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ARCHEOASTRONOMIA LIGUSTICA

 

 

Pubblicato in: Atti del II Convegno Nazionale di Archeoastronomia in Sardegna, "Cronache di Archeologia", Vol. 10, Sassari, TAS, 12/2013, pp. 95-136,

ISBN 978-88-89502-73-0.

 

 

MONTAGNE MERIDIANE[1]

 

Mario Codebò

Henry De Santis

 

1) Introduzione

Nel 1959 Georg Innerebner, iniziatore dell'archeoastronomia italiana, scriveva: <L'uomo alpino normalmente non aveva bisogno di mezzi artificiali per fissare il suo calendario privato. A lui serviva in modo migliore l'orizzonte vario e bizzarro del suo paese> (Innerebner 1959).

Il presente lavoro raccoglie i risultati di una ricerca condotta da alcuni anni a questa parte dagli scriventi e destinata a durare certamente ancora molti anni, poiché le montagne italiane con funzione di meridiana o di orologio naturale sono molto numerose: una ricerca sul Web (vedi appendice I) condotta da Henry De Santis ne ha identificate parecchie decine, soprattutto sulle Alpi, ma anche sugli Appennini.

Ai giorni nostri l'utilizzo di meridiane naturali è ancora parzialmente attivo presso alcune comunità agro-pastorali abbastanza integre, come per esempio quella di Carnino nel basso Cuneese (Boccaleri, 1982, p. 283).

Si ricordi che il mezzogiorno é l'istante in cui il Sole passa al meridiano del luogo, raggiungendo una certa altezza detta altezza meridiana. Ciò corrisponde con buona approssimazione - ma non con esattezza - al raggiungimento della sua massima altezza sull'orizzonte astronomico, detta altezza di culminazione. La non perfetta coincidenza tra le due altezze è dovuta al fatto che il Sole è un astro a declinazione variabile e pertanto è soggetto alla sommatoria algebrica del moto diurno e della variazione di declinazione. Di fatto però la differenza tra altezza meridiana e altezza di culminazione è trascurabile per il Sole, essendo piuttosto lenta la sua variazione diurna di declinazione, e pertanto si possono far coincidere altezza meridiana ed altezza di culminazione senza commettere un apprezzabile errore. Invece nel caso della Luna tali differenze non sono affatto trascurabili, essendo rapida la sua variazione di declinazione (Flora 1987, pp. 332-335).

Ciò premesso, due risultano i modi per determinare il passaggio in meridiano del Sole:

1) la misurazione della sua altezza;

2) il calcolo del suo passaggio al meridiano.

Il primo metodo è evidentemente quello usato in antico ed applicato alle montagne meridiane.

Il secondo è quello moderno ed implica il calcolo preventivo dell'ora di tale passaggio mediante un'apposita formula e l'utilizzo d’effemeridi ed orologio radiocontrollato.

La formula per calcolare l'istante del passaggio al meridiano è la seguente:

12h + (± cost. loc.) + (± E.T.)

dove:

12h è il mezzogiorno vero sul meridiano centrale del fuso orario locale (13h durante il periodo di vigenza dell’ora estiva);

cost. loc. è la costante locale;

E.T. è l’equazione del tempo nel giorno della misurazione ed a mezzogiorno.

La costante locale (Zagar 1984, p. 115) è la longitudine del luogo da quella del meridiano centrale del fuso orario locale e si calcola sottraendo algebricamente la prima dalla seconda. Poiché le longitudini da Greenwich si contano oggi positivamente verso est e negativamente verso ovest, la costante locale avrà segno positivo se il sito è ubicato ad ovest del meridiano centrale del fuso orario locale e segno negativo se ubicato ad est. Premesso che gli orologi sono regolati sul mezzogiorno vero del meridiano centrale del fuso orario locale, il mezzogiorno locale anticiperà o posticiperà di tanti minuti e secondi quanti sono quelli della costante locale rispettivamente se il sito è ubicato ad est o ad ovest del meridiano centrale del fuso orario locale.

Poiché l'Italia appartiene al primo fuso orario orientale, il cui meridiano centrale passante per l'Etna ha una longitudine pari a 15° = 1h W da Greenwich, la costante locale di un qualsiasi sito italiano si misurerà sottraendo la sua longitudine W da Greenwich dai 15° = 1h W della longitudine del meridiano dell'Etna da Greenwich. Il risultato è la costante locale con il suo segno: + se il sito è ad W del meridiano dell'Etna e - se esso è ad est;

 

Es.:

1) cost loc. del Bric di Mezzogiorno di Cremeno (GE)

lat. 44°27'47"N; long. 8°55'11"E

15°00'00"E-

08°55'11"E=

--------------

06°04'49" = 0h 24m 19,27s

 

2) costante locale di Capo d'Otranto

lat. 40°06'N; long. 18°29'E

15°00'00"-

18°29'00"=

------------

-3°29'00" = -0h 13m 56s

Perciò, prescindendo dall'equazione del tempo E.T., al Bric di Mezzogiorno di Cremeno il mezzogiorno vero si verificherà alle ore solari 12h + 0h 24m 19,27s = 12h 24m 19,27s ed al Capo d'Otranto si verificherà alle ore 12h + (-0h 13m 56s) = 11h 46m 04s.

Infine, al risultato ottenuto si aggiunge algebricamente (cioè con il suo segno + o -) E.T.:

12h 00m 00s + (± cost. loc.) + (±E.T.)

E.T. è l'equazione del tempo, cioè la differenza algebrica tra il tempo vero tv (ossia la reale durata del giorno) ed il tempo medio tm, ossia la durata media del giorno convenzionalmente stabilita in 24h 00m 00s (Flora 1987, pp. 199-200) oppure, ugualmente, la differenza tra tempo medio tm e tempo vero tv (Effemeridi Nautiche I.I.M.). Essa può anche definirsi, analogamente alla definizione nautica, come la differenza tra l’ascensione retta del Sole apparente o vero e quella del Sole fittizio o medio oppure come la differenza tra l’ascensione retta del Sole fittizio o medio e quella del Sole apparente o vero (Meeus 1990, pp. 93-94; 2005, pp. 183-187).

Infatti la quotidiana velocità di rotazione della Terra sul proprio asse non è costante: l'accumularsi della differenza tra la durata del giorno vero e quella del giorno medio costituisce l'equazione del tempo, la quale si azzera quattro volte all'anno (verso il 15/04, il 15/06, il 01/09 ed il 25/12) ed assume quattro volte valori massimi/minimi (verso il 12/02, il 15/05, il 27/07 ed il 03/11).

Come sopra accennato, due sono le convenzioni secondo le quali si definisce E.T.:

1) E.T. = t.v. - t.m.

2) E.T. = t.m. - t.v.

Secondo la prima convenzione, il suo valore minimo, pari a -14,4 minuti, si raggiunge verso il 12/02 ed il suo valore massimo, pari a +16,4 minuti, si raggiunge verso il 03/11.

L'opposto con la seconda convenzione.

Quest'ultima è quella adottata nelle Effemeridi Nautiche dell'I.I.M., nelle quali, quindi, l'E.T. minima (-16,4 minuti) si raggiunge verso il 03/11 e la massima (+14,4 minuti) si raggiunge verso il 12/02.

E.T. può essere calcolata anche mediante alcune formule (Meeus 1990, pp. 93-94; 2005, pp. 183-187).

Come si è detto, l'ora legale (sia invernale che estiva), segnata dagli orologi, è regolata sul meridiano centrale del fuso orario locale: l'orologio segna mezzogiorno quando il Sole passa al meridiano centrale del fuso orario locale. Poiché gli estremi dei fusi orari distano al massimo 30 minuti dal loro meridiano centrale e poiché E.T. è al massimo circa ±14,4~16,4 minuti, ne consegue che la differenza tra il mezzogiorno legale e quello vero è al massimo circa ±45 minuti.

Il mezzogiorno vero o locale o astronomico così calcolato è l'istante in cui il Sole passa al meridiano del luogo. Se la cima montuosa studiata è meridiana, in quell'istante il Sole apparirà sulla verticale di essa rispetto a qualsiasi luogo giacente sul suo meridiano (ovviamente, verso nord nell'emisfero boreale e verso sud in quello australe).

Ecco un esempio di calcolo del mezzogiorno vero al Bric di Mezzogiorno di Cremeno (GE) in data 23/09/2000:

a) per trasformare i gradi sessagesimali in tempo basta dividerli per 15:

long. 8°55'11"E/15 = 0,594648148148h = 0h 35m 40,73s

e, viceversa, per trasformare le unità di tempo in gradi sessagesimali basta moltiplicarle per 15:

0h 35m 40,73" × 15 = 8,91972222222° = 8°55'11";

b) si calcola la costante locale:

cost. loc. = (15° - 8°55'11"E)/15 = 6°04'49"/15 = 0h 24m 19,27s;

c) si trova l’E.T. del 23/09/2000 UT 12h 00m 00s, che risulta pari a -0h 07m 47s;

d) si sommano algebricamente tra loro i tre fattori ottenendo come risultato il mezzogiorno vero o locale o astronomico a Cremeno (GE):

12h 00m 00s + (+0h 24m 19,27s) + (-0h 07m 47s) = 12h 16m 32,27s

 

2) Appennino ed Alpi Liguri[2]

In Liguria sono state fin’ora identificate tre montagne meridiane:

a) il Bric di Mezzogiorno di Cremeno (GE);

b) il Monte di Mezzogiorno di Stellanello (SV);

c) il Carmu du Mezudì di Cetta (IM), altrimenti detto Carmo Langàn.

 

2.1) Il Bric di Mezzogiorno di Cremeno (GE)

lat. 44°27'47"N; long. 0h 35m 40,73s E; q. m. 337 s.l.m.; cost. loc. +0h 24m 19,27s; tavoletta I.G.M. 1:25000 n. 82 II NE Sestri Ponente

E' una piccola collina (foto n. 1) sul versante orientale della Val Polcevera, a est della località Brasile (l'antica Bolzaneto) e a sud della località Cremeno (in antico prima Ceremenum, poi Carmandinum), oggi, a differenza di un tempo, entrambe entro i confini del Comune di Genova.

 

Foto n. 1 (M. Codebò): il Bric di Mezzogiorno di Cremeno (GE), dalla località Castellaro o Castellazzo.

 

Secondo la teoria classica (Aubouin e Brousse 1977, vol. II, pp. 476-477 e fig. 254), sul versante orientale di questa valle finisce la formazione geologica degli Appennini e su quello occidentale - esattamente lungo l'asse Sestri Ponente-Voltaggio – inizia la formazione geologica delle Alpi. In questo caso il Bric di Mezzogiorno di Cremeno farebbe ancora parte degli Appennini.

Secondo una teoria più recente, che però raccoglie meno consensi (Elter e Pertusati 1973), la formazione geologica delle Alpi comincerebbe più a est, comprendendo l'intero gruppo del M. Antola. In questo secondo caso il Bric di Mezzogiorno di Cremeno farebbe già parte delle Alpi.

La citata tavoletta IGM 1:25.000 riporta la collina con l’orònimo M. Cucco (q.m. 337 s.l.m.) e la “CTR (= Carta Tecnica Regionale) 1:50.000 n. 213-230 Genova” con quello di Bric du Ventu (q.m. 340 s.l.m.), ma gli abitanti del posto e della vicina Manesseno la chiamano Bric di Mezzogiorno.

Bric è nome molto comune nei dialetti liguri e secondo taluni autori deriverebbe da una radice pre-indoeuropea *bric significante monte, cima montuosa e simili. Tutt'oggi in dialetto ligure è comune l'espressione <andà pe' bricchi>, ossia <andare per monti>.

Come si può vedere facilmente sulle due carte citate, la collinetta si trova (Pianta n. 1):

a) quasi sul meridiano della moderna chiesa di Manesseno;

b) esattamente su quello delle case Castellazzo e Forneri;

c) a soli 0°00’09,5" a est del meridiano passante per l’antichissima chiesa di Cremeno[3].

