Genova - Fondo catasti - n. di registro generale 13).
Nel
rinnovato catasto si riscontrano alcune differenze, sia nelle proprietà che nei
toponimi.
Nella parte di Cremeno
si riscontra che:
a) La
proprietà di Angelo Rizzo di cui al numero 34 – pag. 7 del volume 12 è passata ad un certo
Grondona Niccolò Girolamo di Genova, con numero progressivo 59 a pag. 38; nulla è invariato nel toponimo “il
castellaro”.
b) La piccola proprietà di Niccolò Pittaluga, di
cui al numero 36 a pag. 8, è sostanzialmente confermata, in quanto è passata ad
un erede diretto, con il nuovo numero progressivo 83 a pag. 47; anche in questo
caso si riconferma il toponimo “il castellaro”.
c) La proprietà di Bartolomeo Canale, di cui al
numero 131 a pag. 28, è diventata proprietà di un certo Morando Agostino
Giuseppe, oste a Bolzaneto, con il nuovo numero 62 a pag. 38; il toponimo “il
castellaro” rimane invariato.
d) Le terre di Cesare Doria sono ora
presumibilmente di una parente o della moglie, tale Doria Pallavicini Maria
Oriettina, ed i tre lotti posti in località Monte di Mezzogiorno di cui ai
numeri 148, 149 e 150, nelle pagg. 32-33 del vecchio catasto, sono contraddistinti,
nel nuovo catasto, rispettivamente, dai numeri 57, 58 e 59 e si nota un leggero
cambio del toponimo in “Monti di Mezzogiorno”.
Nella
parte di Brasile si riscontra, dalla denuncia del 6 settembre 1798, che:
a) La proprietà di Cesare Doria in questa
parrocchia - di cui al numero 54 - pag.
11 del volume 12 è anch’essa della summenzionata Doria Pallavicini Maria
Oriettina con numero progressivo 18 a pag. 8, con la leggera variazione del
toponimo in “Montecucco”.
Le descrizioni dei
terreni del catasto n. 13 sono sostanzialmente uguali a quelle del volume
precedente. Tutte le variazioni presenti sono riportate nelle righe
soprastanti.
Da segnalare che nel
volume 13 sono segnati, a fianco di ogni proprietà descritta, alcuni numeri
posti in una colonna denominata “numero dell’antico catastro o registro di
mutazione”, non presente nel precedente catasto, che non hanno alcun riscontro
con i numeri progressivi presenti nel citato volume n.12.
Ciò potrebbe far
ipotizzare l’esistenza di un catasto precedente ai due presi in considerazione
o di un’altra pubblicazione di cui si sono perse le tracce, considerato che relativamente
a Cremeno, più indietro del 1798 non si riesce a risalire.>>
La venuta a Genova dei
futuri Carmandino - poiché sembra certo che essi non fossero genovesi d'origine
- può forse spiegarsi con la necessità di risollevare le sorti della città
devastata dal terribile saccheggio musulmano del 935~936 e sempre soggetta ad
analoghe incursioni. La scelta di Carmandinum come sede viscontile appare strategica,
in quanto la località è nascosta alla visuale dal mare ma ubicata lungo la via
Postumia. Il castello si trovava così in posizione perfetta per sfuggire alle
incursioni piratesche e per inviare prontamente richieste di soccorsi alle
guarnigioni militari dell'oltregiogo.
Si può quindi
ragionevolmente inferire che il Bric di Mezzogiorno di Cremeno servisse da
meridiana naturale agli abitanti del locale castello viscontile (foto n. 3).
Foto n. 3 (M. Codebò). Mezzogiorno vero al Bric
di Mezzogiorno di Cremeno (GE): il Sole è sulla verticale della vetta. |
2.2) Il Monte di di Mezzogiorno di Stellanello
(SV)
lat. 43°59'02,29''; long. 0h 32m 14s E; q. m. 756 s.l.m.; cost. loc. +0h 27m 46s; GPS Magella 310
con WGS84.
La
cima, nominata nella cartografia dell’Istituto Geografico Militare Italiano
come “Monte Mezzogiorno”, ricade nel Comune di Stellanello (SV), il cui
territorio è composto da diverse frazioni distanti fra di loro.
A partire dal XII sec. e
fin verso la metà del XIII sec., Stellanello fu un feudo dei Marchesi Del
Carretto e, successivamente, ceduto ai Doria. Nel 1735 fu annesso al Regno di
Sardegna, quindi, passò sotto il Regno d'Italia nel 1861.
Il
monte Mezzogiorno presenta all’osservatore una cima maggiore, iniziale oggetto
della ricerca, ed un’anticima, di quota più bassa, posta sulla sinistra.
Foto n. 4 (H.
De Santis).
Il monte di
Mezzogiorno (al centro) e la sua anticima (a sinistra).
Inizialmente,
l’indagine è consistita nel tracciare sulla cartografia I.G.M. la linea
meridiana, partendo dalla cima, in direzione sud-nord, allo scopo di verificare
se lungo il predetto asse si incontrassero edifici o emergenze di rilievo
storico-culturale. Questa ricerca ha dato esito negativo in quanto, lungo il
meridiano, si incontra soltanto l’abitato della frazione di Rossi, composto da
edifici di moderna costruzione.
In
data 28.02.2009, è stato effettuato un sopralluogo sul posto, con osservazione
del Sole al mezzodì vero, che ha confermato quanto sopra ipotizzato.
Foto n. 5 (H.
De Santis).
Osservazione
del mezzodì vero locale, in frazione Rossi, alle ore 12:40:16 del 28.02.2009.
Come
si può evincere dall’immagine, il sole non culmina esattamente sulla cima ma
rimane spostato, sia pure di poco, sulla sinistra.
Tale
risultanza ha portato, inizialmente, alla formulazione di due distinte ipotesi,
in palese contrasto fra loro:
a)
il monte aveva una funzione meridiana “sic et simpliciter” nonostante la non perfetta verticalità dell’astro al suo culmine;
b)
la cima utilizzata quale meridiana era diversa da quella principale.
Da ulteriori ricerche
effettuate è emerso che, nelle immediate adiacenze della frazione Rossi, in
località San Gregorio, nei pressi dell’attuale cimitero, si ergono alcuni
imponenti muraglioni, resti del castello edificato dai Clavesana fra il XII e
il XIII secolo.
Foto
n. 6-7 (H. De Santis).
I
ruderi del castello
La
scoperta dei ruderi ha imposto l’esecuzione di nuovi rilievi cartografici, dai
quali è emerso che il castello è stato edificato, pressoché esattamente, lungo
la linea meridiana che attraversa l’anticima del Monte Mezzogiorno.
La
presenza del castello può, quindi, fornire l’ennesimo trat-d'union tra un luogo d’insediamento
“colto” e l’uso dell’orografia con funzioni meridiane, riscontrato ormai
comunemente nei territori rurali appenninici, alpini e prealpini (Codebò 1994, 1997c, 2006; Codebò - De Santis 2003; De
Santis 2005).
Detta ipotesi implica, inoltre, lo
slittamento della posizione del toponimo, erroneamente puntualizzato nella
cartografia ufficiale.
Foto
n. 8 (H. De Santis).
L’anticima
del monte Mezzogiorno vista dai ruderi del castello.
Allo scopo di verificare l’ipotesi è stato
effettuato un ulteriore sopralluogo, teso ad osservare il culminare del Sole al
mezzogiorno vero del 10 aprile 2010 (ore 13:29:04), ponendosi sulla linea
meridiana che congiunge l’anticima ai ruderi del castello.
L’osservazione ha dato esito positivo poiché
il sole è culminato esattamente sulla verticale del cocuzzolo.
Foto n. 9 (H. De Santis).
Il Sole, al suo culmine, sulla verticale
dell’anticima, visto dai ruderi del castello.
Sulla destra, la cima principale del monte di
mezzogiorno
La verifica, effettuata sul campo, ha
consentito di dimostrare, con ottime probabilità, che l’insediamento “colto” da
cui si utilizzava il Monte, con funzione di meridiana, era proprio il castello.
Quello che al momento rimane ignoto è quando
sia effettivamente avvenuto lo slittamento del toponimo.
Allo scopo sono state effettuate dalla
dott.ssa Eleana Marullo, dottore di ricerca in toponomastica storica, approfondite
ricerche presso l’Archivio di Stato di Torino che hanno consentito di accertare
che nella cartografia napoleonica il toponimo era già slittato.
Foto n. 10 (H. De Santis).
Il Carmu du Mezudì fotografato dalla frazione di
Cetta.
3)
Alpi Marittime, Cozie e Graie
3.1) Il Bric di Mezzodì della Valcasotto (CN)
lat. 44°12'17"N; long. 0h 31m 39,2s E; q. m. 1932 s.l.m.; cost.
loc. +0h 28m
21s; tavoletta IGM 1:25000 n. 91 I SE Valcasotto, ed. 4.
Foto n. 11 (M. Codebò): il
Bric di Mezzodì e la cascina La
Grangia |
E' una cima (foto n. 11)
della cresta che si stacca a settentrione dal M. Antoroto. Domina l'alta Valle
Casotto, nel comune di Pamparato. Il nome della valle deriva da Vallis
Casularum, dove le casulae erano le capanne (o casotti) degli eremiti - fra i quali il Beato Guglielmo Fenoglio da
Valsorda - che nel secolo X abitavano la valle. La riforma certosina di S.
Brunone da Charteuse, nel Delfinato, fu accolta da questi eremiti che ottennero
il riconoscimento dell'appartenenza all'ordine verso il 1150. Nel 1172
edificarono una chiesa e nel 1297 un vero e proprio monastero che, dopo varie
vicissitudini - fra cui tre incendi e la soppressione napoleonica degli ordini
religiosi del 1802 che ne decretarono l'abbandono e la rovina - fu acquistato
dai Savoia che ne fecero un castello ed un casino di caccia. Infine fu venduto
a privati da re Umberto I e recentemente è stato oggetto di scavi archeologici
(AA. VV. 1990). Attualmente è aperto al pubblico per visite guidate (AA. VV.
1994, vol. III, pp. 263-264).
La Val Casotto fu oggetto di
scorrerie saracene con partenza da Frassineto (attuale St. Tropez) che
giunsero, nel 920, all'assedio del castello di Pamparato. Dalle vicende di
quell'assedio o dalla fertilità dei terreni deriverebbe l'espressione latina panis paratus, da cui il moderno nome
Pamparato (AA. VV. 1995, vol. V, pp. 247-248)
La raccolta di queste
notizie e uno sguardo alla carta topografica fecero subito pensare che il Bric
di Mezzodì segnasse il mezzogiorno vero per i monaci della certosa, ma un
successivo sopralluogo effettuato da Codebò con Piero Barale e Silvana Barezzi
(foto n. 5) dimostrò che il bricco non era visibile dalla ex-certosa. Tuttavia
il meridiano tracciato sulla tavoletta IGM passava per la cascina La Grangia e
per la località I Perrini.
Foto n. 12 (M. Codebò): P.
Barale e S. Barezzi in un momento delle misurazioni in località I Perini |
Foto n. 13 (M. Codebò): un
particolare dell’architettura di cascina La Grangia |
La seconda è una casa
colonica, ma la prima (foto n. 11) è una struttura, oggi pressoché disabitata,
di notevoli dimensioni e di complessa struttura (foto n. 13). Si tratta
probabilmente dell'antica grangia che
costituiva una componente essenziale del monastero certosino: era il luogo,
interdetto ai monaci professi ed aperto solo ai laici ed ai novizi, in cui si
svolgevano tutte le attività agricole destinate al sostentamento comune.
Con l'occasione del citato
sopralluogo, si sono anche misurati gli orientamenti dei ruderi del castello di
Pamparato e della cappella di S. Bernardo, non trovando però alcun orientamento
significativo. Tuttavia nella cappella si sono notati alcuni graffiti (foto nn.
14, 15, 16) che potrebbero essere antichi. Essi si trovano sulla linea dipinta
che, ad altezza d'uomo e perimetralmente, divide in una parte inferiore ed in
una superiore le decorazioni pittoriche dei muri interni della cappella.
Foto n. 14 (M. Codebò) |
Foto n. 15 (M. Codebò) |
Foto n. 16 (M. Codebò) |
3.2) Il M. Midìa di Acceglio
(CN)
lat. 44°27'33"N; long. 0h 27m 55,67s E; q. m. 2128; cost. loc. +0h 32m 05s ; tavoletta IGM
1:25000 79 III NO Prazzo.
Questa montagna meridiana fu
studiata da Codebò nell'aprile 1999 e riservò una sorpresa. Si era supposto che
il luogo da cui veniva osservato il passaggio in meridiano del Sole fosse il
castello di Acceglio, le cui coordinate sono: lat. 44°28'31"N; long. 0h
27m 57s E; q. m. 1261 s. l. m.
Il castello, che prese il
nome di Forte della Torre per la
presenza di una massiccia torre quadrata (AA.VV. 1993a, pp. 7-8), fu costruito
tra la fine del XV e gl’inizi inizi del XVI secolo da Ludovico II, marchese di
Saluzzo (AA.VV. 1982, p. 72; 1983,p. 93; Boggia P. e G. 1989,p. 160), o forse
già nell'XI dal marchese Manfredi Oderigo del comitato di Auriate, il quale
cita per la prima volta il toponimo Cilium
in un suo atto notarile di donazione, datato 1028, a favore del monastero
di Caramagna (Piovano e Fogliato Cigna 1976, pp. 33-34). Di certo Acceglio
appartenne, in successione cronologica, ai marchesi Busca, a quelli di Saluzzo,
al regno di Francia dal 1548 al 1601, al ducato di Savoia (Bruno 1996, p. 30).
Oggi del castello, che fu
importante centro militare (Casalis 1833, pp. 34-35) e anche roccaforte dei
calvinisti in lotta con i cattolici (AA.VV. 1993a, pp. 7-8; Piovano e Fogliato
Cigna 1976, pp. 33-34), non restano che un muro sulla rupe che domina il paese
moderno.
L'osservazione del mezzogiorno
vero fu eseguita il giorno 04/04/1999 dal piano del castello alle ore 13h 35m
di ora estiva, essendo la costante locale di Acceglio pari a +0h 32m 05s e
l'equazione del tempo al mezzogiorno UT del 4 aprile 1999 pari a +03m 06s.