Essendo la sua costante locale pari a 0h 24m 19,27s, il mezzogiorno vero o locale o astronomico si verifica, nei vari giorni dell'anno, tra le ore civili 12h 08m e le ore 12h 38m in funzione della relativa equazione del tempo.

La zona è di notevole importanza archeologica.

A circa m. 750 a SW del bricco sorgeva, in località Càmpora di Geminiano, una stazione a tegoloni di età romana (d'Ambrosio, 1985 b, pp. 70-72).

A km. 3,750 a Nord, sul versante settentrionale della valle del torrente Secca, in località S. Cipriano sorgeva un castellaro ligure del IV secolo a. C. (d'Ambrosio, 1985 a, pp. 49-69).

Infine, secondo Edilio Boccaleri (Boccaleri 2002a, 2002b) il Bric di Mezzogiorno si trova sul percorso dell'antica via consolare Postumia che congiungeva Genua con Aquileia passando per Libarna e Dertona (oggi Tortona). Nella ricostruzione di Boccaleri la via consolare risaliva la collina di Granarolo; raggiungeva i Piani di Fregoso; continuava a mezza costa fino al Bric di Mezzogiorno toccando la stazione a tegoloni di Càmpora di Geminiano; scendeva al guado del torrente Sardorella alla sua confluenza con il torrente Secca; risaliva la collina di S. Cipriano presso il castellaro ligure protostorico; giungeva alla località Pons ad Decimum (attuale Pontedecimo); risaliva fino a Langasco, identificata come il castello dei Ligures Langenses Viturii della Tavola di Polcevera e valicava l'Appennino, scendendo poi a Libarna, attraverso il Passo della Bocchetta, che, fino al XIX secolo quando fu aperta la via del Passo dei Giovi, fu il più importante dell'Appennino genovese: di qui passò la salma di S. Agostino quando fu traslata fino a S. Pietro in Ciel d'Oro a Pavia.

La Tavola di Polcevera (Pastorino, a cura di... 1995), conservata a Villa Durazzo Pallavicini, sede del Civico Museo Archeologico di Genova, è una sentenza emessa dal senato romano il 15/12/117 a. C. per dirimere una controversia, patrocinata dai fratelli Quinto e Marco Minucio Rufo, sui confini tra gli agri privati e pubblici dei Ligures Genuates e dei Ligures Langates (o Langenses) Viturii. Il testo della sentenza fu inciso su tre tavole bronzee, una delle quali fu rinvenuta nel 1506 in località Isola, km. 2,250 in linea d’aria a NE del Bric di Mezzogiorno. La tavola è di somma importanza sia per la conoscenza dell'antica lingua ligure sia per la ricostruzione del territorio. Da essa sappiamo, per esempio, che la Via Postumia attraversava l'agro privato dei Langates.

Attualmente gli unici reperti archeologici visibili in superficie sul Bric di Mezzogiorno sono due trincee scavate a zig zag nel terreno per qualche decina di metri ed attribuibili, secondo alcuni, alle guerre austro-genovesi del XVIII secolo. Per il resto, la cima è coperta da un bosco rado e parzialmente invasa da rovi.

Sappiamo però da due atti notarili del 1020 e del 1026 - actum infra castro Carmandino feliciter il primo e actum castro Carmandinum il secondo - che in località Carmandinum sorgeva il castello dei visconti di Genova. Il firmatario di questi due atti fu, con sua moglie Gilberga, Windo (o Indo = Guido) II, nipote di Ydo I (= Guido) citato in un documento del 952 quale proprietario di una vigna presso la basilica di S. Siro (tutt'ora esistente) e vicecomes <…vinea quae tenet Ydo vicecomes…>: egli era cioè il visconte del comes Oberto, allora titolare della Marca Obertenga cui Genova apparteneva (le altre due marche in cui era divisa la Liguria, sempre in senso N-S, erano quella aleramica e quella arduinica). Questi documenti dimostrano che nel secolo X a Genova risiedeva un visconte e che almeno nel secolo XI, se non prima, il castello viscontile era in Carmandinum, ossia in Cremeno. Secondo alcuni autori, dalla famiglia dei Carmandino, che mutuò il proprio cognome dalla località di residenza, derivarono poi, con altri cognomi in parte derivati dalle località di residenza, quasi tutte le famiglie nobili genovesi, mentre i Carmandino come tali, più tardi decaduti, si estinsero nel XVI o nel XVII secolo (Atti della Società Ligure di Storia Patria, vol II, parte I, Genova, 1870).

Secondo dom Domenico Cambiaso, parroco di Cremeno agli inizi del XX secolo, il castello viscontile dei Carmandino sorgeva in località Castellazzo o Castellaro di Cremeno (Cambiaso 1907, pp. 17-23); oggi vi sorge una vecchia casa colonica - la più antica del paese a detta degli abitanti - sulla cui facciata meridionale troneggiava, prima del deturpante restauro cui fu sottoposta negli anni '90, una meridiana (foto n. 2).

 

Pianta n. 1 (M. Codebò).

 

Foto n. 2 (M. Codebò): Casa Castellazzo di Cremeno, parete meridionale. La macchia bianca

circolare è quanto restava della

meridiana.

Una ricerca condotta da Henry De Santis all'Archivio di Stato di Genova ha dimostrato che l’orònimo Monte di Mezzogiorno (anche sotto le varianti Monte di Mezzo Giorno e Monte Mezzano) era già presente nel 1798.

Ecco quanto scrive il De Santis:

<<CATASTI DESCRITTIVI SUL BRIC DEL MEZZOGIORNO[4].

I dati seguenti sono stati estrapolati dai catasti descrittivi di Cremeno, Brasile e Casanova iniziati nel 1798 e chiusi probabilmente nel 1814. I tre catasti sono in un unico registro. (Archivio di Stato di Genova - Fondo catasti - n. di registro generale 12).

Estratto dal «Cattastro de beni dello comune sotto la municipalità di Cremeno S.Pietro»:

Settembre 1798 – della proprietà di Antonio Rizzo: «terra castagnativa fruttiva e salvatica con casa luogo detto il castellaro. Confina da tramontana e mezzo giorno Bartolomeo Canale; da levante e ponente li eredi Cambiaso. Cannette 76 longhezza e 60 larghezza. Denonciato per lire 12500.» (pag. 7. N. prog. 34).

Settembre 1798 – della proprietà di Niccolò Pittaluga: «piccola parte di casa luogo detto il castellaro. Confina da tutti i lati con li detti eredi Cambiaso. Valutato £ 25». (pag. 8. N. prog. 36).

I Periti sono Nicolò Romairone della parrocchia di Murta e Giò Batta Pittaluga di Cremeno.

Settembre 1798 – della proprietà di Bartolomeo Canale: «terra vignetiva e boschiva luogo detto il castellaro e valle. Confina da tramontana Antonio Rizzo, da mezzo giorno il fossato, da levante li eredi Cambiaso e ponente Cipriano Passano. Cannette 75 longhezza e 30 larghezza, valutato lire 600 (detti periti).» (pag. 28. N. prog. 131)

Settembre 1798 – della proprietà di Cesare Doria: «terra castagnativa e salvatica luogo detto di monte di mezzogiorno. Confina da levante li eredi Cambiaso e Gio Batta Passano, da tramontana li eredi di Gio Batta Bazzolo, da ponente li stessi beni e da mezzo giorno Gio Batta Passano.

Cannelle 150 longhezza e 120 larghezza. Estimato £ 1100 (stessi periti) ». (pag. 32. N. prog. 148).

Parlando di un’altra proprietà di Cesare Doria, del settembre 1798: «terra castagnativa e salvatica in luogo monte mezzano o sia di mezzo giorno. Confina da levante Andrea Durante, da tramontana Filippo Airolo, da ponente G.B. Passano e mezzo giorno le Comunaglie della Parrocchia di Brasile. Cannette 65 longhezza e 80 larghezza. L.425. (stessi periti)». (pag. 32. N. prog. 149).

Parlando sempre di un’altra proprietà del suddetto Doria, denunciata anch’essa nel settembre 1798: «terra vignetiva castagnativa e salvatica di luogo detto monte di mezzo giorno. Confina da levante e tramontana Carlo Poggi, da ponente Giacomo Roncallo e da mezzo giorno le Comunaglie di Geminiano. Cannelle 70 longhezza e 40 larghezza.

L 700 (detti periti)». (pag. 33. N. prog. 150).

La parte del volume relativa a Cremeno è firmato in calce da tali “Angelo Rizzo membro della municipalità dell’anzidetto comune et Bartolomeo Canale e Giuseppe Pedemonte socii suddetto Angelo”.

Dal catasto del comune di Brasile, sempre nel volume 12:

Da una denuncia del 6 settembre 1798, sulla proprietà di Cesare Doria nel citato comune: «terra vignetiva fruttiva prativa e seminativa castagnativa salvatica con alberi di marrone[5] luogo detto il monte cucco[6]. Confina da tramontana li siffatti beni che sono nella parrocchia di Cremeno in parte detto Doria[7] il fossato, in parte gli eredi di Stefano Pagano, a mezzogiorno Agostino Fiesco a ponente li Monaci Certosini ed in parte Gio Batta Passano. Cannelle 200 larghezza, 300 lunghezza, estimato £ 13500». (pag. 11. N. prog. 54).

I dati seguenti sono stati invece estrapolati dal catasto descrittivo delle “parrocchie” di Cremeno, Brasile e Casanova del 1831. Il volume, successivo al precedente, si intitola: “Nuovo volume del catastro dell’anno 1798 col nome degli odierni possessori de beni...(omissis) 1831.a” (Archivio di Stato di Genova - Fondo catasti - n. di registro generale 13).

Nel rinnovato catasto si riscontrano alcune differenze, sia nelle proprietà che nei toponimi.

Nella parte di Cremeno si riscontra che:

a)  La proprietà di Angelo Rizzo di cui al numero 34 – pag.  7 del volume 12 è passata ad un certo Grondona Niccolò Girolamo di Genova, con numero progressivo 59 a pag.  38; nulla è invariato nel toponimo “il castellaro”.

b)  La piccola proprietà di Niccolò Pittaluga, di cui al numero 36 a pag. 8, è sostanzialmente confermata, in quanto è passata ad un erede diretto, con il nuovo numero progressivo 83 a pag. 47; anche in questo caso si riconferma il toponimo “il castellaro”.

c)  La proprietà di Bartolomeo Canale, di cui al numero 131 a pag. 28, è diventata proprietà di un certo Morando Agostino Giuseppe, oste a Bolzaneto, con il nuovo numero 62 a pag. 38; il toponimo “il castellaro” rimane invariato.

d)  Le terre di Cesare Doria sono ora presumibilmente di una parente o della moglie, tale Doria Pallavicini Maria Oriettina, ed i tre lotti posti in località Monte di Mezzogiorno di cui ai numeri 148, 149 e 150, nelle pagg. 32-33 del vecchio catasto, sono contraddistinti, nel nuovo catasto, rispettivamente, dai numeri 57, 58 e 59 e si nota un leggero cambio del toponimo in “Monti di Mezzogiorno”.

Nella parte di Brasile si riscontra, dalla denuncia del 6 settembre 1798, che:

a)  La proprietà di Cesare Doria in questa parrocchia - di cui al numero 54 - pag.  11 del volume 12 è anch’essa della summenzionata Doria Pallavicini Maria Oriettina con numero progressivo 18 a pag. 8, con la leggera variazione del toponimo in “Montecucco”.

Le descrizioni dei terreni del catasto n. 13 sono sostanzialmente uguali a quelle del volume precedente. Tutte le variazioni presenti sono riportate nelle righe soprastanti.

Da segnalare che nel volume 13 sono segnati, a fianco di ogni proprietà descritta, alcuni numeri posti in una colonna denominata “numero dell’antico catastro o registro di mutazione”, non presente nel precedente catasto, che non hanno alcun riscontro con i numeri progressivi presenti nel citato volume n.12.

Ciò potrebbe far ipotizzare l’esistenza di un catasto precedente ai due presi in considerazione o di un’altra pubblicazione di cui si sono perse le tracce, considerato che relativamente a Cremeno, più indietro del 1798 non si riesce a risalire.>>

La venuta a Genova dei futuri Carmandino - poiché sembra certo che essi non fossero genovesi d'origine - può forse spiegarsi con la necessità di risollevare le sorti della città devastata dal terribile saccheggio musulmano del 935~936 e sempre soggetta ad analoghe incursioni. La scelta di Carmandinum come sede viscontile appare strategica, in quanto la località è nascosta alla visuale dal mare ma ubicata lungo la via Postumia. Il castello si trovava così in posizione perfetta per sfuggire alle incursioni piratesche e per inviare prontamente richieste di soccorsi alle guarnigioni militari dell'oltregiogo.

Si può quindi ragionevolmente inferire che il Bric di Mezzogiorno di Cremeno servisse da meridiana naturale agli abitanti del locale castello viscontile (foto n. 3).

Foto n. 3 (M. Codebò).

Mezzogiorno vero al Bric di Mezzogiorno di Cremeno (GE): il Sole è sulla verticale della vetta.

 

2.2) Il Monte di di Mezzogiorno di Stellanello (SV)

lat. 43°59'02,29''; long. 0h 32m 14s E; q. m. 756 s.l.m.; cost. loc. +0h 27m 46s; GPS Magella 310 con WGS84.

La cima, nominata nella cartografia dell’Istituto Geografico Militare Italiano come “Monte Mezzogiorno”, ricade nel Comune di Stellanello (SV), il cui territorio è composto da diverse frazioni distanti fra di loro.

A partire dal XII sec. e fin verso la metà del XIII sec., Stellanello fu un feudo dei Marchesi Del Carretto e, successivamente, ceduto ai Doria. Nel 1735 fu annesso al Regno di Sardegna, quindi, passò sotto il Regno d'Italia nel 1861.

Il monte Mezzogiorno presenta all’osservatore una cima maggiore, iniziale oggetto della ricerca, ed un’anticima, di quota più bassa, posta sulla sinistra.

 

Foto n. 4 (H. De Santis).

Il monte di Mezzogiorno (al centro) e la sua anticima (a sinistra).

Inizialmente, l’indagine è consistita nel tracciare sulla cartografia I.G.M. la linea meridiana, partendo dalla cima, in direzione sud-nord, allo scopo di verificare se lungo il predetto asse si incontrassero edifici o emergenze di rilievo storico-culturale. Questa ricerca ha dato esito negativo in quanto, lungo il meridiano, si incontra soltanto l’abitato della frazione di Rossi, composto da edifici di moderna costruzione.

In data 28.02.2009, è stato effettuato un sopralluogo sul posto, con osservazione del Sole al mezzodì vero, che ha confermato quanto sopra ipotizzato.

 

Foto n. 5 (H. De Santis).

Osservazione del mezzodì vero locale, in frazione Rossi, alle ore 12:40:16 del 28.02.2009.

 

Come si può evincere dall’immagine, il sole non culmina esattamente sulla cima ma rimane spostato, sia pure di poco, sulla sinistra.

 

Tale risultanza ha portato, inizialmente, alla formulazione di due distinte ipotesi, in palese contrasto fra loro:

a)         il monte aveva una funzione meridiana “sic et simpliciter” nonostante la non perfetta verticalità dell’astro al suo culmine;

b)         la cima utilizzata quale meridiana era diversa da quella principale.

 

Da ulteriori ricerche effettuate è emerso che, nelle immediate adiacenze della frazione Rossi, in località San Gregorio, nei pressi dell’attuale cimitero, si ergono alcuni imponenti muraglioni, resti del castello edificato dai Clavesana fra il XII e il XIII secolo.

 

 

Foto n. 6-7 (H. De Santis).

I ruderi del castello

 

La scoperta dei ruderi ha imposto l’esecuzione di nuovi rilievi cartografici, dai quali è emerso che il castello è stato edificato, pressoché esattamente, lungo la linea meridiana che attraversa l’anticima del Monte Mezzogiorno.

La presenza del castello può, quindi, fornire l’ennesimo trat-d'union tra un luogo d’insediamento “colto” e l’uso dell’orografia con funzioni meridiane, riscontrato ormai comunemente nei territori rurali appenninici, alpini e prealpini (Codebò 1994, 1997c, 2006; Codebò - De Santis 2003; De Santis 2005).

Detta ipotesi implica, inoltre, lo slittamento della posizione del toponimo, erroneamente puntualizzato nella cartografia ufficiale.

Foto n. 8 (H. De Santis).

L’anticima del monte Mezzogiorno vista dai ruderi del castello.

 

Allo scopo di verificare l’ipotesi è stato effettuato un ulteriore sopralluogo, teso ad osservare il culminare del Sole al mezzogiorno vero del 10 aprile 2010 (ore 13:29:04), ponendosi sulla linea meridiana che congiunge l’anticima ai ruderi del castello.

L’osservazione ha dato esito positivo poiché il sole è culminato esattamente sulla verticale del cocuzzolo.

 

Foto n. 9 (H. De Santis).

Il Sole, al suo culmine, sulla verticale dell’anticima, visto dai ruderi del castello.

Sulla destra, la cima principale del monte di mezzogiorno

La verifica, effettuata sul campo, ha consentito di dimostrare, con ottime probabilità, che l’insediamento “colto” da cui si utilizzava il Monte, con funzione di meridiana, era proprio il castello.

Quello che al momento rimane ignoto è quando sia effettivamente avvenuto lo slittamento del toponimo.

Allo scopo sono state effettuate dalla dott.ssa Eleana Marullo, dottore di ricerca in toponomastica storica, approfondite ricerche presso l’Archivio di Stato di Torino che hanno consentito di accertare che nella cartografia napoleonica il toponimo era già slittato.

 

2.3) Il Carmu du Mezudì o Carmo Langàn (IM).

Lat. 43°57'56,92''N; Long. 0h 30m 56,85s E; q. m.1204 s.l.m.; cost.loc.+0h 29m 03,15s; GPS Magellan 310 con WGS84.

Già oggetto di segnalazione (De Santis 2005, p. 49), il monte è censito dalla cartografia ufficiale come Carmo Langan ed è utilizzato dagli abitanti della frazione di Cetta (comune di Triora – IM) come indicatore del mezzogiorno vero.

La scoperta della cima si deve ad una raccolta manoscritta di toponimi effettuata dal ricercatore Bruno Olindo[8], scomparso nell’anno 2005.

 

Foto n. 10 (H. De Santis).

Il Carmu du Mezudì fotografato dalla frazione di Cetta.

 

3) Alpi Marittime, Cozie e Graie

3.1) Il Bric di Mezzodì della Valcasotto (CN)

lat. 44°12'17"N; long. 0h 31m 39,2s E; q. m. 1932 s.l.m.; cost. loc. +0h 28m 21s; tavoletta IGM 1:25000 n. 91 I SE Valcasotto, ed. 4.

Foto n. 11 (M. Codebò): il Bric di

Mezzodì e la cascina La Grangia

E' una cima (foto n. 11) della cresta che si stacca a settentrione dal M. Antoroto. Domina l'alta Valle Casotto, nel comune di Pamparato. Il nome della valle deriva da Vallis Casularum, dove le casulae erano le capanne (o casotti) degli eremiti - fra i quali il Beato Guglielmo Fenoglio da Valsorda - che nel secolo X abitavano la valle. La riforma certosina di S. Brunone da Charteuse, nel Delfinato, fu accolta da questi eremiti che ottennero il riconoscimento dell'appartenenza all'ordine verso il 1150. Nel 1172 edificarono una chiesa e nel 1297 un vero e proprio monastero che, dopo varie vicissitudini - fra cui tre incendi e la soppressione napoleonica degli ordini religiosi del 1802 che ne decretarono l'abbandono e la rovina - fu acquistato dai Savoia che ne fecero un castello ed un casino di caccia. Infine fu venduto a privati da re Umberto I e recentemente è stato oggetto di scavi archeologici (AA. VV. 1990). Attualmente è aperto al pubblico per visite guidate (AA. VV. 1994, vol. III, pp. 263-264).

La Val Casotto fu oggetto di scorrerie saracene con partenza da Frassineto (attuale St. Tropez) che giunsero, nel 920, all'assedio del castello di Pamparato. Dalle vicende di quell'assedio o dalla fertilità dei terreni deriverebbe l'espressione latina panis paratus, da cui il moderno nome Pamparato (AA. VV. 1995, vol. V, pp. 247-248)

La raccolta di queste notizie e uno sguardo alla carta topografica fecero subito pensare che il Bric di Mezzodì segnasse il mezzogiorno vero per i monaci della certosa, ma un successivo sopralluogo effettuato da Codebò con Piero Barale e Silvana Barezzi (foto n. 5) dimostrò che il bricco non era visibile dalla ex-certosa. Tuttavia il meridiano tracciato sulla tavoletta IGM passava per la cascina La Grangia e per la località I Perrini.

 

Foto n. 12 (M. Codebò): P. Barale e S. Barezzi in un momento delle misurazioni in località I Perini

Foto n. 13 (M. Codebò): un particolare dell’architettura di cascina La Grangia

 

La seconda è una casa colonica, ma la prima (foto n. 11) è una struttura, oggi pressoché disabitata, di notevoli dimensioni e di complessa struttura (foto n. 13). Si tratta probabilmente dell'antica grangia che costituiva una componente essenziale del monastero certosino: era il luogo, interdetto ai monaci professi ed aperto solo ai laici ed ai novizi, in cui si svolgevano tutte le attività agricole destinate al sostentamento comune.

Con l'occasione del citato sopralluogo, si sono anche misurati gli orientamenti dei ruderi del castello di Pamparato e della cappella di S. Bernardo, non trovando però alcun orientamento significativo. Tuttavia nella cappella si sono notati alcuni graffiti (foto nn. 14, 15, 16) che potrebbero essere antichi. Essi si trovano sulla linea dipinta che, ad altezza d'uomo e perimetralmente, divide in una parte inferiore ed in una superiore le decorazioni pittoriche dei muri interni della cappella.

 

Foto n. 14 (M. Codebò)

Foto n. 15 (M. Codebò)

Foto n. 16 (M. Codebò)

 

3.2) Il M. Midìa di Acceglio (CN)

lat. 44°27'33"N; long. 0h 27m 55,67s E; q. m. 2128; cost. loc. +0h 32m 05s ; tavoletta IGM 1:25000 79 III NO Prazzo.

Questa montagna meridiana fu studiata da Codebò nell'aprile 1999 e riservò una sorpresa. Si era supposto che il luogo da cui veniva osservato il passaggio in meridiano del Sole fosse il castello di Acceglio, le cui coordinate sono: lat. 44°28'31"N; long. 0h 27m 57s E; q. m. 1261 s. l. m.

Il castello, che prese il nome di Forte della Torre per la presenza di una massiccia torre quadrata (AA.VV. 1993a, pp. 7-8), fu costruito tra la fine del XV e gl’inizi inizi del XVI secolo da Ludovico II, marchese di Saluzzo (AA.VV. 1982, p. 72; 1983,p. 93; Boggia P. e G. 1989,p. 160), o forse già nell'XI dal marchese Manfredi Oderigo del comitato di Auriate, il quale cita per la prima volta il toponimo Cilium in un suo atto notarile di donazione, datato 1028, a favore del monastero di Caramagna (Piovano e Fogliato Cigna 1976, pp. 33-34). Di certo Acceglio appartenne, in successione cronologica, ai marchesi Busca, a quelli di Saluzzo, al regno di Francia dal 1548 al 1601, al ducato di Savoia (Bruno 1996, p. 30).