La sorpresa fu vedere il
Sole sulla verticale del M. Midìa Sottano anziché su quella del M. Midìa Soprano,
come previsto (foto n. 17). Chiesti chiarimenti in loco al Sig. Pilotto,
gestore del bar Parigi e della locale pompa di benzina ed al Sig. Gian Marco
Barali, allora sindaco di Acceglio, risultò che era ben noto agli abitanti del
posto come la vetta meridiana fosse il M. Midìa Sottano, localmente chiamato
Midìa Picciota. Era dunque chiaro che l’orònimo Midìa esprimeva effettivamente la funzione astronomica della
montagna vista da Acceglio ma anche che esso era migrato, contrariamente al
solito, verso l'alto, evidentemente per una sorta di attrazione esercitata
dalla vetta maggiore su quella minore.
Foto n. 17 (M. Codebò): il
Sole culmina sulla verticale della Midìa Picciota (a sinistra) al mezzogiorno
locale |
3.3)
Altre montagne meridiane del Cuneese
Grazie alle preziose
indicazioni di Piero Barale e ad una ricerca sui volumi della Guida dei Monti
d'Italia del C.A.I. – T.C.I., è stato possibile individuare un'altra ventina di
montagne meridiane nella Provincia Granda,
senza però poterle studiare nel dettaglio. Fra esse:
Becco del Mezdì: cima della
Serra del Lausetto nel Parco Nazionale delle Alpi Marittime; sembra essere la
montagna meridiana della località S. Bernardo nel vallone del Desertetto;
Beccàs del Mezzodì, q. m.
1931: montagna meridiana per gli abitati della Val Verde - in particolare Saret
- collaterale della Val Grana;
Bocchetta del Mezzodì, q .m
2229: sul meridiano di Saretto, in alta Val Maira;
Punta del Mezzogiorno, q. m.
2006: sul meridiano delle frazioni Ghio, Assarti e S. Margherita, ubicate lungo
la carrozzabile per il colle di S. Margherita;
Col de Miejour, q. m 2658, e
Tête de Miejour, q. m. 2689 (entrambi in Francia): sul versante settentrionale
dell'Aiguille de Chambeyron, lungo il meridiano per le frazioni Maljasset,
Maurin e Combe Bremond. Essendo il colle più basso della Tête, è evidentemente
quest'ultima la montagna meridiana ed il colle ha assunto la stessa
denominazione per attrazione, come si vedrà bene a proposito della Valle de
Mesdì nel Gruppo del Sella in Sud Tirolo;
Roche de Miejour, q. m. 2329
(in Francia): sul meridiano della frazione di St. Paul;
Cumbal del Mesjour: sul
meridiano di Casteldelfino, in Val Varaita. E' interessante notare come in
questo caso la funzione meridiana non sia assolta da una cima montuosa ma da un
vallone o comba, sulla verticale del
quale culmina il Sole al mezzogiorno locale rispetto a questo antico castello
del Delfinato.
3.4)
La Guglia del Mezzodì di Bardonecchia (TO)[9]
lat. 45°01'16"N; long. 0h 26m 45s E; q. m. 2621 s.l.m.; cost. loc. +0h 33m 15s; foglio IGM
1:100000 n. 54 Bardonecchia.
Già nota fin dal XVIII
secolo come Eguille di Mijour (Aruga,
Losana e Re 1985, p. 121), domina con la sua sagoma appuntita tutta la conca di
Bardonecchia.
In un primo tempo si era
supposto che il punto di osservazione fosse il castello di Bardonecchia (foto
n. 18), sito in posizione strategica alla confluenza degli antichissimi
sentieri del colle del Frejus e del colle della Rhô. Ma l'osservazione diretta
al mezzogiorno locale dimostrò che esso era troppo ad est e che il punto di
osservazione era da cercarsi nella frazione Mélezet, a km. 2,75 a SW. Ciò
fornisce un preciso termine post quem per datare la nascita dell’orònimo.
Infatti Mélezet fu ricostruito nella sede attuale, giudicata più sicura della
precedente, e costituito in comune autonomo in data 07/04/1487. Della vecchia
sede, distante km. 1,2 verso SW, resta la chiesa di S. Sisto Papa, con
affreschi quattrocenteschi (Balbiano d'Aramengo 1983, p. 42). E tuttavia si può
asserire che la Guglia di Mezzodì abbia da sempre costituito un punto di
riferimento per tutta la valle - in particolare per i viaggiatori transitanti
per il colle del Frejus che si trova pressappoco sullo stesso meridiano verso
nord - a motivo della sua estrema visibilità e della sua inconfondibile sagoma.
La conca di Bardonecchia,
racchiusa tra gl’importantissimi valichi del Monginevro a Sud e del Moncenisio
a Nord, fu abitata fin dal Neolitico e fu crocevia d'importantissimi percorsi.
I colli della Scala, del Frejus, e, soprattutto, della Rhô furono utilizzati
certamente almeno fin dall'età romana, come dimostrano i ritrovamenti
archeologici. Nel 58 a. C. le legioni di Giulio Cesare passarono dalla Val di
Susa dirette in Gallia. Le epoche successive videro parecchi avvenimenti, fra
cui le invasioni saracene del secolo IX e le guerre di religione del XVI secolo
fra cattolici e valdesi. Ancora oggi il dialetto locale è basilarmente un
provenzale (Balbiano d'Aramengo 1983, pp. 23-25).
Fotro n. 18 (M. Codebò): il castello di Bardonecchia e, sullo sfondo, libera da nubi, l’Eguille di Mijour |
3.5) Altre montagne meridiane del Piemonte.
Nell'alta Valle di
Rochemolles, il Bric del Mezzodì, q. m. 2904, il Colletto del Mezzodì, q. m.
2853, e la Cresta Levi-Mezzodì, q. m. 3077, hanno costituito un enigma fino
all’agosto 2007 perché sui loro meridiani verso Nord non si trova alcuna
abitazione; anzi qui il terreno diviene particolarmente impervio e la cresta di
confine, coperta da ghiacciai fino ad alcuni anni fa, non presenta valichi
importanti. Si era perciò supposto che fossero nomi imposti recentemente da
topografi militari e/o da alpinisti. Dopo la scoperta, nell’agosto 2007, della
funzione meridiana anche per un passo alpino, come vedremo più avanti a
proposito del Bech de Mezdì del Passo di Camplongo, è ipotizzabile che anche
gli orònimi di Rochemolle svolgessero la loro funzione meridiana nei confronti
d’itinerari di transumanza e/o di viaggio un tempo importanti. Considerato
infatti che l’estensione attuale dei ghiacciai risale alla Piccola Glaciazione
iniziata circa nel XVI secolo e terminata circa nel XVIII, dal Colletto del
Mezzodì privo di ghiaccio si raggiungeva, come ha notato Ariella Pennacchi,
l’importantissima strada del Colle del Moncenisio.
Punta del Mezzodì, q. m.
2640, sul meridiano di Gravere, Mollare ed Essimonte in Val di Susa;
Punta di Mezzodì, q. m.
2777, sul meridiano di Malenghi, Gillo e Foresto, in Val di Susa;
Bric di Mezzogiorno, q. m.
2986, nel Parco Naturale della Val Troncea. Non è chiaro se sia visibile dal
lontano abitato di Fraisse (sul cui meridiano si trova) in Val Chisone o se
invece sia in relazione con il Pian di Fea Nera (che potrebbe avere svolto una
funzione analoga al dolomitico Piano di Fedaia come luogo d’incontro tra le
popolazioni della Val Germanasca e della Val Chisone) nell’ambito di quella
funzione meridiana dei passi alpini e delle vie di transumanza scoperta, come
si è detto, nel 2007 per il Bech da Mezdì del Passo di Campolongo (crf. infra).
Punta Midì o Muret, q. m.
2210, sul meridiano dell'abitato di Chasteiran nel Vallone di Bourcet in Val
Chisone;
4)
Alpi Graie
Risulta esistere una sola
montagna meridiana, per altro celeberrima: l'Aiguille du Midì, q. m. 3842, sul
M. Bianco. Sul suo meridiano a Nord si trova la frazione Les Praz di Chamonix.
5)
Alpi Pennine e Lepontine
Fin’ora non sono state
studiate le montagne meridiane lombarde. Quelle qui di seguito citate sono
state solo ricavate dalle carte topografiche e dalle Guide dei Monti d'Italia del C.A.I.-T.C.I. e probabilmente si
tratta di un elenco incompleto.
5.1) Il Pizzo di Mezzodì, q.
m. 2222, approssimativamente sul meridiano dell'abitato di Cerentino, nella
valle svizzera di Campo;
5.2) Il Pizzo di Mezzodì,
q.m. 2383, sul meridiano dell'abitato di Trasquera, in Val Divedro;
5.3) Il Piz Mezdì, q. m.
2992, sul meridiano dell'abitato di Celerina, km. 2,5 da St. Moritz, in
Svizzera;
5.4) Due non meglio
identificati Pilastro di Mezzogiorno, q. m. 500, e Croz de Mezdì, q. m. 1665,
tra il lago d'Iseo ed il lago di Garda;
5.6) Il Corno di Mezzodì, q.
m. 2966, sul meridiano dell'abitato di Vione in alta val Camonica;
5.7) Il Monte di Mezzodì, q.
m. 2502, pressappoco sul meridiano dell'abitato di Temù, in alta Val Camonica.
A NE di esso si apre la piccola Valle di Mezzodì, a meridione dell'abitato di
Temù;
6) Alpi Retiche, Noriche e Dolomitiche
(Triveneto)
E' nel NE dell'Italia che si
concentra il maggior numero di montagne meridiane dell'arco alpino, con orònimi
relativi anche ad altre ore sia del mattino che del pomeriggio. Sembra però che
questi ultimi siano aggiunte più recenti, forse per analogia. Infatti, mentre
il mezzogiorno è sempre lo stesso nel corso dell'anno, con la piccola
differenza della E.T., le altre ore diurne presentano spiccate differenze
stagionali, essendo sensibilmente più brevi in inverno e più lunghe in estate a
motivo del differente arco diurno percorso dal Sole. Così, mentre una Cima
Dodici segna sempre il passaggio in meridiano del Sole in qualunque stagione,
cime del tipo Undici, Dieci, Uno (del pomeriggio, cioè tredici), ecc. corrispondono
al passaggio del Sole sulla loro verticale solo in limitati periodi dell'anno
(come fu facile verificare ripetutamente). A loro difesa si potrebbero invocare
le ore uguali, in uso anche in Italia
da tempi abbastanza remoti, ma anche i riscontri documentali orientano di più,
come vedremo, per acquisizioni piuttosto recenti, probabilmente di origine
militare.
6.1)
Le Ore Solari della Val Roja (Rojener
Sonnenuhr) (BZ)
Cima 10 (Zehnerkopf) lat. 46°47'20"N; long. 0h
41m 58s E; q. m. 2679; cost. loc. +0h 18m 02s;
Cima 11 (Elferspitze) lat. 46°46'37"N; long. 0h 41m 57s E; q. m.
2925; cost. loc. +0h 18m 03s;
Cima 12 (Zwölferkopf) lat. 46°46'55"N; long. 0h 41m 55s E; cost.
loc. +0h 18m
05s;
Foglio IGM 1:100000 n. 3
Passo di Resia.
Sono tre cime (foto n. 19)
della Val Roja, confluente da occidente nell'alta Val Venosta all'alteza del
paese di Resia.
Il punto di osservazione del
mezzogiorno vero è costituito dalla cappella di S. Nicola, le cui coordinate
sono:
lat. 46°48'17"N; long. 0h 41m 54s E; q. m. 1968; cost. loc. +0h 18m 06s.
Da qui gli azimut
topografici (ricavati dalle carte citate) delle tre cime sono:
Cima Dodici: 179°~180°;
Cima Undici: 167°~168°;
Cima Dieci: 151°.
Quelli magnetici, da Codebò
misurati il 05/08/2002 dal vecchio ingresso della chiesa allorché la
declinazione magnetica era calcolata in 0°59' 37,2"E dal programma
GMF_2000 dell’I.G.M. - I.N.G.V. allegato alla Carta Magnetica d’Italia ed.
2001, sono:
Cima Dodici: 177°;
Cima Undici: 167°;
Cima Dieci: 148°;
e quelli misurati dal nuovo
ingresso:
Cima Dodici: 175°;
Cima Undici; 165°;
Cima Dieci: 148°
Gianni Bodini, operatore
culturale della Val Venosta, riferisce le seguenti informazioni:
<…la data di costruzione
della chiesa è ignota, ma la si fa risalire al XIII secolo. Nel XV fu ampliata
ed arricchita di affreschi, fra cui alcuni simboli solari, Ma il ciclo più
importante è quello degli episodi della vita di S. Nicola, vescovo di Mira[10]. In un
documento del XVII secolo si afferma che a Rojen esisteva una sorgente
terapeutica. In Val Venosta sono numerose le chiese e le cappelle dedicate a S.
Nicola di Mira e molte di esse si trovano nei pressi di sorgenti e di corsi
d'acqua (Bodini 1996, pp. 124-125, e comunicazioni personali).
Questa chiesa rappresenta un
enigma: non si capisce chi e perché abbia costruito una cappella così pregevole
in un luogo così isolato e lontano da abitati (le poche case nei pressi sono
solo masi) e da vie di comunicazione note. Di fatto essa è una chiesa
artisticamente notevole sperduta in mezzo ai pascoli di una valle secondaria ed
abbastanza remota delle Alpi Retiche. Tuttavia un più attento esame
cartografico della zona rivela, alla luce delle funzioni meridiane relative ai
percorsi appena scoperte, una possibile spiegazione: risalendo la Rojental
oltre la chiesa e imboccando la Griontal, si perviene all’attuale cresta di
confine italo-svizzera, al di là della quale si trova un Piz Mezdì, q. m. 2542,
a Nord del quale la Val da la Stura dà accesso alla Val d’Uina e, attraverso di
questa, alla bassa Valle dell’Engadina (in cui si trova un’altra chiesa di St.
Niclà). Sembra quindi trattarsi di un percorso di collegamento, ormai
abbandonato, tra Alta Val Venosta e Bassa Engadina.
Come si vede dalle
longitudini, la cappella giace sullo stesso meridiano passante per Cima Dodici:
è stata quindi la sua presenza a dare probabilmente il nome alla montagna,
mentre probabilmente i nomi delle due restanti cime sono derivate
successivamente per analogia.
Il giorno 05/08/2002 è stato
possibile osservare visivamente il fenomeno, nonostante le nubi, in compagnia
di Gianni Bodini e di suo figlio. Essendo l'E.T. pari a +05m 59s alle ore 12h
UT, il mezzogiorno locale fu calcolato alle ore 13h 24m 03s di ora estiva.
Alle ore 12h circa di ora
estiva il Sole era sulla verticale di Cima Dieci, ritardando di circa un'ora
sul tempo indicato dall’orònimo.
Alle ore 12h 30m circa era
sulla verticale dell'azimut magnetico 163°, che non corrisponde alla vetta di
Cima Undici ma al suo pendìo orientale.
Finalmente, alle ore 13h 24m
di ora estiva l'astro era sulla verticale di Cima Dodici, con ho 61° (foto n.
20).
Risulta quindi evidente come
solo quest'ultima montagna svolga una reale funzione di meridiana naturale e
come le altre due abbiano ricevuto i loro nomi solo per analogia, in quanto
vicine alla Cima Dodici.
Foto n. 19 (G. Bodini): da
sinistra a destra, le cime Dieci, Undici e Dodici. |
Foto n. 20 (G. Bodini): il
Sole culmina sulla verticale di Cima Dodici al mezzogiorno locale. |
Un'indagine svolta presso
l'Archivio Provinciale di Bolzano, con la preziosa guida del dott. Cristian
Kollmann, ha dimostrato che la Zwolferspitz era già presente nella mappa
militare KK III inft. Truppen Division
Tirol Spetial Karte n.12, ed. 1869, scala 1:144000, mentre la Eilferspitze
è presente nella mappa K.V.K. Militar
Geographisches Institut, Nachtr 8 II, ed. 1909, 1:200000 Glurns.
Mappe catastali austriache
del 1858 citano, nel territorio rispettivamente dei comuni di Roscien e Haide
(oggi S. Valentino alla Muta) le cime Zenerkopfl e Elferkopfl (quest'ultima indicata
pure con il suo orònimo romancio di Planschpondanella). Secondo Egon Kühebacher
la Zehnerkopf avrebbe preso tale nome solo dal 1900, mentre prima era chiamata
Tiefethalkopf. Tale opinione risulta evidentemente errata poiché l’orònimo
Zehnerkopfl è già presente nella catografia del 1858.
6.2) Le montagne meridiane della Val Martello.
Cima Undici (Elferspitze), lat. 46°32'14"N; long. 0h 43m 09s E; q.
m. 2260; cost. loc. +0h 16m 51s.
Cima Dodici (Zwolferspitz),
lat. 46°31'36"N; long. 0h 43m 07s E; q. m. 2680;
cost. loc. +0h 16m 53s.
Cima Dieci (Zehnerspitz), lat. 46°31'20"N; long. 0h 43m 05s E; q. m. 2684; cost. loc. +0h 16m 55s.
tavoletta IGM 1:25000 n. 9 I
SO Martello.
Come si può vedere dalle
longitudini e dalle costanti locali, la sequenza delle tre montagne meridiane è
errata: la Cima Dieci, che dovrebbe essere la più orientale di tutte - come è
correttamente in Val Roja - è in realtà la più occidentale, per cui la sequenza
da levante a ponente risulta: Cima Undici, Cima Dodici e Cima Dieci anziché
Cima Dieci, Cima Undici e Cima Dodici, come dovrebbe.
Benché sulla citata
tavoletta IGM risultino altri valori, dalla parrocchia di Martello sono stati
misurati il 18/08/2004 i seguenti azimut magnetici:
verso Cima Undici Am 172°;
verso Cima Dodici Am 181°;
verso Cima Dieci Am
187~190°.
Lo stesso giorno (con E.T.
+03m 45s) e dallo stesso luogo è stato possibile verificare il passaggio del
Sole sulla verticale della Cima Dodici al mezzogiorno vero 13h 20m 38s (11h 20m
38s UT), come previsto.
I tre toponimi non risultano
citati né nella D.O.A Ortler-Gruppe, scala 1:50000 del 1891 (dove Cima Undici è
citata come Soiputz); né nella Specialkarte der Österreich-Ungar. Monarchie,
scala 1:75000; né nella citata K.K. III, ecc., ed. 1869, n. 16.
L'anomala disposizione della
sequenza oraria rappresentata e l'assenza degli orònimi dai documenti più
antichi fanno propendere per un'attribuzione molto recente dei nomi.
6.3) Laces (Latsch) (BZ)
Il sito è ancora in fase di
studio dal punto di vista archeoastronomico; pertanto le notizie qui riportate
sono necessariamente incomplete e suscettibili di modificazioni. Qui di seguito
si riferisce quanto fino ad oggi emerso.
A Laces (BZ) fu rinvenuto
nel 1992 un menhir iconico in marmo locale di Lasa datato al 3300 a. C. (foto
nn. 21 e 22)[11].
L'iconografia del menhir è troppo complessa e ricca per potere essere qui
descritta, ma è opportuno riportare almeno la breve descrizione fattane da
Gianni Bodini (lettera a Codebò del 17/01/2006):
<...Sul retro della stele
si notano incisi due simboli solari e delle linee che potrebbero riprodurre, in
maniera stilizzata, le due cime (Orecchia di Lepre e Cima di Lasa) dietro le
quali il Sole scompare nel periodo invernale.
Inoltre la stele (della quale mancano dei frammenti) mostra una serie di linee verticali, il cui numero non è noto, attraversate da linee orizzontali …[omissis]… che dividono la superficie in quattro fasce rettangolari …[omissis]… ed ogni fascia è il doppio di quella sottostante. …[omissis]...L'unità di misura adottata viene raddoppiata. Quindi la prima fascia in basso si raddoppia nella seconda, la quale a sua volta si raddoppia nella terza ed essa si raddoppia nella quarta. …[omissis]... La fascia più alta corrisponde quindi otto volte a quella più bassa, ecc. ecc.>.
Bodini si chiede se dietro a
queste peculiarità si celi un qualche tipo di calcolo. E' interessante notare
che un'ipotesi archeo-matematica era
già stata avanzata per un petroglifo di M. Bégo (Bicknell 1972, p. 66; Peluffo
1967) e che nella necropoli calcolitica di St. Martin de Corléans in Aosta,
risalente al III millennio a. C., pare siano state utilizzate delle unità di
misura per la decorazione delle statue-stele e per la costruzione delle tombe
(Mezzena 1997, pp. 79-80).
Il menhir fu casualmente
trovato, durante lavori di restauro, incorporato nell'altare della piccola
chiesa di S. Maria al Colle (Bichlkirche), attualmente sconsacrata ed ubicata
all'ingresso orientale del paese. Le coordinate della chiesa sono le seguenti:
lat. 46°37'04"N; long. 0h 43m 27s E; q. m. 639; cost loc. +0h 16m 33s (dal foglio IGM 1:100000 n. 3 Passo di
Resia).
Gianni Bodini fornisce le
seguenti notizie sulla Bichlkirche:
<Secondo la legenda venne
fatta costruire nel 1204 dall'imperatore Enrico II e venne inaugurata dal papa
Benedetto VIII. Un bassorilievo marmoreo murato all'esterno ricorda la visita
dell'antipapa Giovanni XXIII in occasione del suo viaggio nel 1414 per il
concilio di Costanza>.
Sempre Bodini riferisce che
scavi in una casa adiacente hanno dimostrato come un'imponente massa di
materiale colluviale, proveniente dal soprastante conoide di deiezione su cui
si arrocca Tarres (Tarsch), abbia notevolmente ridotto in tempi moderni la
sopraelevazione del colle rispetto al livello originale del suolo, sicché oggi
il colle s'intuisce appena.
L'abitato di Laces è
dominato dal M. Croce delle Dodici (Zwolferkreuz), sul cui meridiano si trova,
a Nord, la parrocchiale del paese. Essa è:
1) a m. 200 ad W della
Bichlkirche;
2) a meno di m. 100 a W
della "chiesa dell'ospitale";
3) a m. 189 a E della chiesa
di S. Niccolò.
Le quattro chiese si trovano
poste reciprocamente in linea retta, praticamente sul parallelo locale, entro
meno di mezzo chilometro, di modo che la culminazione del Sole sulla verticale
del Zwolferkreuz segna il mezzogiorno vero sostanzialmente per tutte.
Le coordinate geografiche
del Zwolferkreuz sono:
lat. 46°34'13"N; long. 0h
43m 27s E; q. m. 2512; cost. loc. 0h 16m 33s E (foglio IGM 1:100000 n. 3 Passo
di Resia).
L'azimut magnetico verso lo
Zwolferkreuz misurato il giorno 18/08/2004, con declinazione magnetica
1°10'53,4"E calcolata dal sopra menzionato programma GMF_2000, risultò:
1) 183° da S. Maria al
Colle;
2) 181° dalla chiesa
dell'ospedale;
3) 180° dalla parrocchiale;
4) 178° da S. Niccolò.
Quel giorno il Sole passò sulla
verticale dello Zwolferkreuz alle ore 13h 20m ora locale estiva (11h 20m UT),
in perfetto accordo con il valore teorico calcolato in 13h 20m 17,96s (11h 20m
17,96s UT), essendo E.T. +03m 45s.
Da S. Maria al Colle si vede
pure il solco a forma di V dell'imbocco
della Val Martello, i cui due estremi misurano, rispettivamente, AAmm 225° con
ho 7° e 228° con ho 8°30' (foto n. 23).
Durante una precedente
visita, Codebò aveva già raccolto dalla gentile guida del locale museo la
testimonianza secondo cui il colle ove sorge la chiesa di S. Maria rimane
illuminato dal Sole tutto l'anno, anche al solstizio invernale, mentre gran
parte del paese resta completamente in ombra per settimane. Questo dato pare
sia noto a tutti gli abitanti di Laces ed è uno degli esempi di come
popolazioni contemporanee si tramandino ancora antiche tradizioni e conoscenze
astronomiche con finalità pratiche nell'ambito di culture contadine povere.
Nel dicembre 2005 Gianni
Bodini si recò sul posto per le necessarie verifiche visive.
Ecco quanto egli scrive nel
suo rapporto del 23/12/2005:
<...dalle osservazioni
risulta in modo inequivocabile che il colle sul quale sorge la chiesetta
…[omissis]... viene illuminato dal Sole nel corso di tutto l'anno, mentre parte
del paese di Laces resta in ombra per settimane.
...[omissis]… Il primo
raggio colpisce, o accarezza, parte dell'abside e la parte sud alle ore 10h 27m
32s. Dal momento in cui il disco solare tocca la montagna fino a quando diventa
completamente visibile passano 0h 04m 10s. Alle ore 12h 24m 30s il disco tocca
per la prima volta il bordo della montagna per sparire poi lentamente dietro di
essa alle ore 12h 38m 05s. Un tempo lungo dovuto alla pendenza della cresta che
in parte è parallela alla traiettoria del Sole. …[omissis]... Il Sole inizia a
sparire proprio dietro la Cima Dodici che sovrasta Laces...>.
I valori ricavabili dalle
osservazioni di Gianni Bodini sono i seguenti:
1) azimut astronomico del
Sole alle ore 9h 27m 32s UT (primo raggio sulla chiesa): Aa 154°19'18,6";
2) azimut astronomico del
Sole alle ore 9h 31m 42s UT (completa visibilità del Sole dalla chiesa):
Aa 155°15'45,16"
3) azimut ed altezza
astronomici del Sole alle ore 12h 24m 30s (11h 24m 30s UT) (tramonto del primo
lembo):
Aa 182°09'09,62";
ha 19°55'25.49";
4) azimut ed altezza
astronomici del Sole alle ore 12h 38m 05s (11h 38m 05s UT) (tramonto
dell'ultimo lembo):
Aa 185°27'37,17";
ha 19°46'08,14".
Protraendo però le sue
osservazioni oltre la data del solstizio, Gianni Bodini ha visto da una
posizione privilegiata il fenomeno luminoso descritto dalla guida del museo: un
triangolo di luce, proveniente dall'imbocco della Val Martello, lambisce Laces
al tramonto del Sole (foto n. 24). Ecco come Bodini descrive il fenomeno nella
stessa lettera, datata 23/12/2005 ma spedita dopo l'Epifania:
<...Ho eseguito quindi
l'osservazione da lontano, ovvero da un rilievo che sovrasta Laces, sulle
pendici del Sonnemberg[12].
…[omissis]...Il fenomeno del triangolo di luce dura circa un mese - dal 08/12
al 08/01 - ma proprio nella settimana intorno al solstizio non coinvolge
direttamente la chiesetta del colle, ma colpisce la parrocchiale…[omissis]...Il
04/01 alle ore 15h 45m il triangolo di luce si è spento, ma in questo caso
l'ultimo raggio di Sole ha illuminato la chiesetta sul colle mentre ormai la
parrocchiale era in ombra>.
Dal calcolo risulta che, al
momento in cui l'ultimo raggio si è "spento" proprio sulla
Bichlkirche, l'azimut astronomico e l'altezza astronomica del Sole erano le
seguenti:
Aa 226°06'35,33";
ha 6°52'20,64".
Questi valori corrispondono
piuttosto bene a quelli previsti dalle misure che Codebò prese con bussola ed
inclinometro il 06/08/2004 dal colle verso l'imbocco della Val Martello:
Am 225°; ho 7°;
Am 228°; ho 8°30'.
Le loro medie AmM 226°30'
(con deviazione standard ±1,5) ed ho 7°45' (con deviazione standard ±0,75)
danno un'altezza astronomica ed una declinazione del Sole pari a:
ha Sole 7°03'49"
δ Sole -22°19'26"
corrispondenti ai giorni
04/12 e 08/01 del XXI secolo d. C., cioè a quando Bodini ha "visto"
la punta del triangolo di luce lambire S. Maria al Colle.
Dunque il M. Zwolferkreuz si
rivela essere, contemporaneamente, sia la montagna meridiana (ora del passaggio
in meridiano al 23/12/2005: 12h 15m 42s = 11h 15m 42s UT) sia il punto occaso
solstiziale invernale di Laces, mentre il triangolo di luce pone in evidenza la
chiesa di S. Maria al Colle poco prima e poco dopo il solstizio invernale: il
colle di Laces sembra veramente un luogo privilegiato di osservazione!