Oggi del castello, che fu importante centro militare (Casalis 1833, pp. 34-35) e anche roccaforte dei calvinisti in lotta con i cattolici (AA.VV. 1993a, pp. 7-8; Piovano e Fogliato Cigna 1976, pp. 33-34), non restano che un muro sulla rupe che domina il paese moderno.

L'osservazione del mezzogiorno vero fu eseguita il giorno 04/04/1999 dal piano del castello alle ore 13h 35m di ora estiva, essendo la costante locale di Acceglio pari a +0h 32m 05s e l'equazione del tempo al mezzogiorno UT del 4 aprile 1999 pari a +03m 06s.

La sorpresa fu vedere il Sole sulla verticale del M. Midìa Sottano anziché su quella del M. Midìa Soprano, come previsto (foto n. 17). Chiesti chiarimenti in loco al Sig. Pilotto, gestore del bar Parigi e della locale pompa di benzina ed al Sig. Gian Marco Barali, allora sindaco di Acceglio, risultò che era ben noto agli abitanti del posto come la vetta meridiana fosse il M. Midìa Sottano, localmente chiamato Midìa Picciota. Era dunque chiaro che l’orònimo Midìa esprimeva effettivamente la funzione astronomica della montagna vista da Acceglio ma anche che esso era migrato, contrariamente al solito, verso l'alto, evidentemente per una sorta di attrazione esercitata dalla vetta maggiore su quella minore.

 

Foto n. 17 (M. Codebò): il Sole culmina sulla verticale della Midìa Picciota (a sinistra) al mezzogiorno locale

3.3) Altre montagne meridiane del Cuneese

Grazie alle preziose indicazioni di Piero Barale e ad una ricerca sui volumi della Guida dei Monti d'Italia del C.A.I. – T.C.I., è stato possibile individuare un'altra ventina di montagne meridiane nella Provincia Granda, senza però poterle studiare nel dettaglio. Fra esse:

Becco del Mezdì: cima della Serra del Lausetto nel Parco Nazionale delle Alpi Marittime; sembra essere la montagna meridiana della località S. Bernardo nel vallone del Desertetto;

Beccàs del Mezzodì, q. m. 1931: montagna meridiana per gli abitati della Val Verde - in particolare Saret - collaterale della Val Grana;

Bocchetta del Mezzodì, q .m 2229: sul meridiano di Saretto, in alta Val Maira;

Punta del Mezzogiorno, q. m. 2006: sul meridiano delle frazioni Ghio, Assarti e S. Margherita, ubicate lungo la carrozzabile per il colle di S. Margherita;

Col de Miejour, q. m 2658, e Tête de Miejour, q. m. 2689 (entrambi in Francia): sul versante settentrionale dell'Aiguille de Chambeyron, lungo il meridiano per le frazioni Maljasset, Maurin e Combe Bremond. Essendo il colle più basso della Tête, è evidentemente quest'ultima la montagna meridiana ed il colle ha assunto la stessa denominazione per attrazione, come si vedrà bene a proposito della Valle de Mesdì nel Gruppo del Sella in Sud Tirolo;

Roche de Miejour, q. m. 2329 (in Francia): sul meridiano della frazione di St. Paul;

Cumbal del Mesjour: sul meridiano di Casteldelfino, in Val Varaita. E' interessante notare come in questo caso la funzione meridiana non sia assolta da una cima montuosa ma da un vallone o comba, sulla verticale del quale culmina il Sole al mezzogiorno locale rispetto a questo antico castello del Delfinato.

 

3.4) La Guglia del Mezzodì di Bardonecchia (TO)[9]

lat. 45°01'16"N; long. 0h 26m 45s E; q. m. 2621 s.l.m.; cost. loc. +0h 33m 15s; foglio IGM 1:100000 n. 54 Bardonecchia.

Già nota fin dal XVIII secolo come Eguille di Mijour (Aruga, Losana e Re 1985, p. 121), domina con la sua sagoma appuntita tutta la conca di Bardonecchia.

In un primo tempo si era supposto che il punto di osservazione fosse il castello di Bardonecchia (foto n. 18), sito in posizione strategica alla confluenza degli antichissimi sentieri del colle del Frejus e del colle della Rhô. Ma l'osservazione diretta al mezzogiorno locale dimostrò che esso era troppo ad est e che il punto di osservazione era da cercarsi nella frazione Mélezet, a km. 2,75 a SW. Ciò fornisce un preciso termine post quem per datare la nascita dell’orònimo. Infatti Mélezet fu ricostruito nella sede attuale, giudicata più sicura della precedente, e costituito in comune autonomo in data 07/04/1487. Della vecchia sede, distante km. 1,2 verso SW, resta la chiesa di S. Sisto Papa, con affreschi quattrocenteschi (Balbiano d'Aramengo 1983, p. 42). E tuttavia si può asserire che la Guglia di Mezzodì abbia da sempre costituito un punto di riferimento per tutta la valle - in particolare per i viaggiatori transitanti per il colle del Frejus che si trova pressappoco sullo stesso meridiano verso nord - a motivo della sua estrema visibilità e della sua inconfondibile sagoma.

La conca di Bardonecchia, racchiusa tra gl’importantissimi valichi del Monginevro a Sud e del Moncenisio a Nord, fu abitata fin dal Neolitico e fu crocevia d'importantissimi percorsi. I colli della Scala, del Frejus, e, soprattutto, della Rhô furono utilizzati certamente almeno fin dall'età romana, come dimostrano i ritrovamenti archeologici. Nel 58 a. C. le legioni di Giulio Cesare passarono dalla Val di Susa dirette in Gallia. Le epoche successive videro parecchi avvenimenti, fra cui le invasioni saracene del secolo IX e le guerre di religione del XVI secolo fra cattolici e valdesi. Ancora oggi il dialetto locale è basilarmente un provenzale (Balbiano d'Aramengo 1983, pp. 23-25).

Fotro n. 18 (M. Codebò): il castello di Bardonecchia e, sullo sfondo, libera da nubi, l’Eguille di Mijour

 

3.5) Altre montagne meridiane del Piemonte.

Nell'alta Valle di Rochemolles, il Bric del Mezzodì, q. m. 2904, il Colletto del Mezzodì, q. m. 2853, e la Cresta Levi-Mezzodì, q. m. 3077, hanno costituito un enigma fino all’agosto 2007 perché sui loro meridiani verso Nord non si trova alcuna abitazione; anzi qui il terreno diviene particolarmente impervio e la cresta di confine, coperta da ghiacciai fino ad alcuni anni fa, non presenta valichi importanti. Si era perciò supposto che fossero nomi imposti recentemente da topografi militari e/o da alpinisti. Dopo la scoperta, nell’agosto 2007, della funzione meridiana anche per un passo alpino, come vedremo più avanti a proposito del Bech de Mezdì del Passo di Camplongo, è ipotizzabile che anche gli orònimi di Rochemolle svolgessero la loro funzione meridiana nei confronti d’itinerari di transumanza e/o di viaggio un tempo importanti. Considerato infatti che l’estensione attuale dei ghiacciai risale alla Piccola Glaciazione iniziata circa nel XVI secolo e terminata circa nel XVIII, dal Colletto del Mezzodì privo di ghiaccio si raggiungeva, come ha notato Ariella Pennacchi, l’importantissima strada del Colle del Moncenisio.

Punta del Mezzodì, q. m. 2640, sul meridiano di Gravere, Mollare ed Essimonte in Val di Susa;

Punta di Mezzodì, q. m. 2777, sul meridiano di Malenghi, Gillo e Foresto, in Val di Susa;

Bric di Mezzogiorno, q. m. 2986, nel Parco Naturale della Val Troncea. Non è chiaro se sia visibile dal lontano abitato di Fraisse (sul cui meridiano si trova) in Val Chisone o se invece sia in relazione con il Pian di Fea Nera (che potrebbe avere svolto una funzione analoga al dolomitico Piano di Fedaia come luogo d’incontro tra le popolazioni della Val Germanasca e della Val Chisone) nell’ambito di quella funzione meridiana dei passi alpini e delle vie di transumanza scoperta, come si è detto, nel 2007 per il Bech da Mezdì del Passo di Campolongo (crf. infra).

Punta Midì o Muret, q. m. 2210, sul meridiano dell'abitato di Chasteiran nel Vallone di Bourcet in Val Chisone;

 

4) Alpi Graie

Risulta esistere una sola montagna meridiana, per altro celeberrima: l'Aiguille du Midì, q. m. 3842, sul M. Bianco. Sul suo meridiano a Nord si trova la frazione Les Praz di Chamonix.

 

5) Alpi Pennine e Lepontine

Fin’ora non sono state studiate le montagne meridiane lombarde. Quelle qui di seguito citate sono state solo ricavate dalle carte topografiche e dalle Guide dei Monti d'Italia del C.A.I.-T.C.I. e probabilmente si tratta di un elenco incompleto.

5.1) Il Pizzo di Mezzodì, q. m. 2222, approssimativamente sul meridiano dell'abitato di Cerentino, nella valle svizzera di Campo;

5.2) Il Pizzo di Mezzodì, q.m. 2383, sul meridiano dell'abitato di Trasquera, in Val Divedro;

5.3) Il Piz Mezdì, q. m. 2992, sul meridiano dell'abitato di Celerina, km. 2,5 da St. Moritz, in Svizzera;

5.4) Due non meglio identificati Pilastro di Mezzogiorno, q. m. 500, e Croz de Mezdì, q. m. 1665, tra il lago d'Iseo ed il lago di Garda;

5.6) Il Corno di Mezzodì, q. m. 2966, sul meridiano dell'abitato di Vione in alta val Camonica;

5.7) Il Monte di Mezzodì, q. m. 2502, pressappoco sul meridiano dell'abitato di Temù, in alta Val Camonica. A NE di esso si apre la piccola Valle di Mezzodì, a meridione dell'abitato di Temù;

 

6) Alpi Retiche, Noriche e Dolomitiche (Triveneto)

E' nel NE dell'Italia che si concentra il maggior numero di montagne meridiane dell'arco alpino, con orònimi relativi anche ad altre ore sia del mattino che del pomeriggio. Sembra però che questi ultimi siano aggiunte più recenti, forse per analogia. Infatti, mentre il mezzogiorno è sempre lo stesso nel corso dell'anno, con la piccola differenza della E.T., le altre ore diurne presentano spiccate differenze stagionali, essendo sensibilmente più brevi in inverno e più lunghe in estate a motivo del differente arco diurno percorso dal Sole. Così, mentre una Cima Dodici segna sempre il passaggio in meridiano del Sole in qualunque stagione, cime del tipo Undici, Dieci, Uno (del pomeriggio, cioè tredici), ecc. corrispondono al passaggio del Sole sulla loro verticale solo in limitati periodi dell'anno (come fu facile verificare ripetutamente). A loro difesa si potrebbero invocare le ore uguali, in uso anche in Italia da tempi abbastanza remoti, ma anche i riscontri documentali orientano di più, come vedremo, per acquisizioni piuttosto recenti, probabilmente di origine militare.

 

6.1) Le Ore Solari della Val Roja (Rojener Sonnenuhr) (BZ)

Cima 10 (Zehnerkopf) lat. 46°47'20"N; long. 0h 41m 58s E; q. m. 2679; cost. loc. +0h 18m 02s;

Cima 11 (Elferspitze) lat. 46°46'37"N; long. 0h 41m 57s E; q. m. 2925; cost. loc. +0h 18m 03s;

Cima 12 (Zwölferkopf) lat. 46°46'55"N; long. 0h 41m 55s E; cost. loc. +0h 18m 05s;

Foglio IGM 1:100000 n. 3 Passo di Resia.

Sono tre cime (foto n. 19) della Val Roja, confluente da occidente nell'alta Val Venosta all'alteza del paese di Resia.