Foto n. 21: il menhir di
Laces sulla copertina della Rivista Arunda n. 59. |
Foto n. 22: il menhir di
Laces nell’articolo di p. 121 della rivista Arunda n. 59. |
Foto n. 23 (M. Codebò): la
chiesa di S. Maria al Colle e, sullo sfondo, l’imbocco della Val Martello. |
Foto n. 24 (G. Bodini,
rielaborata da H. De Santis): sequenza temporale della lama di luce invernale
su Laces. |
6.4) Colle Joben e gli adiacenti Sasso del
Mezzodì, Dosso delle Dodici e Monte di Mezzo.
Come è noto, Colle Joben fu
il primo monumento italiano studiato astronomicamente (Innerebner 1937; 1959).
Discusso da tempo da varii autori (Bernardini 1977, pp. 114, 117; Jesi 1978,
pp. 59-70; Leonardi 1991; Cossard 1993, pp. 135, 139; Codebò 1997e, pp.
731-733), in una recente revisione (Codebò e Lupato 2004) ne è stata messa in
dubbio l'attribuzione alla preistoria a causa della persistente mancanza di
reperti datanti.
Colle Joben - le cui
coordinate dedotte dalla tavoletta IGM 1:25000 n. 10 II SO Caldaro ed. 5 sono
44°24'48"N; 11°16'56"E; q. m. 616 - è ubicato su quella dorsale di
colline che si snodano per circa km. 10 da Bolzano ad Auer (Ora) e dividono in
due da nord a sud la valle dell'Adige fino al confine con la provincia di
Trento. Su di essa, oltre ai resti di alcuni castelli medioevali, poco più a
sud si ergono due modeste cime dai significativi nomi di Mitterberg (Sasso di
Mezzodì) e Zwolferbühl (Dosso delle Dodici), le cui coordinate, dedotte dalla
medesima tavoletta IGM, sono, rispettivamente:
46°24'13"N; 0h 45m 06,6s E; q. m. 661;
46°23'40"N; 0h 45m 06,27s E; q. m. 570.
I tre siti non sono, dunque,
rigorosamente sullo stesso meridiano, benché le due cime differiscano tra loro
solo per 0h 00m 00,33s. A causa della fitta vegetazione non è poi possibile
capire se il Sasso di Mezzodì è visibile, come sembra sulla carta, da Colle
Joben.
Il Sasso del Mezzodì si
trova invece quasi esattamente sullo stesso meridiano di Monticolo, dal quale
dovrebbe essere visibile e per il quale poteva, in tal caso, servire da
meridiana naturale piuttosto che per Colle Joben. Le seguenti sono le
coordinate di Monticolo ricavate dalla tavoletta IGM 1:25000 n. 10 II NO
Appiano ed. 4:
46°25'06"N; 0h 45m
06,8s E; q. m. 487.
A nord di Monticolo per km.
5 non appare nulla che giustifichi una montagna meridiana: solo dopo km. 5 si
trova il paese di Cornaiano e lo stesso Monticolo è un agglomerato di
pochissime case, pur essendo dotato di una chiesa. Potrebbe quindi essere
esistito un insediamento, oggi scomparso, che utilizzava il Sasso del Mezzodì
come meridiana naturale.
La situazione del Dosso
delle Dodici è ancora più enigmatica perché, data la sua minore elevazione
rispetto al Sasso di Mezzodì, è praticamente da esso occultato verso nord; è
invisibile da Colle Joben e le colline che lo separano dal primo centro abitato
- ancora Monticolo - sono del tutto prive di insediamenti umani (se si esclude
il maso Pichler che però si trova esattamente sul meridiano del Sasso di
Mezzodì). Non si comprende dunque chi potrebbe avere usato il Sasso delle
Dodici come meridiana naturale se non ammettendo, a maggior ragione, un
insediamento oggi scomparso oppure un’antica via.
Quasi all'estremità
meridionale delle colline si trova il Monte di Mezzo. Il suo nome tedesco è
uguale a quello del Sasso di Mezzodì: Mitterberg. Ne consegue che una delle due
traduzioni onomastiche italiane è errata o, quanto meno, imprecisa. Si noti
però come anche per il Bric di Mezzogiorno di Cremeno (GE) fosse usato un tempo
anche l'analogo termine Monte Mezzano,
secondo quanto trovato da De Santis. Di fatto il Monte di Mezzo poteva
ottimamente essere usato come meridiana naturale dagli abitanti del
Castelchiaro (Leuchtenburg), oggi ridotto a rudere, perché i due siti si
trovano a meno di m. 600 di distanza e reciprocamente a vista, come dimostrano
le loro coordinate desunte dalla stessa tavoletta IGM:
Mitterberg 46°22'25"N; 0h 45m 07,87s E; q. m. 536;
Castelchiaro
46°22'43"N; 0h 45m 07,4s E; q. m. 576.
Scavi e sondaggi in loco
hanno ripetutamente rivelato presenze umane fin dall'Età del Ferro (AA.VV.
1999, pp. 106-108):
a) reperti ceramici e
metallici e forse strutture abitative davanti ai ruderi di Castelchiaro;
b) un luogo di roghi votivi
sui Denti di Cavallo (Rosszänhe);
c) un ripostiglio sulla
sella tra Vadena e Caldaro;
d) insediamenti e necropoli
fino alla Tarda Romanità a Vadena.
In conclusione, queste
colline oggi disabitate si stanno rivelando piuttosto frequentate in antico. E’
perciò possibile che le montagne meridiane qui individuate, oggi quasi
incomprensibili, fossero utilizzate da questi antichi insediamenti.
6.5) Il Mittagskofl (Cima di Mezzodì) dello
Sciliar.
lat. 46°29'27"N; long. 0h
46m 14,67s E; q. m. 2187; cost. loc. 0h 13m 45,33s W; foglio IGM 1:100000 n. 11
M. Marmolada e tavoletta IGM 1:25000 n. 11 III NO Nova Levante.
Il monte si trova sull'altopiano dello Sciliar, esattamente sul versante meridionale della valle del rio Sciliar. Se si esclude il maso Viol oggi ridotto ad un semplice fienile e che si trova sullo stesso meridiano del Mittagskofl verso Nord (tavoletta IGM 1:25000 n. 11 IV SO Castelrotto e carta Tabacco 1:25000 n. 05 Val Gardena/Alpe di Siusi), anche in questo caso non vi è alcun abitato che possa avere utilizzato la cima come montagna meridiana. E' dubbio che lo stesso baito Viol (Violereck Stadel) sia mai stato abitato perennemente, trovandosi a ben m. 2274 di quota.
Tuttavia il sentiero
Schäufelesteig (sentiero Palette, in antico noto come sentiero di Vial), che
congiunge Umes con l'altopiano dello Sciliar passando per il baito Viol, è
attestato fin dal 1510 (Colli 1986, pp. 124-125). Furono quindi probabilmente i
pastori che lo percorrevano in estate per condurre gli animali all'alpeggio e
che dimoravano stagionalmente al Violereck Stadel a dare il nome al
Mittagskofl.
La presenza umana
sull'altopiano dello Sciliar risale con certezza alla preistoria, come
attestano i notevoli ritrovamenti sul Burgstall (M. Castello), q. m. 2515, in
località Plörg, q. m. 2530, e presso il Roterdspitze o Cima di Terrarossa
(Colli 1986, pp. 251, 256; Leonardi 1991; AA.VV. 1999, pp. 54-55;), q. m. 2655.
Il primo ha restituito materiali dall'Età del Bronzo - fra cui ceramica di Luco
fine e decorata - al IV secolo d.C. e si è rivelato come un luogo cultuale o,
meglio, come uno dei tanti luoghi di roghi votivi - pare di dimensioni
considerevoli - dell'Età del Ferro (Brandopferplätze) delle Alpi orientali, nei
quali veniva onorata Reitia (o Raetia), una dea femminile assimilabile a Diana.
Il secondo, anch'esso Brandopferplätze ma di minori dimensioni, ha restituito
ceramica più rozza, mentre nel terzo fu rinvenuto nel 1983 un focolare con
schegge ossee e carboni.
Innerebner aveva già
ipotizzato che la Punta Santner fosse una sorta di enorme gnomone naturale la
cui ombra si stendeva sui sottostanti terreni di S. Vigilio, Siusi, Castelrotto
e Alpe di Siusi (Innerebner 1959). In realtà tutta l'area dell'Alpe di Siusi si
sta rivelando intensamente frequentata fin dal Mesolitico. A titolo di esempii
citeremo:
1) il riparo sotto roccia di
Cionstoan risalente alla fine del Paleolitico Superiore (AA.VV. 1993b, p. 30);
2) quindici distinte
distribuzioni di manufatti mesolitici sulla Cresta di Siusi AA.VV. 1993b, p. 38
e foto nn. 13-15);
3) le strutture in località
Gschlier, prossime al Runner-Egg , noto luogo di roghi votivi in cui si
compirono pure alcuni sacrifici umani (AA.VV. 1999b, pp. 57-61, VI), scoperte
nel febbraio 2007 da Michael Trocker con il concorso di Gianni Bodini.
6.6) La meridiana di Sesto in Val Pusteria.
E' forse la più rinomata
meridiana naturale dell'arco alpino (Innerebner 1959; Romano 1986; Arborio
Mella 1990, pp. 48-49). E' costituita da ben cinque vette chiamate Cima Nove,
Cima Dieci, Cima Undici, Cima Dodici, Cima Uno (nel senso di ore tredici).
Secondo Innerebner (Innerebner 1959, p. 19-20) il punto di osservazione al
solstizio invernale era la Heidenbühel (= collina pagana), di coordinate
46°41'03"N; 0h 49m 26,6s E; q. m. 1413 (da tavoletta IGM 1:25000 n. 4b II
SE Sesto, ed. 5). Egli scrive: <Pur avendo trovato là sopra solo cocci di
consistenza dubbiosa, per me non c'è dubbio che questa collina, a suo tempo,
portasse un tempio solare, anzi credo di poter sostenere che il Comune di Sesto
deriva - contrariamente a qualche opinione - il suo nome dalla meridiana
montana e questo per doppia ragione.
In primo luogo le tre cime Undici, Dodici e Uno si trovano nello stemma del Comune di Sesto, il che vuol dire
che queste cime erano di importanza eccezionale per la valle. In secondo luogo
sta il fatto che, tenendo conto del conteggio del tempo dei Romani a cominciare
dall'alba, la odierna Cima Dodici presentava in quei tempi la sexta hora>.
La mancanza di reperti
archeologici datanti, il fatto che le ore naturali siano ore diseguali in
ragione della diversa declinazione del Sole nei vari periodi dell'anno ed il
fatto che sulla cima della Heidenbühel si trovino i ruderi di un vecchi fortino
austro-ungarico, induce a pensare che siano stati piuttosto i topografi
militari della Duplice Monarchia a battezzare
le cinque cime con i nomi delle ore diurne (Codebò e Lupato 2004). E' però
indubbiamente suggestiva l'ipotesi di Innerebner che il nome di Sesto derivi
dalla hora sexta dell'orologio
romano.
6.7)
Le sette cime meridiane della Val di Fassa (TN)[13]
I nomi di queste sette cime
e le loro coordinate geografiche, desunte dal foglio 1:100000 n. 11 M.
Marmolada ed. 5 dell'I.G.M. e dalle Carte Topografiche Tabacco 1: 25000 nn. 6 e
14, sono, rispettivamente da S verso N[14]:
Sas da Mesodì o da Mesdì
(Sasso del Mezzogiorno): 46°21'19"N; 0h 46m 41s E; m. 2301.
Sasso Vernale o M. Cirelle:
46°25'15"N; 0h 47m 22,47s E; m. 3154.
Sas da le Dòudesc (Sasso
delle Dodici): 46°24'24"N; 0h 46m 48,33s E; m. 2428.
Sas da le Undesc (Sasso
delle Undici): 46°24'05"N; 0h 46m 50,73s E; m. 2550 (2).
Sasso delle Dodici della
Marmolada: 46°26'41"N; 0h 47m 27,47s E; m. 2722 (2).
Sasso delle Undici della
Marmolada: 46°26'37"N; 0h 47m 29,67s E; m. 2801 (2).
Bec de Mezdì di Arabba:
46°28'13"N; 0h 47m 30,53s E; m. 2734.
Come si può già notare,
alcuni toponimi sono ladini ed altri italiani; uno - Sasso Vernale - è, come
vedremo, una voce dotta dal latino. Le ricerche hanno dimostrato che alcuni di
essi sono già presenti nell'Atlas Tyrolensis di Peter Anich e Blasius Hueber,
pubblicato nel XVIII secolo (Anich 1981, foglio XIV) o sono comunque presenti
nella parlata ladina, mentre altri sono riportati nelle mappe militari
austro-ungariche ottocentesche. In particolare, l'Atlas Tyrolensis riporta già
i toponimi Sasso Vernale e Sas da Mesodì (o da Mesdì), mentre il Sas da le Dòudesc
è chiamato Sas da Aloch, che P. Frumenzio Ghetta interpreta come ad lucum = nel bosco [15]. Gli
altri quattro non vi sono nominati.
Se ne deduce che il Sas da
Mesodì (o da Mesdì) ed il Sasso Vernale, che insistono, come vedremo oltre, sul
santuario di S. Giuliana, a differenza degli altri erano già ben noti al
principio del XVIII secolo.
6.7.1)
Sasso Vernale, Sas da Mesodi (o da Mesdì) e santuario di S. Giuliana
E' il complesso fassano più
interessante.
Il Sasso Vernale (M. Cirello
nel foglio 1:100000 n. 11 dell'I.G.M.) è una delle cime che si staccano dalla
famosa parete sud della Marmolada (foto n. 25).
Nella Guida dei Monti
d'Italia del C.A.I.-Touring, vol. Marmolada, ed 1937, il toponimo vernale veniva interpretato come invernale, perché il suo versante
settentrionale ospitava all'epoca (oggi non più!) un piccolo ghiacciaio. Questa
interpretazione è evidentemente infondata, sia perché in tal caso ogni altra
montagna in analoghe condizioni dovrebbe avere il medesimo toponimo, sia perché
la Marmolada, il cui ghiacciaio del versante nord è il più esteso delle
Dolomiti, avrebbe dovuto, a ragione ben maggiore, ricevere l'appellativo vernale. E' evidente che il senso del
raro toponimo va cercato altrove e lo si trova facilmente constatando che la
montagna è esattamente ad est dell'abitato di Vigo di Fassa. Il significato
diventa allora quello di Sasso della Primavera, tenendo conto del fatto che
l'aggettivo vernale - dal latino ver,
veris = primavera - indica in astronomia l'equinozio di primavera (dal Latino primum ver=primo giorno di primavera) o,
appunto, equinozio vernale[16].
Il toponimo significa quindi – a differenza del Grande e Piccolo Vernel, che è
un fitonimo ladino - Sasso della Primavera, volendo indicare evidentemente il
punto dell'orizzonte apparente in cui sorge il Sole agli equinozi (come noto,
per entrambi il medesimo), ossia quando la sua declinazione è 0°. Poiché il
monte si trova, come detto, sullo stesso parallelo di Vigo di Fassa, è
quest'ultimo la sede dell'osservazione.
Il problema è stato individuare
il punto preciso, essendo due i candidati possibili: la pieve di S. Giovanni ed
il santuario di S. Giuliana. La visita alle due località ha permesso di
dirimere immediatamente il dubbio, perché dalla pieve, ubicata sul fondovalle,
il Sasso Vernale non è visibile, causa altre montagne interposte.
E' bastato salire a piedi
verso il santuario (foto n. 26) per verificare che la montagna diventa visibile
già dalla stazione a valle della funivia Mèida-Bufàure, ove però non vi sono
tracce di abitato antico. Proseguendo la salita, in particolare lungo il
sentiero che passa accanto al cimitero di guerra austro-ungarico, non si perde
mai di vista il Sasso Vernale.
Il Sas da Mesodì (foto n. 27)
diventa invece già visibile dal fondovalle, ma è solo sul piazzale del
santuario che entrambe le vette sono visibili. S. Giuliana è dunque il luogo da
cui si può:
a) determinare
quotidianamente il mezzogiorno quando il Sole culmina sulla verticale del Sas
da Mesodì, posto a sud lungo il meridiano passante a nord per il santuario, la
cui costante locale è ore 0h13m20,36s W rispetto al meridiano centrale
(passante per l’Etna) del fuso orario locale;
b) determinare annualmente
l'inizio della primavera e dell'autunno quando il Sole sorge all'alba con
declinazione 0° dietro al Sasso Vernale.
Premesso che nel corso
dell’indagine archeoastronomica fassana effettuata da Codebò è stata utilizzata
una bussola prismatica Recta, un inclinometro Suunto ed un orologio
radiocontrollato Oregon Scientific, nelle seguenti tabelle nn. 1 e 2 sono dati
i valori medi rispettivamente di dodici e di sette misure di azimut magnetico e
di altezza misurata con relative deviazioni standard e corrispondenti altezza
vera e declinazione calcolata, prese dal piazzale del santuario verso il Sasso
Vernale:
Tab. n. 1: S. Giuliana -
Sasso Vernale (dodici misure di azimut magnetico medio e di altezza osservata,
con relative deviazioni standard)
AmM |
91,5° |
σ ±0,636 |
ho |
6,5° |
σ ±0,12 |
hv Sole |
5° |
|
δ Sole 2003 |
0°02’46” |
|
Tab. n. 2: S. Giuliana – Sas
da Mesodì (sette misure di azimut magnetico e di altezza osservata, con
relative deviazioni standard)
AmM |
179,5° |
σ ± 0,74 |
ho |
6,6° |
σ ± 0,69 |
Ovviamente non si è
calcolata qui la declinazione del Sole poiché l’astro culmina sul meridiano ad
altezze diverse secondo la stagione e per l’identificazione del mezzogiorno
vero locale necessita e basta solamente l’azimut, che, indicando sempre il sud,
deve essere pari a 180°.
Le misure verso il Sas da
Mesodì sono state inoltre effettuate osservando la posizione del Sole al mezzogiorno
vero locale il 24/08/2003. Con l’ausilio di un filo a piombo, l’astro è stato
osservato verticale sulla cima all’ora estiva 13h10m~13h12m, in buon accordo
con l’ora estiva calcolata 13h15m47s, essendo l’equazione del tempo +02m27s. La
minuscola differenza di circa 5 minuti tra i due orari può essere imputata ad
un modesto errore di longitudine del sito dal meridiano dell’Etna sul foglio
IGM 1:100000 usato[17], oppure
ad una sorta di tolleranza degli
antichi osservatori nella scelta del punto di riferimento, considerato che il
Sas da Mesodì è comunque l’unica cima nei dintorni su cui dal santuario si vede
culminare il Sole. Infatti esattamente all’ora estiva 13h15m l’astro appariva
sulla verticale della sella apparente ubicata a meno di 1°W dalla vetta: non
c’è dubbio che il Sas da Mesodì indica la culminazione del Sole sul meridiano
di S. Giuliana.
Riteniamo che la presenza di
un sistema di misurazione del tempo, sofisticato al punto di permettere di
determinare il mezzogiorno e l'inizio dell'anno tropico, sia giustificato
dall'importanza del sito.
In un'area inferiore ad un
chilometro quadrato si ergono ben tre edifici sacri: la chiesa gotica
quattrocentesca di S. Giuliana, la piccola chiesa duecentesca di S. Maurizio,
il Capitello cinquecentesco. Quest'ultimo non è altro che un altare coperto ma
aperto alla vista, tale da permettere ad una moltitudine di fedeli, assiepati
sul prato circostante, di seguire la messa officiata al suo interno dal
celebrante. Fu costruito nel 1519, quando le due chiese divennero insufficienti
ad accogliere la sempre crescente massa dei fedeli in occasione delle due memorie di S. Giuliana: rispettivamente
la nuova il 16/02 secondo il
martyrologio romano e la vecchia il
03/06 secondo il martyrologio geronimiano. S.
Giuliana vecchia è così chiamata perché fu celebrata fin dalle origini; la
successiva annessione della diocesi di Sabiona-Bressanone, di cui la Val di
Fassa faceva parte, all’archidiocesi di Salisburgo impose l’adozione del rito
romano e, di conseguenza, la celebrazione di S. Giuliana il 16/2, che venne
chiamata la nuova (Ghetta 1994, pp.
9-10).
A questi tre edifici
tutt'oggi visibili, si aggiunse nel XVII secolo un romitorio in cui vissero
come eremiti dal 1661 al 1681 Mattio Massar e Dom Domenico Pederiva (Baroldi e
Ghetta 1966, p. 126). Di questo edificio, oggi completamente scomparso, furono
rinvenute le tracce durante gli scavi condotti in loco da Piero Leonardi
(Leonardi 1954, pp. 117-131). Ma già nel sec. XIV il sito era sicuramente
abitato da altri eremiti, fra cui un certo Giovanni (Baroldi e Ghetta 1966, pp.
126-127).
Gli scavi condotti nel 1989
(Cavada 1991, pp. 151-188) hanno dimostrato che la prima presenza umana
documentata risale ai secc. III~IV a.C., probabilmente con funzioni già
cultuali anziché abitative. Successivamente fu costruita una primitiva chiesa
paleocristiana; più tardi una chiesa romanica ed infine nel 1452 l'edificio
gotico attualmente visibile.
Dunque, come ben si
comprende, il sito riveste un'imponente valenza sacrale pressoché ininterrotta
da almeno 2400 anni ed è tutt'oggi il principale santuario della Val di Fassa:
in quest’ottica appare ben giustificabile la necessità - forse degli stessi
eremiti - di disporre dei due maggiori marcatori del tempo: il mezzogiorno e
l’equinozio di primavera.
Foto n. 25 (M. Codebò): il
Sasso Vernale (la punta sullo sfondo) dal piazzale di S. Giuliana. |
Foto n. 26 (M. Codebò): il
santuario di S. Giuliana di Vigo di Fassa (TN). |
Foto n. 27 (M. Codebò): Il
Sas da Mesodì dal piazzale di S. Giuliana. |
6.7.2)
Sas da le Dòudesc, Sas da le Undèsc, parrocchia di Mazin, I Pigui
E' il secondo complesso
orario fassano da sud verso nord ma anche in ordine di complessità
archeoastronomica.
Il meridiano tracciato verso
nord dal Sas da le Dòudesc (foto n. 28 passa prima sul sito archeologico de I
Pigui e poi sulla parrocchiale di Mazin (foto n. 29). La cima del Sas da le
Undèsc dista dall'altra molto approssimativamente 15° = 1 ora.
Un sopralluogo presso la
parrocchia, la cui costante locale (Zagar 1984, pp. 115-116) è ore 0h 13m
11,69s W dal meridiano dell'Etna, ha permesso a Codebò di verificare
visivamente, tramite filo a piombo, la verticalità del Sole sul Sas da le
Dòudesc il 22/08/2003 al momento della sua culminazione superiore
preventivamente calcolata all’ora estiva 13h 16h 10s. Dalla chiesa però non è
visibile il Sas da le Undèsc, per vedere il quale occorre spostarsi oltre
l'estremo occidentale dell'abitato.
Un sito alternativo di
osservazione potrebbe teoricamente essere stato l'insediamento retico detto I
Pigui. Si tratta di un castelliere del V-III secolo a.C. arroccato sulla
sommità di una collina a quota m. 1550 (Leonardi 1969, pp. 3-9; Alberti e
Bombanato 1993, pp. 113-122) (foto n. 30). Curiosamente i dati di scavo tendono
a dimostrare che l'insediamento era perenne nonostante le palesi difficoltà
climatiche invernali dipendenti sia dalla quota, sia dalla sua collocazione
sulle pendici settentrionali di una cresta che, con andamento SSW-NNE, supera i
m. 2100 di quota.
Dalla cima più bassa, dove
si affollavano le capanne, è visibile solo il Sas da le Dòudesc; ma da un
piccolo spiazzo della cima più alta, a quota m. 1622 ed a pochi minuti di
cammino, è visibile anche il Sas da le Undèsc (foto n. 31).
L'affascinante ipotesi che
proprio questo sia il centro osservativo cozza per altro contro alcune gravi
difficoltà:
a) nulla ci è noto delle
cognizioni astronomiche dei Reti protostorici; non sappiamo neppure se avevano
dei sistemi di misurazione del tempo;
b) anche nella migliore
delle ipotesi, resta comunque il problema delle ore diurne irregolari dovute
alla diversa lunghezza del giorno e della notte nelle quattro diverse stagioni;
c) dovremmo infine
ipotizzare la conservazione e la trasmissione di un orònimo immodificato per
oltre duemila anni, attraverso orizzonti culturali multipli e molto differenti
tra loro: retico, romano, alto e basso medioevale, rinascimentale, ecc., fino
alla modernità.
In sostanza, in assenza di
prove consistenti ed adeguate, per il principio del rasoio di Occam è doveroso
ipotizzare che l'insediamento da cui si osservava il Sole culminare in
meridiano sul Sas da le Dòudesc fosse la parrocchia di Mazin e che l’orònimo
Sas da le Undesc sia stato dato alla cima vicina per analogia. In questo
contesto il limite “ante quem essi non risalgono” potrebbe essere il 1573, data
di erezione della chiesa; ma non si deve trascurare il fatto che nessuno dei
due compare nel citato Atlas Tyrolensis del XVIII secolo, dove invece il Sas da
le Dòudesc è chiamato Sas da Aloch: questo potrebbe essere un secondo limite
ante quem.
Foto n. 28 (M. Codebò):
Sas da le Dòudesc e Sas da le Undèsc dall’abitato di Pozza di Fassa. |
Foto n. 29 (M. Codebò): i
Pigui |
Foto n. 30 (M. Codebò):
Sas da le Dòudesc e Sas da le Undèsc dai Pigui (le due vette s’intravedono in
mezzo alle cime degli alberi) |
|
Foto n. 31 (M. Codebò): la
Parrocchia di Mazin. Le colline alberate in secondo piano a sinistra e al
centro sono i Pigui. A destra del campanile e sullo sfondo il Sas da le
Dòudesc, mentre il Sas da le Undèsc è invisibile |
|
||
6.7.3)
Sasso delle Undici e Sasso delle Dodici sul versante nord della Marmolada
Queste due cime non sono
altro che costoloni di roccia che emergono dal moribondo ghiacciaio della
Marmolada e corrono quasi paralleli e rettilinei verso il Piano Fedaia (foto n.
32), sul quale la tracciatura del meridiano e della linea oraria delle ore
11:00 imporrebbe l'esistenza del centro di osservazione. Ma il piano sembra
essere sempre stato soltanto un pascolo stagionale privo di abitati permanenti
e la recente costruzione di un invaso artificiale lo ha trasformato in lago. Di
conseguenza l'unica ipotesi plausibile era parsa a lungo che i due orònimi
fosssero nati durante la prima guerra mondiale per esigenze militari. Qui
infatti correva, come è noto, il fronte italo-austriaco dal 1915 al 1917 e
nello spessore del ghiacciaio, allora di proporzioni ben maggiori, proprio ai
piedi delle due cime meridiane, gli Austriaci ricavarono una decina di
chilometri di gallerie note come la Città del Ghiaccio, che dava rifugio a
uomini e cannoni. La loro linea si estendeva poi attraverso il Piano Fedaia fin
sullo spartiacque tra l'Alta Val di Fassa e il Livinallongo del Col di Lana (la
valle di Arabba), proprio a nord delle due cime meridiane. Gli Italiani invece
erano arroccati sulla Punta Serauta (sul versante est della Marmolada), sul
passo Fedaia e sulla Mésola. Sul ghiacciaio della Marmolada si svolsero per due
anni furiosi combattimenti per la conquista e la riconquista di microscopici
spazi geograficamente insignificanti - perciò forse fino ad allora rimasti
senza nome - ma strategicamente fondamentali, quali per esempio la cosiddetta
Forcella a V. Era perciò parso probabile che l'esigenza di tenere sotto
controllo operativo ogni metro di terreno avesse costretto i militari di ambo
le parti a creare nuovi toponimi per rocce fino ad allora innominate. Lo stesso
meridiano passante per il Sasso delle Dodici cadeva a nord sui baraccamenti
austriaci di Porta Vescovo e del Belvedere. Ma una successiva indagine di Codebò,
con la preziosa consulenza del dott. Cristian Kollman, su carte militari
austriache del XIX secolo conservate presso l'Archivio Provinciale di Bolzano
ha dimostrato che almeno dal 1869 i due toponimi erano già in uso. Ciò non
esclude necessariamente la loro origine militare, ma impone che essa sia
comunque anteriore alla I guerra mondiale[18].