Il punto di osservazione del mezzogiorno vero è costituito dalla cappella di S. Nicola, le cui coordinate sono:

lat. 46°48'17"N; long. 0h 41m 54s E; q. m. 1968; cost. loc. +0h 18m 06s.

Da qui gli azimut topografici (ricavati dalle carte citate) delle tre cime sono:

Cima Dodici: 179°~180°;

Cima Undici: 167°~168°;

Cima Dieci: 151°.

Quelli magnetici, da Codebò misurati il 05/08/2002 dal vecchio ingresso della chiesa allorché la declinazione magnetica era calcolata in 0°59' 37,2"E dal programma GMF_2000 dell’I.G.M. - I.N.G.V. allegato alla Carta Magnetica d’Italia ed. 2001, sono:

Cima Dodici: 177°;

Cima Undici: 167°;

Cima Dieci: 148°;

e quelli misurati dal nuovo ingresso:

Cima Dodici: 175°;

Cima Undici; 165°;

Cima Dieci: 148°

Gianni Bodini, operatore culturale della Val Venosta, riferisce le seguenti informazioni:

<…la data di costruzione della chiesa è ignota, ma la si fa risalire al XIII secolo. Nel XV fu ampliata ed arricchita di affreschi, fra cui alcuni simboli solari, Ma il ciclo più importante è quello degli episodi della vita di S. Nicola, vescovo di Mira[10]. In un documento del XVII secolo si afferma che a Rojen esisteva una sorgente terapeutica. In Val Venosta sono numerose le chiese e le cappelle dedicate a S. Nicola di Mira e molte di esse si trovano nei pressi di sorgenti e di corsi d'acqua (Bodini 1996, pp. 124-125, e comunicazioni personali).

Questa chiesa rappresenta un enigma: non si capisce chi e perché abbia costruito una cappella così pregevole in un luogo così isolato e lontano da abitati (le poche case nei pressi sono solo masi) e da vie di comunicazione note. Di fatto essa è una chiesa artisticamente notevole sperduta in mezzo ai pascoli di una valle secondaria ed abbastanza remota delle Alpi Retiche. Tuttavia un più attento esame cartografico della zona rivela, alla luce delle funzioni meridiane relative ai percorsi appena scoperte, una possibile spiegazione: risalendo la Rojental oltre la chiesa e imboccando la Griontal, si perviene all’attuale cresta di confine italo-svizzera, al di là della quale si trova un Piz Mezdì, q. m. 2542, a Nord del quale la Val da la Stura dà accesso alla Val d’Uina e, attraverso di questa, alla bassa Valle dell’Engadina (in cui si trova un’altra chiesa di St. Niclà). Sembra quindi trattarsi di un percorso di collegamento, ormai abbandonato, tra Alta Val Venosta e Bassa Engadina.

Come si vede dalle longitudini, la cappella giace sullo stesso meridiano passante per Cima Dodici: è stata quindi la sua presenza a dare probabilmente il nome alla montagna, mentre probabilmente i nomi delle due restanti cime sono derivate successivamente per analogia.

Il giorno 05/08/2002 è stato possibile osservare visivamente il fenomeno, nonostante le nubi, in compagnia di Gianni Bodini e di suo figlio. Essendo l'E.T. pari a +05m 59s alle ore 12h UT, il mezzogiorno locale fu calcolato alle ore 13h 24m 03s di ora estiva.

Alle ore 12h circa di ora estiva il Sole era sulla verticale di Cima Dieci, ritardando di circa un'ora sul tempo indicato dall’orònimo.

Alle ore 12h 30m circa era sulla verticale dell'azimut magnetico 163°, che non corrisponde alla vetta di Cima Undici ma al suo pendìo orientale.

Finalmente, alle ore 13h 24m di ora estiva l'astro era sulla verticale di Cima Dodici, con ho 61° (foto n. 20).

Risulta quindi evidente come solo quest'ultima montagna svolga una reale funzione di meridiana naturale e come le altre due abbiano ricevuto i loro nomi solo per analogia, in quanto vicine alla Cima Dodici.

 

Foto n. 19 (G. Bodini): da sinistra a destra, le cime Dieci, Undici e Dodici.

Foto n. 20 (G. Bodini): il Sole culmina sulla verticale di Cima Dodici al mezzogiorno locale.

 

Un'indagine svolta presso l'Archivio Provinciale di Bolzano, con la preziosa guida del dott. Cristian Kollmann, ha dimostrato che la Zwolferspitz era già presente nella mappa militare KK III inft. Truppen Division Tirol Spetial Karte n.12, ed. 1869, scala 1:144000, mentre la Eilferspitze è presente nella mappa K.V.K. Militar Geographisches Institut, Nachtr 8 II, ed. 1909, 1:200000 Glurns.

Mappe catastali austriache del 1858 citano, nel territorio rispettivamente dei comuni di Roscien e Haide (oggi S. Valentino alla Muta) le cime Zenerkopfl e Elferkopfl (quest'ultima indicata pure con il suo orònimo romancio di Planschpondanella). Secondo Egon Kühebacher la Zehnerkopf avrebbe preso tale nome solo dal 1900, mentre prima era chiamata Tiefethalkopf. Tale opinione risulta evidentemente errata poiché l’orònimo Zehnerkopfl è già presente nella catografia del 1858.

 

6.2) Le montagne meridiane della Val Martello.

Cima Undici (Elferspitze), lat. 46°32'14"N; long. 0h 43m 09s E; q. m. 2260; cost. loc. +0h 16m 51s.

Cima Dodici (Zwolferspitz), lat. 46°31'36"N; long. 0h 43m 07s E; q. m. 2680; cost. loc. +0h 16m 53s.

Cima Dieci (Zehnerspitz), lat. 46°31'20"N; long. 0h 43m 05s E; q. m. 2684; cost. loc. +0h 16m 55s.

tavoletta IGM 1:25000 n. 9 I SO Martello.

Come si può vedere dalle longitudini e dalle costanti locali, la sequenza delle tre montagne meridiane è errata: la Cima Dieci, che dovrebbe essere la più orientale di tutte - come è correttamente in Val Roja - è in realtà la più occidentale, per cui la sequenza da levante a ponente risulta: Cima Undici, Cima Dodici e Cima Dieci anziché Cima Dieci, Cima Undici e Cima Dodici, come dovrebbe.

Benché sulla citata tavoletta IGM risultino altri valori, dalla parrocchia di Martello sono stati misurati il 18/08/2004 i seguenti azimut magnetici:

verso Cima Undici Am 172°;

verso Cima Dodici Am 181°;

verso Cima Dieci Am 187~190°.

Lo stesso giorno (con E.T. +03m 45s) e dallo stesso luogo è stato possibile verificare il passaggio del Sole sulla verticale della Cima Dodici al mezzogiorno vero 13h 20m 38s (11h 20m 38s UT), come previsto.

I tre toponimi non risultano citati né nella D.O.A Ortler-Gruppe, scala 1:50000 del 1891 (dove Cima Undici è citata come Soiputz); né nella Specialkarte der Österreich-Ungar. Monarchie, scala 1:75000; né nella citata K.K. III, ecc., ed. 1869, n. 16.

L'anomala disposizione della sequenza oraria rappresentata e l'assenza degli orònimi dai documenti più antichi fanno propendere per un'attribuzione molto recente dei nomi.

 

6.3) Laces (Latsch) (BZ)

Il sito è ancora in fase di studio dal punto di vista archeoastronomico; pertanto le notizie qui riportate sono necessariamente incomplete e suscettibili di modificazioni. Qui di seguito si riferisce quanto fino ad oggi emerso.

A Laces (BZ) fu rinvenuto nel 1992 un menhir iconico in marmo locale di Lasa datato al 3300 a. C. (foto nn. 21 e 22)[11]. L'iconografia del menhir è troppo complessa e ricca per potere essere qui descritta, ma è opportuno riportare almeno la breve descrizione fattane da Gianni Bodini (lettera a Codebò del 17/01/2006):

<...Sul retro della stele si notano incisi due simboli solari e delle linee che potrebbero riprodurre, in maniera stilizzata, le due cime (Orecchia di Lepre e Cima di Lasa) dietro le quali il Sole scompare nel periodo invernale.

Inoltre la stele (della quale mancano dei frammenti) mostra una serie di linee verticali, il cui numero non è noto, attraversate da linee orizzontali …[omissis]… che dividono la superficie in quattro fasce rettangolari …[omissis]… ed ogni fascia è il doppio di quella sottostante. …[omissis]...L'unità di misura adottata viene raddoppiata. Quindi la prima fascia in basso si raddoppia nella seconda, la quale a sua volta si raddoppia nella terza ed essa si raddoppia nella quarta. …[omissis]... La fascia più alta corrisponde quindi otto volte a quella più bassa, ecc. ecc.>.

Bodini si chiede se dietro a queste peculiarità si celi un qualche tipo di calcolo. E' interessante notare che un'ipotesi archeo-matematica era già stata avanzata per un petroglifo di M. Bégo (Bicknell 1972, p. 66; Peluffo 1967) e che nella necropoli calcolitica di St. Martin de Corléans in Aosta, risalente al III millennio a. C., pare siano state utilizzate delle unità di misura per la decorazione delle statue-stele e per la costruzione delle tombe (Mezzena 1997, pp. 79-80).

Il menhir fu casualmente trovato, durante lavori di restauro, incorporato nell'altare della piccola chiesa di S. Maria al Colle (Bichlkirche), attualmente sconsacrata ed ubicata all'ingresso orientale del paese. Le coordinate della chiesa sono le seguenti:

lat. 46°37'04"N; long. 0h 43m 27s E; q. m. 639; cost loc. +0h 16m 33s (dal foglio IGM 1:100000 n. 3 Passo di Resia).

Gianni Bodini fornisce le seguenti notizie sulla Bichlkirche:

<Secondo la legenda venne fatta costruire nel 1204 dall'imperatore Enrico II e venne inaugurata dal papa Benedetto VIII. Un bassorilievo marmoreo murato all'esterno ricorda la visita dell'antipapa Giovanni XXIII in occasione del suo viaggio nel 1414 per il concilio di Costanza>.

Sempre Bodini riferisce che scavi in una casa adiacente hanno dimostrato come un'imponente massa di materiale colluviale, proveniente dal soprastante conoide di deiezione su cui si arrocca Tarres (Tarsch), abbia notevolmente ridotto in tempi moderni la sopraelevazione del colle rispetto al livello originale del suolo, sicché oggi il colle s'intuisce appena.

L'abitato di Laces è dominato dal M. Croce delle Dodici (Zwolferkreuz), sul cui meridiano si trova, a Nord, la parrocchiale del paese. Essa è:

1) a m. 200 ad W della Bichlkirche;

2) a meno di m. 100 a W della "chiesa dell'ospitale";

3) a m. 189 a E della chiesa di S. Niccolò.

Le quattro chiese si trovano poste reciprocamente in linea retta, praticamente sul parallelo locale, entro meno di mezzo chilometro, di modo che la culminazione del Sole sulla verticale del Zwolferkreuz segna il mezzogiorno vero sostanzialmente per tutte.

Le coordinate geografiche del Zwolferkreuz sono:

lat. 46°34'13"N; long. 0h 43m 27s E; q. m. 2512; cost. loc. 0h 16m 33s E (foglio IGM 1:100000 n. 3 Passo di Resia).

L'azimut magnetico verso lo Zwolferkreuz misurato il giorno 18/08/2004, con declinazione magnetica 1°10'53,4"E calcolata dal sopra menzionato programma GMF_2000, risultò:

1) 183° da S. Maria al Colle;

2) 181° dalla chiesa dell'ospedale;

3) 180° dalla parrocchiale;

4) 178° da S. Niccolò.

Quel giorno il Sole passò sulla verticale dello Zwolferkreuz alle ore 13h 20m ora locale estiva (11h 20m UT), in perfetto accordo con il valore teorico calcolato in 13h 20m 17,96s (11h 20m 17,96s UT), essendo E.T. +03m 45s.