Dopo la pubblicazione dell’articolo Archeoastronomia
in Val di Fassa, da cui questo capitolo 6.7 è tratto, il dott. Fabio
Chiocchetti, direttore dell’Istituto Culturale Ladino di Vigo di Fassa, ci
segnala di non sottovalutare l’importanza del Piano di Fedaia. Ecco quanto egli
ci scrive: < …però
non sottovaluterei l'importanza del passo (e relativo alpeggio) come luogo di
prospezione: non dobbiamo dimenticare che le popolazioni insediate in queste
valli derivavano da comunità pastorali, che avevano negli alpeggi l'unica
ragione vera di vita e sopravvivenza a queste quote; pensi che fino nel '600
(se non ricordo male) al passo di Fedaia si teneva persino un'importante fiera
del bestiame, alla quale convenivano gli allevatori delle valli vicine. Anche
il clima doveva essere diverso in antichità: al Fedaia nell'800 fu ritrovata un
stadera romana...
Quindi dobbiamo pensare agli alpeggi come i veri "primi
insediamenti", oltre che a luoghi strategici di incontro e di contatto, e
ad una società pastorale (arcaica) si addice questo tipo di osservazioni
astronomiche e denominazioni toponomastiche più ancora che non alle fasi
storiche già avvezze all'uso dell'orologio…>.
L’avvertenza dataci dal dott. Chiocchetti corrisponde bene a quanto sta
emergendo dalle nostre ricerche. In un primo tempo ci era sembrato che i luoghi
di utilizzo di queste montagne meridiane fossero insediamenti importanti e, per
così dire, pubblici od ufficiali: castelli, monasteri, chiese, ecc. Solo
successivamente ci siamo resi conto che ve ne sono alcune il cui riferimento
sono semplici abitati di pastori o contadini, come nel caso del Bric di Mezzogiorno
di Cetta (IM), ed altre addirittura il cui riferimento sono valichi di montagna
e vie di transito. Il problema è che queste comunità “povere” ben difficilmente
hanno lasciato testimonianze scritte dei toponimi da esse creati e pertanto ci
vengono a mancare le sicurezze ed i raffronti che invece possono dare le fonti
ufficiali. Ciò non deve spaventare, perché questa è esattamente la situazione
in cui si viene a trovare praticamente sempre la ricerca paletnologica; ma nel
caso dell’archeoastronomia, che nonostante tutto sta ancora muovendo i suoi
primi passi e non ha ancora una codificazione metodologica consolidata, il
problema dell’assenza di fonti scritte di confronto genera un surplus
d’insicurezze: se è normale per l’archeologo dedurre la presenza di
frequentazioni umane in luoghi apparentemente “impossibili” sulla base di selci
scheggiate, frammenti metallici, ecc. non è ancora “normale” per
l’archeoastronomo dedurre analoghe frequentazioni da reperti di cultura astronomica.
Foto n. 32 (M. Codebò):
Sasso delle Undici e Sasso delle Dodici sul versante nord della Marmolada da
Porta del Vescovo |
6.7.4) Bech da Mezdì di Passo Campolongo.
Questa cima (foto n. 33)si
trova sullo spartiacque tra la Val di Fassa e il Livinallongo del Col di Lana,
dove correva il fronte austriaco tra il 1915 ed il 1917.
Come supposto in un precedente articolo (Codebò 2006), nel sopralluogo del 2003 era stato commesso un errore d’identificazione: quello che allora fu scambiato per il Bech da Mezdì è in realtà il Monte Pizac, il quale, pur essendo alto solo m. 2213, visto da Arabba nasconde il primo e, essendo a 170° dalla parrocchiale di Arabba, segna il passaggio del Sole sulla sua verticale circa un’ora prima del mezzogiorno vero. Il Bech da Mezdì è in realtà la montagna meridiana del passo di Campolongo, dal quale è visibile a 180° esatti (foto n. 33).
Foto n. 33 (M. Codebò):
Bech da Mezdì di Arabba (BL), al centro, da Passo Camplongo |
Questa inattesa
identificazione dell’agosto 2007 apre nuove prospettive nello studio delle
montagne meridiane. Fin’ora si era supposto che esse fossero in relazione ad
insediamenti fissi più o meno di fondovalle. Ora, per la prima volta, siamo
costretti a riconoscere che anche un valico alpino – cioè una via di transito!
– poteva essere il luogo da cui popolazioni evidentemente non sedentarie avevano
necessità di misurare il mezzogiorno. Nel caso specifico del Passo di
Campolongo, ci troviamo probabilmente davanti alla transumanza di popolazioni
ladine della Val Badia e, forse, anche della Val Gardena, che si recavano
all’incontro con quelle delle valli di Fassa e del Livinallongo forse proprio
al Piano di Fedaia attraverso il valico di Porta Vescovo. In questo contesto
Bech da Mezdì, Sasso delle Undici e Sasso delle Dodici del versante nord della
Marmolada sarebbero montagne meridiane lungo un unico percorso di transumanza.
Ecco perché diciamo che, in
un contesto più generale, la ormai provata funzione meridiana dalla prospettiva
di un valico alpino rende in via ipotetica comprensibili, ancorché da
verificare, altre “cime del mezzogiorno” rimaste enigmatiche e segnatamente il
Bric del Mezzodì, il Colletto del Mezzodì e la Cresta Levi-Mezzodì nell'alta
Valle di Rochemolles; il Bric di Mezzogiorno del Parco Naturale della Val
Troncea; le cime Dieci, Undici e Dodici della Rojental ed il Monte di Mezzogiorno
dello Sciliar.
6.8)
I Lagorai
Tre sono le montagne
meridiane della catena dei Lagorai:
la Cima di Mezzogiorno di
Caoria;
il Dos di Mezzodì di
Cavalese;
la Cima di Mezzodì di
Fierozzo.
6.8.1) La Cima di Mezzogiorno di Caoria (TN)
lat. 46°10'40"N; long. 0h 46m 43,4s E; q. m. 1940; cost. loc. 0h
13m 16,6s W
(foglio IGM 1:100000 Feltre)
L'insediamento di Caorìa,
paese della Valle del Vanoi, è documentato con certezza da una Crocifissione
dipinta nel 1585 sul muro di una casa. Nel 1611 il paese è raffigurato su una
mappa di Matthias Burgklehner. Si sa però con certezza che i terreni e le
miniere locali erano sfruttati già nei secoli precedenti e che i primi abitanti
stabili furono minatori immigrati da Praga.
La vita degli abitanti di
Caoria, fortemente segnata dalla Grande Guerra che aveva nella catena dei monti
Lagorai il suo fronte italo-austriaco, era scandita ogni anno da un esodo in
massa di tutti gli abitanti abili - uomini, donne e bambini, con animali e
masserizie - verso i pascoli alti circa dal 19/03, festa di S. Giuseppe ma
anche antivigilia dell'equinozio di primavera, al 2/11, festa dei morti. In
paese restavano solo gli anziani e i disabili, benché i bambini scendessero
quotidianamente per frequentare la scuola e risalissero poi ogni pomeriggio al
pascolo (Bortolotti 2004). Questa transumanza
relativamente limitata nello spazio potrebbe essere il residuo moderno di
quella vita seminomade che, come ci comunica il dott. Chiocchetti, era, forse
da millenni, la norma per queste popolazioni alpine.
Poiché:
a) le coordinate di Caoria,
tratte dal foglio IGM 1:100000 n. 22 Feltre ed. 6, sono 46°11'58"N; 0h 46m
42,2s E; q. m. 850;
b) il M. di Mezzogiorno dista
m. 2300 in linea d'aria;
c) sopravanza Caoria di m.
1090;
ne consegue che 25° è
l'altezza trigonometrica della vetta vista dall’abitato, in buon accordo con la
misura di 24° presa da Codebò in loco con l'inclinometro annesso alla bussola
Recta DP10.
Alla latitudine di Caoria il
Sole al solstizio d'inverno raggiunge l'altezza di 20,3° e, pertanto, viene
occultato dalla Cima di Mezzogiorno a cominciare, secondo i calcoli, dalla metà
di novembre, quando la declinazione del Sole è -18° fino alla fine di Gennaio.
Ciò è sostanzialmente in
buon accordo con le testimonianze di alcuni residenti secondo le quali il nome
della Cima di Mezzogiorno deriverebbe dal fatto che vicino al mezzodì locale di
dicembre il Sole è occultato dalla vetta e ricompare successivamente nel primo
pomeriggio nella sella virtuale tra il Monte di Mezzogiorno ed il M. Conte Moro
(le cui coordinate, dal foglio IGM 1:100000 n. 22 Feltre ed. 6, sono
46°09'58"N; 0h 46m 36s E; q. m. 2407).
Ma la cima di Mezzogiorno è
anche sul meridiano di Caorìa, per cui la culminazione del Sole sulla sua vetta
è anche il passaggio al meridiano locale e, perciò, l'indicatore del mezzogiorno
vero, come è stato possibile verificare visivamente il 05/08/2005 alle ore 13h
19m da località Refiei, dove cade esattamente il meridiano passante per la Cima
di Mezzogiorno (foto n. 34).
Questa montagna assolveva
dunque a due compiti:
1) segnava quotidianamente
il mezzogiorno locale;
2) segnava, con l’inizio
delle occultazioni, la data del rientro a valle dagli alti pascoli, mentre la
partenza dalla valle per i pascoli era annunciata dall'equinozio di primavera,
sostanzialmente coincidente con la festa di S. Giuseppe.
Foto n. 34 (M. Codebò): mezzogiorno
vero sulla Cima di Mezzogiorno di Caorìa (TN). |
6.8.2) Il Dos di Mezzodì di Cavalese (TN)
lat. 46°15'06"N; long. 0h 45m 52,43s E; q. m. 1847; cost. loc. 0h
14m 07,57s W (foglio IGM 1:100000 n. 22 Feltre, ed. 6).
Dati GPS Magellan 310: lat. 46°15'07"N; long. 0h 45m 52,53s E; q.
m. 1820; cost. loc. 0h 14m 07,47s W
Cavalese, capoluogo della
Val di Fiemme e sede storica della Magnifica Comunità omonima, è dominato dalla
catena dei Lagorai ed in particolare dal Dosso di Mezzodì (foto n. 35). I suoi
dintorni sono sede d'insediamenti umani risalenti almeno alla Protostoria. In
particolare, presso la chiesa di S. Valerio (foto n. 36) sono stati ritrovati i
resti di un piccolo abitato utilizzato dall'Età del Ferro fino al Medioevo
(Leonardi 1991) e sul Dos Zelòr (foto nn. 37-38) i resti di un vasto abitato
frequentato dall'Età del Ferro fino alla Romanità (Leonardi 1954; 1991). Già
Innerebner aveva segnalato l'orientamento solstiziale dello storico Banc de la Reson, vasto sedile circolare
con ingressi ubicato nel parco della chiesa parrocchiale <...ove ancora nel
secolo passato veniva amministrata la Magnifica Comunità Generale di Fiemme>
(Innerebner 1959, p. 8 e fig. 10).
Foto n. 35 (M. Codebò): il
Dosso di Mezzodì, al centro sullo sfondo, dalla pieve di Cavalese |
Il Dosso di Mezzodì
costituisce una meridiana naturale indicante il mezzogiorno locale (foto n. 38)
rispetto alla chiesa parrocchiale, che fu Pieve della Val di Fiemme, e tale
funzione, secondo la cortese testimonianza di una guardia campestre della
Magnifica Comunità, continua ad essere nota tutt'oggi. Nel vasto parco della
pieve furono rinvenuti in varie occasioni reperti archeologici datanti fin
dall’Età del Ferro (Leonardi 1991, pp. 385-390), a dimostrazione di come anche
questo dosso, analogamente a quelli vicini di S. Valerio e di Zelòr, fu abitato
fin dalla Protostoria. Tuttavia il Dosso di Mezzodì – la cui vetta fu esplorata
da Codebò nel 2003 e si dimostrò priva di costruzioni e del tutto incolta - non
funziona come cima meridiana per S. Valerio e, soprattutto, per il Dos Zelòr,
ma solo per il parco della Pieve (foto n. 39).
Foto n. 36 (M. Codebò) S.
Valerio |
Foto n. 37 (M. Codebò) Il
Dos Zelòr (la collinetta alberata e scoscesa al centro della foto). |
Foto n. 38 (M. Codebò)
Resti dell’abitato romano al Dos Zelòr. |
Foto n. 39 (M. Codebò) Il
Sole sulla verticale della cima del Dosso di Mezzodì al mezzogiorno locale. |
6.8.3) Cima di Mezzodì di Fierozzo (TN)
lat. 46°04'57"N; long. 0h 45m 16,73s E; q. m. 1688; cost loc. 0h
14m 43,27s W
(Foglio IGM 1:100000 n. 21
Trento, ed. 7)
Fierozzo è uno dei comuni
mòcheni della Valle del Fèrsina, che da Pèrgine Valsugana si estende fino al
passo Cagnon di Sopra, attraverso il quale si accede alla Val Calamento.
Non essendo purtroppo
possibile dare qui neppure una sintesi delle complesse vicende che in circa
settecento anni hanno portato alla formazione di questa enclave tedesca in
Italia[19], si
rimanda gl'interessati alla letteratura specifica (Lorenzi 1930; Piatti 1996;
Rogger 1978) consultata per questo articolo.
I Mòcheni sono una
popolazione di lingua tedesca che nel XIII secolo si insediò in queste contrade
per coltivarle. Ad essa si aggiunsero nei secoli successivi i minatori germanici
chiamati a lavorare nelle miniere di rame locali. Il risultato di queste
immigrazioni in terre italiane fu il dialetto mòcheno, tutt'oggi parlato
localmente.
Quattro sono oggi i comuni
mòcheni della Valle del Fersina - S. Orsola, Palù, Fierozzo e Frassilongo - ma
le antiche gastaldìe erano più numerose. I primi due si estendono sulla riva
idrografica destra; il terzo ed il quarto sulla riva idrografica sinistra, ove
si erge pure la Cima di Mezzodì.
Essa è chiamata
dialettalmente Mittospitze (letteralmente: Punta di Mezzo) dagli abitanti del
comune di Fierozzo e, pare, Silberspitze (letteralmente: Punta dell'Argento) da
quelli del comune di Frassilongo e della sua frazione Roveda[20].
Le differenti denominazioni
sembrano corrispondere bene alle differenti funzioni svolte in ciascuno dei due
comuni: a Frassilongo prevarrebbe il ricordo dell’estrazione mineraria
dell'argento dalle pendici del Silberspitze, mentre a Fierozzo quella meridiana
del Mittospitze. Infatti la Cima di Mezzodì si trova a SE rispetto a
Frassilongo, ma a sud rispetto a Fierozzo ed esattamente sul meridiano passante
per l’attuale chiesa parrocchiale di S. Felice, rispetto alla quale segna il mezzogiorno
vero quando il Sole culmina sulla sua vetta (foto n. 40).
Foto n. 40 (M. Codebò): la
Cima di mezzodì dalla parrocchiale di S. Felice in Fierozzo. |
In origine la chiesa dei
Mòcheni era S. Lorenzo sul Dossalto, oggi purtroppo ridotta ad un rudere
infrascato, dalla quale non è visibile la Cima di Mezzodì la cui funzione
meridiana, pertanto, non è certamente relativa a questa chiesa primitiva.
Poiché la parrocchia di S.
Felice, dedicata al presbitero di Nola che subì dure persecuzioni per la sua
fede nel III secolo, fu costruita nel 1696 (Piatti 1996, p. 107; Rogger 1978,
p. 170), questa data sembra essere la più probabile come termine post quem, piuttosto che quella della
nascita dell'abitato stabile tra il 1320 ed il 1348 (Piatti 1996, pp. 93-109)
sotto forma di masi in enfiteusi.
6.9) Alcune altre cime meridiane delle Alpi
Orientali.
L'elenco che segue prende in
considerazione soltanto alcune delle numerose montagne meridiane delle Alpi
Orientali. Un più dettagliato elenco, completo di coordinate geografiche, è
leggibile in Romano 1986, p. 2.
6.9.1)
Il Gruppo del Sella.
Qui sono presenti: una Val
de Mesdì, un Sas de Mesdì, un Bech de Mesdì, un Dent de Mesdì, un Sas dle Nu,
un Sas dle Diesc, un Ciampanis de Val Mesdì, un Mesdì Turm, le Mesules. C’è
anche un Zwischenkofel, che però significa letteralmente Monte di Mezzo.
L’origine di questi toponimi così numerosi sembra essere lo snodarsi verso Sud
della lunga Val de Mesdì rispetto agli abitati di Colfosco e Corvara, cui
seguono per omonimìa ed analogia gli altri orònimi. Si noti come anche qui il
Sas dle Nu ed il Sas dle Diesc sono cronologicamente invertiti, analogamente
alle tre cime meridiane della Val Martello.
6.9.2)
Sas dales Nu, q. m. 2968, e Sas dales Desc, q. m. 3026, dell’Alpe di Fanes.
Queste due cime sembrano
essere in relazione con il santuario di S. Berbora (S. Barbara) nel paese di La
Val in Badìa. Valgono per essi tutte le riserve dovute alle ore diseguali. Una
coincidenza, che però non pare avere alcuna relazione astronomica con le due
vette: a poche centinaia di metri a Sud di esse s’erge il Ciastel de Fanes, q.
m. 2657, che è il più elevato luogo di roghi votivi (Brandopferplätze) delle
Dolomiti.
6.9.3) Becco di Mezzodì, m. 2602.
Montagna a sud dell'Alpe di
Federa, nella conca di Cortina d'Ampezzo.
Potrebbe essere la montagna
meridiana del Castello di Podestagno, m. 1513, distante però km. 17,6 - tale
distanza la vetta appare alta circa 3,5° - oppure dell’Alpe di Federa.
6.9.4) Cima Dodici, m. 2351 della Valle dei
Molini.
Vetta del versante
meridionale della Valle dei Molini (Mülwaldertal), confluente nella Valle di
Tures, a sua volta confluente nella Val Pusteria. Sulla carta non sembra
identificabile alcun abitato significativo da cui potesse essere usata.
6.9.5) Cima Nove, m. 2581, della Val Pusteria.
Sembra essere in relazione
oraria con Rienza, frazione di Dobbiaco. Anche per essa valgono tutte le
riserve dovute alle ore diseguali.
6.9.6) Cima Dodici, m. 2336, e Cima Undici, m.
2228, dell’Ortigara.
Sui fianchi occidentali del
M. Ortigara, sono palesemente montagne meridiane per Borgo Valsugana.
6.9.7)
La Val di Sole.
Il costone che, staccandosi
dalla Cima di Val Gelada e terminando nella quota trigonometrica m. 2217 con
andamento S-N, separa la Val Gelata dalla Val Baselga, in Val di Sole,
comprende una serie di toponimi meridiani tutti sul meridiano dell'abitato di
Pellizzano: i Crozzi del Mezdì (qq. mm. 2607 e 2590), il Passo del Mezdì (q. m.
2408), il Pizzo del Mezdì (q. m. 2577), i Monti del Mezdì (tre elevazioni con
altitudine media m. 2419);
6.9.8)
Il Croz delle Gardéne o Croz del Mezdì.
Vetta sul meridiano dell'abitato
di Mezzana, in Val di Sole;
Si ringraziano tutti coloro
che hanno contribuito alla realizzazione di questa ricerca ed in particolare:
il bibliotecario Giovanni
Anelli;
l'archeoastronomo Piero
Barale, di Cuneo;
l'architetto Silvana
Barezzi, di Cuneo;
l'operatore culturale della
Val Venosta (BZ) Gianni Bodini;
il sig. Gian Marco Barali,
sindaco di Acceglio (CN) nel 1999;
la sig.ra Teresa Battisti,
dell'Istituto Culturale Mòcheno di Palù del Fèrsina (TN);
l'ex reggente del C.A.I. di
Bolzaneto (GE) Piero Bordo;
il dott. Fabio Chiocchetti,
direttore dell'Istitut Cultural Ladin di Vigo di Fassa (TN);
l'anonima guardia campestre
della Magnifica Comunità di Fiemme (TN);
il dott. Kristian Kollmann,
già collaboratore dell'Archivo Provinciale di Bolzano;
la sig.ra Rosina
Iobstraibizer Immoltrer, di Fierozzo (TN);
il sig. Ottavio Laner, di
Frassilongo (TN);
la dott.ssa Rosanna March,
bibliotecaria pro tempore dell'Istitut Cultural Ladin di Vigo di Fassa (TN);
la dott.ssa Eleana Marullo
di Genova;
il ricercatore dell’I.I.S.L.
Bruno Olindo †;
la sig.ra Uliva Palauro, di
Frassilongo (TN);
il parroco di Cremeno (GE);
l'archeologa Ariella
Pennacchi;
la famiglia Pilotto di
Acceglio (CN);
il sindaco di Pamparato (CN);
il sig. Leo Toller,
dell'Istituto Culturale Mòcheno di Palù del Fèrsina (TN);
il sig. Michael Trocker,
albergatore di Siusi (BZ);
lo storico della musica
Mauro Viberti, di Pamparato (CN).
AA.VV. Bibliothecha Sanctorum, Città Nuova Editrice, Roma.
AA.VV. (1982) Le valli cuneesi e valdesi, Collana
"Viaggio in Italia, Milano.
AA.VV. (1983) Indagine storico-culturale sulla Valle Maira,
Comitato Comprensoriale di Cuneo-Regione Piemonte, Cuneo.
AA. VV. (1990) La certosadi Casotto. Indagini archeologiche
1986-1988, in: Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte, 9.
AA.VV. (1993a) Il Piemonte paese per paese, vol. I,
Firenze.
AA. VV. (1993b) Archeologia nelle Dolomiti, Ist. Cult. Lad. Majon de Fashegn e Ist. Cult. Lad. Micurà de Rü, Trento.
AA. VV. (1994) Pamparato, in: Enciclopedia dei comuni
d'Italia, vol. III, Bonecchi, Firenze.
AA. VV. (1995) Il castello di Casotto, in: Enciclopedia
dei comuni d'Italia, vol. V, Bonecchi, Firenze.
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Appendice
Elenco delle montagne
meridiane rintracciabili su Internet mediante il motore di ricerca del sito web
Atlante Italiano.
VALLE D’AOSTA |
||||||
Toponimo |
Provincia |
Comune e/o località di riferimento |
Coordinate piane X,Y WGS84 |
Coordinate geografiche Lat., Long. WGS84 |
Quota metri s.l.m. |
Note |
COSTONE DI MEZZODI |
AO |
SAINT-RHEMY-EN-BOSSES |
X 352781.7 Y 5075796.4 |
45° 49' 12,0469'' 7° 06' 17,5482'' |
2584 |
|
PIEMONTE |
||||||
Toponimo |
Provincia |
Comune e/o località di riferimento |
Coordinate piane X,Y WGS84 |
Coordinate geografiche Lat., Long. WGS84 |
Quota metri s.l.m. |
Note |
BEC DI MEZZOGIORNO |
TO |
FRAISSE-VAL GERMANASCA |
X 340738.1 Y 4980580.9 |
44° 57' 38,9305'' N 6° 58' 50,4455'' E |
2986 |
|
GUGLIA DEL MEZZODI |
TO |
EXILLES |
X 317613.4 Y 4987982.7 |
45° 01' 18,5933'' N 6° 41' 06,0705'' E |
2621 |
|
BRIC DEL MEZZODI |
TO |
MELEZET-BARDONECCHIA |
X 328533.3 Y 5000434.3 |
45° 08' 11,6230'' N 6° 49' 09,3387'' E |
2899 |
|
PUNTA DI MEZZODI |
TO |
MEANA DI SUSA |
X 352138.9 Y 4992556.6 |
45° 04' 15,6872'' N 7° 07' 17,8748'' E |
3000 ca. |
|
ROCCA DI NONA |
TO |
ALA DI STURA |
X 367116 Y 5018446.9 |
45° 18' 25,0117'' N 7° 18' 17,6575'' E |
1420 |
|
PUNTA DEL MEZZODI |
TO |
GRAVERE |
X 344055.8 Y 4993626.8 |
45° 04' 44,1033'' N 7° 01' 07,2283'' E |
2691 |
|
BEC DI MEZZODI |
TO |
GROSCAVALLO |
X 362415.6 Y 5023285.9 |
45° 20' 58,4866'' N 7° 14' 37,0607'' E |
2427 |
|
BEC DI NONA |
TO |
GROSCAVALLO |
X 364813.4 Y 5023719.2 |
45° 21' 14,2007'' N 7° 16' 26,7786'' E |
2202 |
|
PUNTA DEL MEZZOGIORNO |
CN |
PRADLEVES-GHIO |
X 360202.3 Y 4921515.3 |
44° 26' 00,3508'' N 7° 14' 36,5710'' E |
2006 |
|
BECCAS DEL MEZZODI |
CN |
DEMONTE - CONVENT |
X 365227.3 Y 4912851.7 |
44° 21' 23,1149'' N 7° 18' 31,8559'' E |
1931 |
|
BEC MEZZODI |
CN |
VENASCA |
X 371374.4 Y 4933038 |
44° 32' 21,1107'' N 7° 22' 51,3869'' E |
1206 |
|
BRIC MEZZODI |
CN |
DRONERO PRALETTO |
X 363954.9 Y 4923229.9 |
44° 26' 58,4713'' N 7° 17' 24,6147'' E |
1134 |
|
BEC DI MEZZODI |
CN |
CASOTTO |
X 413229.8 Y 4895349.4 |
44° 12' 22,3376'' N 7° 54' 50,2610'' E |
1932 |
|
CROCE DI MEZZODI |
VB |
VARZO |
X 441150.2 Y 5114900.7 |
46° 11' 06,5025'' N 8° 14' 14,7686'' E |
2230 |
|
PIZZO DEL MEZZODI |
VB |
VARZO |
X 440963.6 Y 5114556.2 |
46° 10' 55,2835'' N 8° 14' 06,2196'' E |
2383 |
|
PIZZO NONA O DELLA BENNA |
VB |
BANNIO ANZINO |
X 433794.3 Y 5086999.1 |
45° 56' 00,1346'' N 8° 08' 45,6347'' E |
2230 ca. |
|
PIZZO NONA |
VB |
DRUOGNO |
X 454647.6 Y 5104991.5 |
46° 05' 49,1752'' N 8° 24' 47,7712'' E |
2271 |
|
TRENTINO ALTO
ADIGE |
||||||
Toponimo |
Provincia |
Comune e/o località di riferimento |
Coordinate piane X,Y WGS84 |
Coordinate geografiche Lat., Long. WGS84 |
Quota metri s.l.m. |
Note |
MONTE A MEZZODI |
BZ |
CASTELBELLO |
X 647296.8 Y 5167476.7 |