Da S. Maria al Colle si vede pure il solco a forma di V dell'imbocco della Val Martello, i cui due estremi misurano, rispettivamente, AAmm 225° con ho 7° e 228° con ho 8°30' (foto n. 23).

Durante una precedente visita, Codebò aveva già raccolto dalla gentile guida del locale museo la testimonianza secondo cui il colle ove sorge la chiesa di S. Maria rimane illuminato dal Sole tutto l'anno, anche al solstizio invernale, mentre gran parte del paese resta completamente in ombra per settimane. Questo dato pare sia noto a tutti gli abitanti di Laces ed è uno degli esempi di come popolazioni contemporanee si tramandino ancora antiche tradizioni e conoscenze astronomiche con finalità pratiche nell'ambito di culture contadine povere.

Nel dicembre 2005 Gianni Bodini si recò sul posto per le necessarie verifiche visive.

Ecco quanto egli scrive nel suo rapporto del 23/12/2005:

<...dalle osservazioni risulta in modo inequivocabile che il colle sul quale sorge la chiesetta …[omissis]... viene illuminato dal Sole nel corso di tutto l'anno, mentre parte del paese di Laces resta in ombra per settimane.

...[omissis]… Il primo raggio colpisce, o accarezza, parte dell'abside e la parte sud alle ore 10h 27m 32s. Dal momento in cui il disco solare tocca la montagna fino a quando diventa completamente visibile passano 0h 04m 10s. Alle ore 12h 24m 30s il disco tocca per la prima volta il bordo della montagna per sparire poi lentamente dietro di essa alle ore 12h 38m 05s. Un tempo lungo dovuto alla pendenza della cresta che in parte è parallela alla traiettoria del Sole. …[omissis]... Il Sole inizia a sparire proprio dietro la Cima Dodici che sovrasta Laces...>.

I valori ricavabili dalle osservazioni di Gianni Bodini sono i seguenti:

1) azimut astronomico del Sole alle ore 9h 27m 32s UT (primo raggio sulla chiesa): Aa 154°19'18,6";

2) azimut astronomico del Sole alle ore 9h 31m 42s UT (completa visibilità del Sole dalla chiesa):

Aa 155°15'45,16"

3) azimut ed altezza astronomici del Sole alle ore 12h 24m 30s (11h 24m 30s UT) (tramonto del primo lembo):

Aa 182°09'09,62";

ha 19°55'25.49";

4) azimut ed altezza astronomici del Sole alle ore 12h 38m 05s (11h 38m 05s UT) (tramonto dell'ultimo lembo):

Aa 185°27'37,17";

ha 19°46'08,14".

Protraendo però le sue osservazioni oltre la data del solstizio, Gianni Bodini ha visto da una posizione privilegiata il fenomeno luminoso descritto dalla guida del museo: un triangolo di luce, proveniente dall'imbocco della Val Martello, lambisce Laces al tramonto del Sole (foto n. 24). Ecco come Bodini descrive il fenomeno nella stessa lettera, datata 23/12/2005 ma spedita dopo l'Epifania:

<...Ho eseguito quindi l'osservazione da lontano, ovvero da un rilievo che sovrasta Laces, sulle pendici del Sonnemberg[12]. …[omissis]...Il fenomeno del triangolo di luce dura circa un mese - dal 08/12 al 08/01 - ma proprio nella settimana intorno al solstizio non coinvolge direttamente la chiesetta del colle, ma colpisce la parrocchiale…[omissis]...Il 04/01 alle ore 15h 45m il triangolo di luce si è spento, ma in questo caso l'ultimo raggio di Sole ha illuminato la chiesetta sul colle mentre ormai la parrocchiale era in ombra>.

Dal calcolo risulta che, al momento in cui l'ultimo raggio si è "spento" proprio sulla Bichlkirche, l'azimut astronomico e l'altezza astronomica del Sole erano le seguenti:

Aa 226°06'35,33";

ha 6°52'20,64".

Questi valori corrispondono piuttosto bene a quelli previsti dalle misure che Codebò prese con bussola ed inclinometro il 06/08/2004 dal colle verso l'imbocco della Val Martello:

Am 225°; ho 7°;

Am 228°; ho 8°30'.

Le loro medie AmM 226°30' (con deviazione standard ±1,5) ed ho 7°45' (con deviazione standard ±0,75) danno un'altezza astronomica ed una declinazione del Sole pari a:

ha Sole 7°03'49"

δ Sole -22°19'26"

corrispondenti ai giorni 04/12 e 08/01 del XXI secolo d. C., cioè a quando Bodini ha "visto" la punta del triangolo di luce lambire S. Maria al Colle.

Dunque il M. Zwolferkreuz si rivela essere, contemporaneamente, sia la montagna meridiana (ora del passaggio in meridiano al 23/12/2005: 12h 15m 42s = 11h 15m 42s UT) sia il punto occaso solstiziale invernale di Laces, mentre il triangolo di luce pone in evidenza la chiesa di S. Maria al Colle poco prima e poco dopo il solstizio invernale: il colle di Laces sembra veramente un luogo privilegiato di osservazione!

 

Foto n. 21: il menhir di Laces sulla copertina della Rivista Arunda n. 59.

Foto n. 22: il menhir di Laces nell’articolo di p. 121 della rivista Arunda n. 59.

Foto n. 23 (M. Codebò): la chiesa di S. Maria al Colle e, sullo sfondo, l’imbocco della Val Martello.

Foto n. 24 (G. Bodini, rielaborata da H. De Santis): sequenza temporale della lama di luce invernale su Laces.

 

6.4) Colle Joben e gli adiacenti Sasso del Mezzodì, Dosso delle Dodici e Monte di Mezzo.

Come è noto, Colle Joben fu il primo monumento italiano studiato astronomicamente (Innerebner 1937; 1959). Discusso da tempo da varii autori (Bernardini 1977, pp. 114, 117; Jesi 1978, pp. 59-70; Leonardi 1991; Cossard 1993, pp. 135, 139; Codebò 1997e, pp. 731-733), in una recente revisione (Codebò e Lupato 2004) ne è stata messa in dubbio l'attribuzione alla preistoria a causa della persistente mancanza di reperti datanti.

Colle Joben - le cui coordinate dedotte dalla tavoletta IGM 1:25000 n. 10 II SO Caldaro ed. 5 sono 44°24'48"N; 11°16'56"E; q. m. 616 - è ubicato su quella dorsale di colline che si snodano per circa km. 10 da Bolzano ad Auer (Ora) e dividono in due da nord a sud la valle dell'Adige fino al confine con la provincia di Trento. Su di essa, oltre ai resti di alcuni castelli medioevali, poco più a sud si ergono due modeste cime dai significativi nomi di Mitterberg (Sasso di Mezzodì) e Zwolferbühl (Dosso delle Dodici), le cui coordinate, dedotte dalla medesima tavoletta IGM, sono, rispettivamente:

46°24'13"N; 0h 45m 06,6s E; q. m. 661;

46°23'40"N; 0h 45m 06,27s E; q. m. 570.

I tre siti non sono, dunque, rigorosamente sullo stesso meridiano, benché le due cime differiscano tra loro solo per 0h 00m 00,33s. A causa della fitta vegetazione non è poi possibile capire se il Sasso di Mezzodì è visibile, come sembra sulla carta, da Colle Joben.

Il Sasso del Mezzodì si trova invece quasi esattamente sullo stesso meridiano di Monticolo, dal quale dovrebbe essere visibile e per il quale poteva, in tal caso, servire da meridiana naturale piuttosto che per Colle Joben. Le seguenti sono le coordinate di Monticolo ricavate dalla tavoletta IGM 1:25000 n. 10 II NO Appiano ed. 4:

46°25'06"N; 0h 45m 06,8s E; q. m. 487.

A nord di Monticolo per km. 5 non appare nulla che giustifichi una montagna meridiana: solo dopo km. 5 si trova il paese di Cornaiano e lo stesso Monticolo è un agglomerato di pochissime case, pur essendo dotato di una chiesa. Potrebbe quindi essere esistito un insediamento, oggi scomparso, che utilizzava il Sasso del Mezzodì come meridiana naturale.

La situazione del Dosso delle Dodici è ancora più enigmatica perché, data la sua minore elevazione rispetto al Sasso di Mezzodì, è praticamente da esso occultato verso nord; è invisibile da Colle Joben e le colline che lo separano dal primo centro abitato - ancora Monticolo - sono del tutto prive di insediamenti umani (se si esclude il maso Pichler che però si trova esattamente sul meridiano del Sasso di Mezzodì). Non si comprende dunque chi potrebbe avere usato il Sasso delle Dodici come meridiana naturale se non ammettendo, a maggior ragione, un insediamento oggi scomparso oppure un’antica via.

Quasi all'estremità meridionale delle colline si trova il Monte di Mezzo. Il suo nome tedesco è uguale a quello del Sasso di Mezzodì: Mitterberg. Ne consegue che una delle due traduzioni onomastiche italiane è errata o, quanto meno, imprecisa. Si noti però come anche per il Bric di Mezzogiorno di Cremeno (GE) fosse usato un tempo anche l'analogo termine Monte Mezzano, secondo quanto trovato da De Santis. Di fatto il Monte di Mezzo poteva ottimamente essere usato come meridiana naturale dagli abitanti del Castelchiaro (Leuchtenburg), oggi ridotto a rudere, perché i due siti si trovano a meno di m. 600 di distanza e reciprocamente a vista, come dimostrano le loro coordinate desunte dalla stessa tavoletta IGM:

Mitterberg 46°22'25"N; 0h 45m 07,87s E; q. m. 536;

Castelchiaro 46°22'43"N; 0h 45m 07,4s E; q. m. 576.

Scavi e sondaggi in loco hanno ripetutamente rivelato presenze umane fin dall'Età del Ferro (AA.VV. 1999, pp. 106-108):

a) reperti ceramici e metallici e forse strutture abitative davanti ai ruderi di Castelchiaro;

b) un luogo di roghi votivi sui Denti di Cavallo (Rosszänhe);

c) un ripostiglio sulla sella tra Vadena e Caldaro;

d) insediamenti e necropoli fino alla Tarda Romanità a Vadena.

In conclusione, queste colline oggi disabitate si stanno rivelando piuttosto frequentate in antico. E’ perciò possibile che le montagne meridiane qui individuate, oggi quasi incomprensibili, fossero utilizzate da questi antichi insediamenti.

 

6.5) Il Mittagskofl (Cima di Mezzodì) dello Sciliar.

lat. 46°29'27"N; long. 0h 46m 14,67s E; q. m. 2187; cost. loc. 0h 13m 45,33s W; foglio IGM 1:100000 n. 11 M. Marmolada e tavoletta IGM 1:25000 n. 11 III NO Nova Levante.

Il monte si trova sull'altopiano dello Sciliar, esattamente sul versante meridionale della valle del rio Sciliar. Se si esclude il maso Viol oggi ridotto ad un semplice fienile e che si trova sullo stesso meridiano del Mittagskofl verso Nord (tavoletta IGM 1:25000 n. 11 IV SO Castelrotto e carta Tabacco 1:25000 n. 05 Val Gardena/Alpe di Siusi), anche in questo caso non vi è alcun abitato che possa avere utilizzato la cima come montagna meridiana. E' dubbio che lo stesso baito Viol (Violereck Stadel) sia mai stato abitato perennemente, trovandosi a ben m. 2274 di quota.

Tuttavia il sentiero Schäufelesteig (sentiero Palette, in antico noto come sentiero di Vial), che congiunge Umes con l'altopiano dello Sciliar passando per il baito Viol, è attestato fin dal 1510 (Colli 1986, pp. 124-125). Furono quindi probabilmente i pastori che lo percorrevano in estate per condurre gli animali all'alpeggio e che dimoravano stagionalmente al Violereck Stadel a dare il nome al Mittagskofl.

La presenza umana sull'altopiano dello Sciliar risale con certezza alla preistoria, come attestano i notevoli ritrovamenti sul Burgstall (M. Castello), q. m. 2515, in località Plörg, q. m. 2530, e presso il Roterdspitze o Cima di Terrarossa (Colli 1986, pp. 251, 256; Leonardi 1991; AA.VV. 1999, pp. 54-55;), q. m. 2655. Il primo ha restituito materiali dall'Età del Bronzo - fra cui ceramica di Luco fine e decorata - al IV secolo d.C. e si è rivelato come un luogo cultuale o, meglio, come uno dei tanti luoghi di roghi votivi - pare di dimensioni considerevoli - dell'Età del Ferro (Brandopferplätze) delle Alpi orientali, nei quali veniva onorata Reitia (o Raetia), una dea femminile assimilabile a Diana. Il secondo, anch'esso Brandopferplätze ma di minori dimensioni, ha restituito ceramica più rozza, mentre nel terzo fu rinvenuto nel 1983 un focolare con schegge ossee e carboni.

Innerebner aveva già ipotizzato che la Punta Santner fosse una sorta di enorme gnomone naturale la cui ombra si stendeva sui sottostanti terreni di S. Vigilio, Siusi, Castelrotto e Alpe di Siusi (Innerebner 1959). In realtà tutta l'area dell'Alpe di Siusi si sta rivelando intensamente frequentata fin dal Mesolitico. A titolo di esempii citeremo:

1)      il riparo sotto roccia di Cionstoan risalente alla fine del Paleolitico Superiore (AA.VV. 1993b, p. 30);

2)      quindici distinte distribuzioni di manufatti mesolitici sulla Cresta di Siusi AA.VV. 1993b, p. 38 e foto nn. 13-15);

3)      le strutture in località Gschlier, prossime al Runner-Egg , noto luogo di roghi votivi in cui si compirono pure alcuni sacrifici umani (AA.VV. 1999b, pp. 57-61, VI), scoperte nel febbraio 2007 da Michael Trocker con il concorso di Gianni Bodini.

 

6.6) La meridiana di Sesto in Val Pusteria.

E' forse la più rinomata meridiana naturale dell'arco alpino (Innerebner 1959; Romano 1986; Arborio Mella 1990, pp. 48-49). E' costituita da ben cinque vette chiamate Cima Nove, Cima Dieci, Cima Undici, Cima Dodici, Cima Uno (nel senso di ore tredici). Secondo Innerebner (Innerebner 1959, p. 19-20) il punto di osservazione al solstizio invernale era la Heidenbühel (= collina pagana), di coordinate 46°41'03"N; 0h 49m 26,6s E; q. m. 1413 (da tavoletta IGM 1:25000 n. 4b II SE Sesto, ed. 5). Egli scrive: <Pur avendo trovato là sopra solo cocci di consistenza dubbiosa, per me non c'è dubbio che questa collina, a suo tempo, portasse un tempio solare, anzi credo di poter sostenere che il Comune di Sesto deriva - contrariamente a qualche opinione - il suo nome dalla meridiana montana e questo per doppia ragione.

In primo luogo le tre cime Undici, Dodici e Uno si trovano nello stemma del Comune di Sesto, il che vuol dire che queste cime erano di importanza eccezionale per la valle. In secondo luogo sta il fatto che, tenendo conto del conteggio del tempo dei Romani a cominciare dall'alba, la odierna Cima Dodici presentava in quei tempi la sexta hora>.

La mancanza di reperti archeologici datanti, il fatto che le ore naturali siano ore diseguali in ragione della diversa declinazione del Sole nei vari periodi dell'anno ed il fatto che sulla cima della Heidenbühel si trovino i ruderi di un vecchi fortino austro-ungarico, induce a pensare che siano stati piuttosto i topografi militari della Duplice Monarchia a battezzare le cinque cime con i nomi delle ore diurne (Codebò e Lupato 2004). E' però indubbiamente suggestiva l'ipotesi di Innerebner che il nome di Sesto derivi dalla hora sexta dell'orologio romano.

 

6.7) Le sette cime meridiane della Val di Fassa (TN)[13]

I nomi di queste sette cime e le loro coordinate geografiche, desunte dal foglio 1:100000 n. 11 M. Marmolada ed. 5 dell'I.G.M. e dalle Carte Topografiche Tabacco 1: 25000 nn. 6 e 14, sono, rispettivamente da S verso N[14]:

Sas da Mesodì o da Mesdì (Sasso del Mezzogiorno): 46°21'19"N; 0h 46m 41s E; m. 2301.

Sasso Vernale o M. Cirelle: 46°25'15"N; 0h 47m 22,47s E; m. 3154.

Sas da le Dòudesc (Sasso delle Dodici): 46°24'24"N; 0h 46m 48,33s E; m. 2428.

Sas da le Undesc (Sasso delle Undici): 46°24'05"N; 0h 46m 50,73s E; m. 2550 (2).

Sasso delle Dodici della Marmolada: 46°26'41"N; 0h 47m 27,47s E; m. 2722 (2).

Sasso delle Undici della Marmolada: 46°26'37"N; 0h 47m 29,67s E; m. 2801 (2).

Bec de Mezdì di Arabba: 46°28'13"N; 0h 47m 30,53s E; m. 2734.

Come si può già notare, alcuni toponimi sono ladini ed altri italiani; uno - Sasso Vernale - è, come vedremo, una voce dotta dal latino. Le ricerche hanno dimostrato che alcuni di essi sono già presenti nell'Atlas Tyrolensis di Peter Anich e Blasius Hueber, pubblicato nel XVIII secolo (Anich 1981, foglio XIV) o sono comunque presenti nella parlata ladina, mentre altri sono riportati nelle mappe militari austro-ungariche ottocentesche. In particolare, l'Atlas Tyrolensis riporta già i toponimi Sasso Vernale e Sas da Mesodì (o da Mesdì), mentre il Sas da le Dòudesc è chiamato Sas da Aloch, che P. Frumenzio Ghetta interpreta come ad lucum = nel bosco [15]. Gli altri quattro non vi sono nominati.

Se ne deduce che il Sas da Mesodì (o da Mesdì) ed il Sasso Vernale, che insistono, come vedremo oltre, sul santuario di S. Giuliana, a differenza degli altri erano già ben noti al principio del XVIII secolo.

 

6.7.1) Sasso Vernale, Sas da Mesodi (o da Mesdì) e santuario di S. Giuliana

E' il complesso fassano più interessante.

Il Sasso Vernale (M. Cirello nel foglio 1:100000 n. 11 dell'I.G.M.) è una delle cime che si staccano dalla famosa parete sud della Marmolada (foto n. 25).

Nella Guida dei Monti d'Italia del C.A.I.-Touring, vol. Marmolada, ed 1937, il toponimo vernale veniva interpretato come invernale, perché il suo versante settentrionale ospitava all'epoca (oggi non più!) un piccolo ghiacciaio. Questa interpretazione è evidentemente infondata, sia perché in tal caso ogni altra montagna in analoghe condizioni dovrebbe avere il medesimo toponimo, sia perché la Marmolada, il cui ghiacciaio del versante nord è il più esteso delle Dolomiti, avrebbe dovuto, a ragione ben maggiore, ricevere l'appellativo vernale. E' evidente che il senso del raro toponimo va cercato altrove e lo si trova facilmente constatando che la montagna è esattamente ad est dell'abitato di Vigo di Fassa. Il significato diventa allora quello di Sasso della Primavera, tenendo conto del fatto che l'aggettivo vernale - dal latino ver, veris = primavera - indica in astronomia l'equinozio di primavera (dal Latino primum ver=primo giorno di primavera) o, appunto, equinozio vernale[16]. Il toponimo significa quindi – a differenza del Grande e Piccolo Vernel, che è un fitonimo ladino - Sasso della Primavera, volendo indicare evidentemente il punto dell'orizzonte apparente in cui sorge il Sole agli equinozi (come noto, per entrambi il medesimo), ossia quando la sua declinazione è 0°. Poiché il monte si trova, come detto, sullo stesso parallelo di Vigo di Fassa, è quest'ultimo la sede dell'osservazione.

Il problema è stato individuare il punto preciso, essendo due i candidati possibili: la pieve di S. Giovanni ed il santuario di S. Giuliana. La visita alle due località ha permesso di dirimere immediatamente il dubbio, perché dalla pieve, ubicata sul fondovalle, il Sasso Vernale non è visibile, causa altre montagne interposte.

E' bastato salire a piedi verso il santuario (foto n. 26) per verificare che la montagna diventa visibile già dalla stazione a valle della funivia Mèida-Bufàure, ove però non vi sono tracce di abitato antico. Proseguendo la salita, in particolare lungo il sentiero che passa accanto al cimitero di guerra austro-ungarico, non si perde mai di vista il Sasso Vernale.

Il Sas da Mesodì (foto n. 27) diventa invece già visibile dal fondovalle, ma è solo sul piazzale del santuario che entrambe le vette sono visibili. S. Giuliana è dunque il luogo da cui si può:

a) determinare quotidianamente il mezzogiorno quando il Sole culmina sulla verticale del Sas da Mesodì, posto a sud lungo il meridiano passante a nord per il santuario, la cui costante locale è ore 0h13m20,36s W rispetto al meridiano centrale (passante per l’Etna) del fuso orario locale;

b) determinare annualmente l'inizio della primavera e dell'autunno quando il Sole sorge all'alba con declinazione 0° dietro al Sasso Vernale.

Premesso che nel corso dell’indagine archeoastronomica fassana effettuata da Codebò è stata utilizzata una bussola prismatica Recta, un inclinometro Suunto ed un orologio radiocontrollato Oregon Scientific, nelle seguenti tabelle nn. 1 e 2 sono dati i valori medi rispettivamente di dodici e di sette misure di azimut magnetico e di altezza misurata con relative deviazioni standard e corrispondenti altezza vera e declinazione calcolata, prese dal piazzale del santuario verso il Sasso Vernale:

 

Tab. n. 1: S. Giuliana - Sasso Vernale (dodici misure di azimut magnetico medio e di altezza osservata, con relative deviazioni standard)

AmM

91,5°

σ ±0,636

ho

6,5°

σ ±0,12

hv Sole

 

δ Sole 2003

0°02’46”

 

 

Tab. n. 2: S. Giuliana – Sas da Mesodì (sette misure di azimut magnetico e di altezza osservata, con relative deviazioni standard)

AmM

179,5°

σ ± 0,74

ho

6,6°

σ ± 0,69

 

Ovviamente non si è calcolata qui la declinazione del Sole poiché l’astro culmina sul meridiano ad altezze diverse secondo la stagione e per l’identificazione del mezzogiorno vero locale necessita e basta solamente l’azimut, che, indicando sempre il sud, deve essere pari a 180°.

Le misure verso il Sas da Mesodì sono state inoltre effettuate osservando la posizione del Sole al mezzogiorno vero locale il 24/08/2003. Con l’ausilio di un filo a piombo, l’astro è stato osservato verticale sulla cima all’ora estiva 13h10m~13h12m, in buon accordo con l’ora estiva calcolata 13h15m47s, essendo l’equazione del tempo +02m27s. La minuscola differenza di circa 5 minuti tra i due orari può essere imputata ad un modesto errore di longitudine del sito dal meridiano dell’Etna sul foglio IGM 1:100000 usato[17], oppure ad una sorta di tolleranza degli antichi osservatori nella scelta del punto di riferimento, considerato che il Sas da Mesodì è comunque l’unica cima nei dintorni su cui dal santuario si vede culminare il Sole. Infatti esattamente all’ora estiva 13h15m l’astro appariva sulla verticale della sella apparente ubicata a meno di 1°W dalla vetta: non c’è dubbio che il Sas da Mesodì indica la culminazione del Sole sul meridiano di S. Giuliana.

Riteniamo che la presenza di un sistema di misurazione del tempo, sofisticato al punto di permettere di determinare il mezzogiorno e l'inizio dell'anno tropico, sia giustificato dall'importanza del sito.