46° 38' 40,7673'' N 10° 55' 29,1380'' E |
1100 ca. |
Toponimo molto esteso Coord.centrali |
CIMA MEZZODI |
BZ |
CHIUSA |
X 693110.9 Y 5170703.6 |
46° 39' 43,3353'' N 11° 31' 27,3073'' E |
1370 |
|
CIMA MATTINA |
BZ |
CHIUSA |
X 692533.1 Y 5170703.6 |
46° 39' 43,9340'' N 11° 31' 00,1443'' E |
1570 |
|
CIMA DI MEZZODI |
BZ |
MALLES VENOSTA |
X 628443.9 Y 5174813.2 |
46° 42' 52,3113'' N 10° 40' 50,0407'' E |
2405 |
|
PUNTA DI MEZZODI |
BZ |
RACINES |
X 679895.7 Y 5190122.2 |
46° 50' 25,1528'' N 11° 21' 33,3892'' E |
2052 |
|
DENTE DI MEZZODI |
BZ |
SANTA CRISTINA VALGARDENA |
X 709103.2 Y 5154335.1 |
46° 30' 36,3506'' N 11° 43' 32,4204'' E |
3000 |
|
SASSO LEVANTE |
BZ |
SANTA CRISTINA VALGARDENA |
X 709698.8 Y 5154375.1 |
46° 30' 36,9784'' N 11° 44' 00,4022'' E |
3110 |
|
FORCELLA DE MESDI |
BZ |
SANTA CRISTINA VALGARDENA |
X 711373.2 Y 5164927.4 |
46° 36' 16,5717'' N 11° 45' 36,1958'' E |
2597 |
|
SASSO DE MESDI |
BZ |
SANTA CRISTINA VALGARDENA |
X 711359.9 Y 5164765.2 |
46° 36' 11,3380'' N 11° 45' 35,3046'' E |
2762 |
|
FORCELLA DI MEZZODI |
BZ |
TESIMO |
X 663698.2 Y 5154941.7 |
46° 31' 41,2442'' N 11° 08' 04,2198'' E |
1676 |
|
MONTE DI MEZZODI |
BZ |
SILANDRO |
X 634354.6 Y 5167910.4 |
46° 39' 04,6021'' N 10° 45' 21,0711'' E |
1600-1700 ca. |
Toponimo molto esteso. Coord. indicative centrali del toponimo |
CIMA DI MEZZODI |
BZ |
TIRES-SCILLIAR |
X 696483.1 Y 5151832.4 |
46° 29' 29,0300'' N 11° 33' 37,0232'' E |
2187 |
|
COL DAL MEZDI |
BZ |
CASTELROTTO-ORTISEI |
X 704702.2 Y 5159618.1 |
46° 33' 32,1919'' N 11° 40' 14,5129'' E |
2006 |
|
DENT DE MEZDI |
BZ |
CORVARA IN BADIA-ARABBA |
X 717011.1 Y 5156730.5 |
46° 31' 44,8571'' N 11° 49' 47,0823'' E |
2881 |
|
SASSO DELLE NOVE |
BZ |
CORVARA IN BADIA-ARABBA |
X 717607 Y 5155931.4 |
46° 31' 18,3068'' N 11° 50' 13,6732'' E |
2900 ca. |
|
SASSO DELLE DIECI |
BZ |
CORVARA IN BADIA-ARABBA |
X 717761.2 Y 5156172.6 |
46° 31' 25,9321'' N 11° 50' 21,3086'' E |
2900 ca. |
|
SASSO DI MEZZODI |
BZ |
ARABBA |
X 720909.2 Y 5150523.3 |
46° 28' 19,4427'' N 11° 52' 39,2258'' E |
2727 |
|
PELA DA MEZDI |
BZ |
SELVA DI VAL GARDENA |
X 713389.1 Y 5156040 |
46° 31' 26,6818'' N 11° 46' 56,1201'' E |
1950 ca. |
Toponimo esteso |
PIZ SETEUR |
BZ |
SELVA DI VAL GARDENA |
X 711954.8 Y 5156265.8 |
46° 31' 35,6201'' N 11° 45' 49,2474'' E |
2064 |
|
CIMA UNDICI |
BZ |
SESTO-TRE CIME LAVAREDO |
X 758589.7 Y 5170285.8 |
46° 38' 10,3900'' N 12° 22' 42,9565'' E |
3092 |
|
CIMA DODICI O CRODA DEI TONI |
BZ |
SESTO-TRE CIME LAVAREDO |
X 757237.7 Y 5168319.4 |
46° 37' 08,6648'' N 12° 21' 35,5358'' E |
3094 |
|
CIMA UNA |
BZ |
SESTO-TRE CIME LAVAREDO |
X 756212.7 Y 5170536.1 |
46° 38' 21,7697'' N 12° 20' 51,8479'' E |
2698 |
|
SASSO DI MEZZODI |
BZ |
CALDARO MONTICOLO |
X 674969.9 Y 5141436 |
46° 24' 13,8151'' N 11° 16' 34,6620'' E |
661 |
|
DOSSO DODICI |
BZ |
CALDARO MONTICOLO |
X 674897.1 Y 5140509 |
46° 23' 43,8728'' N 11° 16' 30,0071'' E |
570 |
|
COLLE DELLE DODICI |
BZ |
CAMPO DI TRENS |
X 691038.4 Y 5195769.9 |
46° 53' 16,7677'' N 11° 30' 27,4812'' E |
2044 |
|
CIMA DODICI |
BZ |
CAMPO TURES |
X 733162.3 Y 5201998.5 |
46° 55' 49,8836'' N 12° 03' 46,8774'' E |
2516 |
|
CIMA DELLE OTTO |
BZ |
CAMPO TURES |
X 730827.3 Y 5199602.6 |
46° 54' 35,3129'' N 12° 01' 52,2317'' E |
2667 |
|
CIMA DIECI |
BZ |
VAL RESIA |
X 613861.5 Y 5182780.9 |
46° 47' 19,8667'' N 10° 29' 30,5414'' E |
2675 |
|
CIMA UNDICI |
BZ |
VAL RESIA |
X 613572.6 Y 5181421.8 |
46° 46' 36,0285'' N 10° 29' 15,7066'' E |
2926 |
|
CIMA DODICI |
BZ |
VAL RESIA |
X 613089 Y 5181792.8 |
46° 46' 48,3395'' N 10° 28' 53,2390'' E |
2783 |
|
CIMA DODICI |
BZ |
LACES |
X 642502.1 Y 5159225.5 |
46° 34' 17,3198'' N 10° 51' 34,5561'' E |
2512 |
|
CIMA DIECI |
BZ |
MARTELLO |
X 635607.9 Y 5153648.2 |
46° 31' 21,8486'' N 10° 46' 04,9687'' E |
2684 |
|
CIMA UNDICI |
BZ |
MARTELLO |
X 636965.7 Y 5155349.2 |
46° 32' 15,9414'' N 10° 47' 10,4738'' E |
2260 |
|
CIMA DODICI |
BZ |
MARTELLO |
X 636387.1 Y 5154175.8 |
46° 31' 38,3669'' N 10° 46' 42,0814'' E |
2680 |
|
PUNTA DELLE DODICI |
BZ |
SAN MARTINO IN BADIA |
X 717509 Y 5166151.7 |
46° 36' 49,1314'' N 11° 50' 26,3427'' E |
2384 |
|
CIMA DODICI |
BZ |
SELVA DEI MOLINI |
X 716767 Y 5194700.2 |
46° 52' 13,7461'' N 11° 50' 40,0085'' E |
2351 |
|
CIMA DODICI |
BZ |
SENALES-SIMILAUN |
X 648794 Y 5178430 |
46° 44' 34,2290'' N 10° 56' 52,2727'' E |
2609 |
|
DOSSO DELLE DODICI |
BZ |
VIPITENO-PRATI (VICINO C. DI TRENS) |
X 687936.5 Y 5196383 |
46° 53' 39,7950'' N 11° 28' 01,9522'' E |
1300-1400 ca. |
Toponimo esteso |
CIMA DIECI |
BZ |
SAN GENESIO-SAN VIGILIO-MAREBBE |
X 726579.6 Y 5167425.5 |
46° 37' 19,5406'' N 11° 57' 34,4824'' E |
3026 |
|
CIMA NOVE |
BZ |
SAN GENESIO-SAN VIGILIO-MAREBBE |
X 728177.7 Y 5168374.5 |
46° 37' 48,2945'' N 11° 58' 51,2135'' E |
2968 |
|
CIMA NOVE |
BZ |
DOBBIACO |
X 748859.7 Y 5176970.9 |
46° 41' 59,8735'' N 12° 15' 19,0539'' E |
2580 ca. |
|
DOS DI MEZZODI |
TN |
CAVALESE |
X 690243.7 Y 5124835.3 |
46° 15' 01,6093'' N 11° 28' 05,1405'' E |
1847 |
|
CIMA DI MEZZODI |
TN |
FRASSILONGO |
X 679338.4 Y 5105724.6 |
46° 04' 53,6038'' N 11° 19' 10,1998'' E |
1688 |
|
PIZZO DEL MEZZODI |
TN |
PELLIZZANO |
X 636195.8 Y 5124866.5 |
46° 15' 49,3693'' N 10° 46' 02,3816'' E |
2577 |
|
PALE DEL MEZZODI |
TN |
POZZA DI FASSA |
X 703640.9 Y 5147303.5 |
46° 26' 54,8078'' N 11° 39' 05,3104'' E |
2446 |
|
VEDRETTA VERNALE |
TN |
POZZA DI FASSA |
X 718163.1 Y 5144781.1 |
46° 25' 16,8501'' N 11° 50' 20,9472'' E |
2800 ca. |
|
SASSO VERNALE |
TN |
POZZA DI FASSA |
X 718278.7 Y 5144512.2 |
46° 25' 08,0144'' N 11° 50' 25,9041'' E |
3058 |
|
TORRE DI MEZZODI |
TN |
VALLARSA |
X 666109.2 Y 5066353.3 |
45° 43' 50,8327'' N 11° 08' 05,6398'' E |
1903 |
|
SASSO DI MEZZODI |
TN |
VIGO DI FASSA |
X 707572.7 Y 5142939.2 |
46° 24' 29,2551'' N 11° 42' 02,4168'' E |
2446 |
|
CIMA UNDICI |
TN |
VIGO DI FASSA |
X 708608.2 Y 5142505.9 |
46° 24' 14,0847'' N 11° 42' 50,1670'' E |
2501 |
|
CIMA DODICI O FEROZZO |
TN |
BORGO VALSUGANA |
X 691118 Y 5096740.6 |
45° 59' 51,2924'' N 11° 28' 05,2047'' E |
2336 |
|
CIMA UNDICI |
TN |
BORGO VALSUGANA |
X 692444.4 Y 5097482.7 |
46° 00' 13,9789'' N 11° 29' 07,8876'' E |
2228 |
|
SASSO DELLE DODICI |
TN |
MARMOLADA-CANAZEI |
X 720104.2 Y 5147704 |
46° 26' 49,1633'' N 11° 51' 56,7333'' E |
2722 |
|
SASSO DELLE UNDICI |
TN |
MARMOLADA-CANAZEI |
X 720774.1 Y 5147607 |
46° 26' 45,2370'' N 11° 52' 27,9275'' E |
2801 |
|
SASS VERNAI |
TN |
MARMOLADA-CANAZEI |
X 722837.3 Y 5147481.6 |
46° 26' 38,7388'' N 11° 54' 04,2908'' E |
2000 ca. |
|
CIMA DODICI |
TN |
MEZZANO |
X 719087.7 Y 5109923.8 |
46° 06' 27,7979'' N 11° 50' 05,8523'' E |
2264 |
|
CIMA DODICI |
TN |
SAN GIACOMO-TRANSACQUA |
X 698053.9 Y 5202313.9 |
46° 56' 41,1564'' N 11° 36' 08,9088'' E |
2690 |
|
MONTE SEI |
TN |
PERGINE VALSUGANA |
X 673504.1 Y 5104829.1 |
46° 04' 30,0326'' N 11° 14' 37,5871'' E |
610 ca. |
|
CIMA MEZZOGIORNO |
TN |
ALA |
X 660043.1 Y 5064832.1 |
45° 43' 06,7211'' N 11° 03' 23,3474'' E |
1670 ca. |
|
CIMA LEVANTE |
TN |
ALA |
X 662957.4 Y 5067703.6 |
45° 44' 37,2553'' N 11° 05' 41,5453'' E |
2020 |
|
CIMA DI MEZZOGIORNO |
TN |
CANAL SAN BOVO |
X 706356.4 Y 5117197.8 |
46° 10' 37,4987'' N 11° 40' 24,8562'' E |
1940 |
|
DOSSO MEZZOGIORNO |
TN |
MOENA |
X 705437.3 Y 5137060.8 |
46° 21' 21,3567'' N 11° 40' 13,2222'' E |
2301 |
|
CENGIO DI MEZZOGIORNO |
TN |
TERRAGNOLO |
X 668955.6 Y 5082372.6 |
45° 52' 27,0404'' N 11° 10' 37,4299'' E |
1260 |
|
VENETO |
||||||
Toponimo |
Provincia |
Comune e/o località di riferimento |
Coordinate piane X,Y WGS84 |
Coordinate geografiche Lat., Long. WGS84 |
Quota metri s.l.m. |
Note |
BEC DI MEZZODI |
BL |
ALLEGHE |
X 732551.1 Y 5141458.4 |
46° 23' 12,0719'' N 12° 01' 28,1509'' E |
2108 |
|
CIME DI MEZZODI |
BL |
FORNO DI ZOLDO |
X 744978.6 Y 5134239.4 |
46° 19' 02,7527'' N 12° 10' 55,5464'' E |
2324 |
|
SASSO DEL MEZZODI |
BL |
VALMOREL |
X 749860.6 Y 5106450.4 |
46° 03' 57,4119'' N 12° 13' 50,6212'' E |
872 |
|
SASSO DI MEZZODI |
BL |
RIVALGO |
X 758282 Y 5137544.1 |
46° 20' 31,8686'' N 12° 21' 23,1198'' E |
2035 |
|
COL DI MEZZODI |
BL |
PIEVE DEL COL DI LANA |
X 726081.4 Y 5149515.7 |
46° 27' 40,6706'' N 11° 56' 39,6870'' E |
1904 |
|
CRODE DI MEZZODI |
BL |
CHIESA – GAVAZ |
X 740018.6 Y 5135237.8 |
46° 19' 41,4383'' N 12° 07' 05,7991'' E |
1929-2055 |
|
PIZ DI MEZZO DI o MONTE PIZZON |
BL |
RIVAMONTE AGORDINO |
X 734161.2 Y 5122835.4 |
46° 13' 07,5468'' N 12° 02' 10,0397'' E |
2240 |
|
MONTE VERNA |
BL |
VIGO DI CADORE |
X 773014.4 Y 5153456.2 |
46° 28' 45,6195' N 12° 33' 24,4776'' E |
2106 |
|
CIMA DIECI |
BL |
SAPPADA |
X 785686.3 Y 5161900 |
46° 32' 59,7108'' N 12° 43' 36,2192'' E |
2151 |
|
SCOGLIO DI MEZZOGIORNO |
VI |
S.PIETRO IN VALDASTICO |
X 683686 Y 5084075.4 |
45° 53' 08,5861'' N 11° 22' 02,5127'' E |
600 ca. |
|
COL VENTIDUEORE |
VI |
VALSTAGNA |
X 706474.6 Y 5083422.2 |
45° 52' 24,1912'' N 11° 39' 37,7404'' E |
575 ca. |
|
FRIULI
VENEZIA GIULIA |
||||||
Toponimo |
Provincia |
Comune e/o località di riferimento |
Coordinate piane X,Y WGS84 |
Coordinate geografiche Lat., Long. WGS84 |
Quota metri s.l.m. |
Note |
PICCO DI MEZZODI |
UD |
CHIUSAFORTE |
X 375147.2 Y 5138501.8 |
46° 23' 18,8160'' N 13° 22' 34,2253'' E |
1866 |
|
PICCO DEL MEZZODI |
UD |
CHIUSAFORTE |
X 378168.9 |