In un'area inferiore ad un chilometro quadrato si ergono ben tre edifici sacri: la chiesa gotica quattrocentesca di S. Giuliana, la piccola chiesa duecentesca di S. Maurizio, il Capitello cinquecentesco. Quest'ultimo non è altro che un altare coperto ma aperto alla vista, tale da permettere ad una moltitudine di fedeli, assiepati sul prato circostante, di seguire la messa officiata al suo interno dal celebrante. Fu costruito nel 1519, quando le due chiese divennero insufficienti ad accogliere la sempre crescente massa dei fedeli in occasione delle due memorie di S. Giuliana: rispettivamente la nuova il 16/02 secondo il martyrologio romano e la vecchia il 03/06 secondo il martyrologio geronimiano. S. Giuliana vecchia è così chiamata perché fu celebrata fin dalle origini; la successiva annessione della diocesi di Sabiona-Bressanone, di cui la Val di Fassa faceva parte, all’archidiocesi di Salisburgo impose l’adozione del rito romano e, di conseguenza, la celebrazione di S. Giuliana il 16/2, che venne chiamata la nuova (Ghetta 1994, pp. 9-10).

A questi tre edifici tutt'oggi visibili, si aggiunse nel XVII secolo un romitorio in cui vissero come eremiti dal 1661 al 1681 Mattio Massar e Dom Domenico Pederiva (Baroldi e Ghetta 1966, p. 126). Di questo edificio, oggi completamente scomparso, furono rinvenute le tracce durante gli scavi condotti in loco da Piero Leonardi (Leonardi 1954, pp. 117-131). Ma già nel sec. XIV il sito era sicuramente abitato da altri eremiti, fra cui un certo Giovanni (Baroldi e Ghetta 1966, pp. 126-127).

Gli scavi condotti nel 1989 (Cavada 1991, pp. 151-188) hanno dimostrato che la prima presenza umana documentata risale ai secc. III~IV a.C., probabilmente con funzioni già cultuali anziché abitative. Successivamente fu costruita una primitiva chiesa paleocristiana; più tardi una chiesa romanica ed infine nel 1452 l'edificio gotico attualmente visibile.

Dunque, come ben si comprende, il sito riveste un'imponente valenza sacrale pressoché ininterrotta da almeno 2400 anni ed è tutt'oggi il principale santuario della Val di Fassa: in quest’ottica appare ben giustificabile la necessità - forse degli stessi eremiti - di disporre dei due maggiori marcatori del tempo: il mezzogiorno e l’equinozio di primavera.

 

Foto n. 25 (M. Codebò): il Sasso Vernale (la punta sullo sfondo) dal piazzale di S. Giuliana.

Foto n. 26 (M. Codebò): il santuario di S. Giuliana di Vigo di Fassa (TN).

Foto n. 27 (M. Codebò): Il Sas da Mesodì dal piazzale di S. Giuliana.

 

6.7.2) Sas da le Dòudesc, Sas da le Undèsc, parrocchia di Mazin, I Pigui

E' il secondo complesso orario fassano da sud verso nord ma anche in ordine di complessità archeoastronomica.

Il meridiano tracciato verso nord dal Sas da le Dòudesc (foto n. 28 passa prima sul sito archeologico de I Pigui e poi sulla parrocchiale di Mazin (foto n. 29). La cima del Sas da le Undèsc dista dall'altra molto approssimativamente 15° = 1 ora.

Un sopralluogo presso la parrocchia, la cui costante locale (Zagar 1984, pp. 115-116) è ore 0h 13m 11,69s W dal meridiano dell'Etna, ha permesso a Codebò di verificare visivamente, tramite filo a piombo, la verticalità del Sole sul Sas da le Dòudesc il 22/08/2003 al momento della sua culminazione superiore preventivamente calcolata all’ora estiva 13h 16h 10s. Dalla chiesa però non è visibile il Sas da le Undèsc, per vedere il quale occorre spostarsi oltre l'estremo occidentale dell'abitato.

Un sito alternativo di osservazione potrebbe teoricamente essere stato l'insediamento retico detto I Pigui. Si tratta di un castelliere del V-III secolo a.C. arroccato sulla sommità di una collina a quota m. 1550 (Leonardi 1969, pp. 3-9; Alberti e Bombanato 1993, pp. 113-122) (foto n. 30). Curiosamente i dati di scavo tendono a dimostrare che l'insediamento era perenne nonostante le palesi difficoltà climatiche invernali dipendenti sia dalla quota, sia dalla sua collocazione sulle pendici settentrionali di una cresta che, con andamento SSW-NNE, supera i m. 2100 di quota.

Dalla cima più bassa, dove si affollavano le capanne, è visibile solo il Sas da le Dòudesc; ma da un piccolo spiazzo della cima più alta, a quota m. 1622 ed a pochi minuti di cammino, è visibile anche il Sas da le Undèsc (foto n. 31).

L'affascinante ipotesi che proprio questo sia il centro osservativo cozza per altro contro alcune gravi difficoltà:

a) nulla ci è noto delle cognizioni astronomiche dei Reti protostorici; non sappiamo neppure se avevano dei sistemi di misurazione del tempo;

b) anche nella migliore delle ipotesi, resta comunque il problema delle ore diurne irregolari dovute alla diversa lunghezza del giorno e della notte nelle quattro diverse stagioni;

c) dovremmo infine ipotizzare la conservazione e la trasmissione di un orònimo immodificato per oltre duemila anni, attraverso orizzonti culturali multipli e molto differenti tra loro: retico, romano, alto e basso medioevale, rinascimentale, ecc., fino alla modernità.

In sostanza, in assenza di prove consistenti ed adeguate, per il principio del rasoio di Occam è doveroso ipotizzare che l'insediamento da cui si osservava il Sole culminare in meridiano sul Sas da le Dòudesc fosse la parrocchia di Mazin e che l’orònimo Sas da le Undesc sia stato dato alla cima vicina per analogia. In questo contesto il limite “ante quem essi non risalgono” potrebbe essere il 1573, data di erezione della chiesa; ma non si deve trascurare il fatto che nessuno dei due compare nel citato Atlas Tyrolensis del XVIII secolo, dove invece il Sas da le Dòudesc è chiamato Sas da Aloch: questo potrebbe essere un secondo limite ante quem.

 

Foto n. 28 (M. Codebò): Sas da le Dòudesc e Sas da le Undèsc dall’abitato di Pozza di Fassa.

Foto n. 29 (M. Codebò): i Pigui

Foto n. 30 (M. Codebò): Sas da le Dòudesc e Sas da le Undèsc dai Pigui (le due vette s’intravedono in mezzo alle cime degli alberi)

Foto n. 31 (M. Codebò): la Parrocchia di Mazin. Le colline alberate in secondo piano a sinistra e al centro sono i Pigui. A destra del campanile e sullo sfondo il Sas da le Dòudesc, mentre il Sas da le Undèsc è invisibile

 

6.7.3) Sasso delle Undici e Sasso delle Dodici sul versante nord della Marmolada

Queste due cime non sono altro che costoloni di roccia che emergono dal moribondo ghiacciaio della Marmolada e corrono quasi paralleli e rettilinei verso il Piano Fedaia (foto n. 32), sul quale la tracciatura del meridiano e della linea oraria delle ore 11:00 imporrebbe l'esistenza del centro di osservazione. Ma il piano sembra essere sempre stato soltanto un pascolo stagionale privo di abitati permanenti e la recente costruzione di un invaso artificiale lo ha trasformato in lago. Di conseguenza l'unica ipotesi plausibile era parsa a lungo che i due orònimi fosssero nati durante la prima guerra mondiale per esigenze militari. Qui infatti correva, come è noto, il fronte italo-austriaco dal 1915 al 1917 e nello spessore del ghiacciaio, allora di proporzioni ben maggiori, proprio ai piedi delle due cime meridiane, gli Austriaci ricavarono una decina di chilometri di gallerie note come la Città del Ghiaccio, che dava rifugio a uomini e cannoni. La loro linea si estendeva poi attraverso il Piano Fedaia fin sullo spartiacque tra l'Alta Val di Fassa e il Livinallongo del Col di Lana (la valle di Arabba), proprio a nord delle due cime meridiane. Gli Italiani invece erano arroccati sulla Punta Serauta (sul versante est della Marmolada), sul passo Fedaia e sulla Mésola. Sul ghiacciaio della Marmolada si svolsero per due anni furiosi combattimenti per la conquista e la riconquista di microscopici spazi geograficamente insignificanti - perciò forse fino ad allora rimasti senza nome - ma strategicamente fondamentali, quali per esempio la cosiddetta Forcella a V. Era perciò parso probabile che l'esigenza di tenere sotto controllo operativo ogni metro di terreno avesse costretto i militari di ambo le parti a creare nuovi toponimi per rocce fino ad allora innominate. Lo stesso meridiano passante per il Sasso delle Dodici cadeva a nord sui baraccamenti austriaci di Porta Vescovo e del Belvedere. Ma una successiva indagine di Codebò, con la preziosa consulenza del dott. Cristian Kollman, su carte militari austriache del XIX secolo conservate presso l'Archivio Provinciale di Bolzano ha dimostrato che almeno dal 1869 i due toponimi erano già in uso. Ciò non esclude necessariamente la loro origine militare, ma impone che essa sia comunque anteriore alla I guerra mondiale[18].

Dopo la pubblicazione dell’articolo Archeoastronomia in Val di Fassa, da cui questo capitolo 6.7 è tratto, il dott. Fabio Chiocchetti, direttore dell’Istituto Culturale Ladino di Vigo di Fassa, ci segnala di non sottovalutare l’importanza del Piano di Fedaia. Ecco quanto egli ci scrive: <però non sottovaluterei l'importanza del passo (e relativo alpeggio) come luogo di prospezione: non dobbiamo dimenticare che le popolazioni insediate in queste valli derivavano da comunità pastorali, che avevano negli alpeggi l'unica ragione vera di vita e sopravvivenza a queste quote; pensi che fino nel '600 (se non ricordo male) al passo di Fedaia si teneva persino un'importante fiera del bestiame, alla quale convenivano gli allevatori delle valli vicine. Anche il clima doveva essere diverso in antichità: al Fedaia nell'800 fu ritrovata un stadera romana...

Quindi dobbiamo pensare agli alpeggi come i veri "primi insediamenti", oltre che a luoghi strategici di incontro e di contatto, e ad una società pastorale (arcaica) si addice questo tipo di osservazioni astronomiche e denominazioni toponomastiche più ancora che non alle fasi storiche già avvezze all'uso dell'orologio…>.

L’avvertenza dataci dal dott. Chiocchetti corrisponde bene a quanto sta emergendo dalle nostre ricerche. In un primo tempo ci era sembrato che i luoghi di utilizzo di queste montagne meridiane fossero insediamenti importanti e, per così dire, pubblici od ufficiali: castelli, monasteri, chiese, ecc. Solo successivamente ci siamo resi conto che ve ne sono alcune il cui riferimento sono semplici abitati di pastori o contadini, come nel caso del Bric di Mezzogiorno di Cetta (IM), ed altre addirittura il cui riferimento sono valichi di montagna e vie di transito. Il problema è che queste comunità “povere” ben difficilmente hanno lasciato testimonianze scritte dei toponimi da esse creati e pertanto ci vengono a mancare le sicurezze ed i raffronti che invece possono dare le fonti ufficiali. Ciò non deve spaventare, perché questa è esattamente la situazione in cui si viene a trovare praticamente sempre la ricerca paletnologica; ma nel caso dell’archeoastronomia, che nonostante tutto sta ancora muovendo i suoi primi passi e non ha ancora una codificazione metodologica consolidata, il problema dell’assenza di fonti scritte di confronto genera un surplus d’insicurezze: se è normale per l’archeologo dedurre la presenza di frequentazioni umane in luoghi apparentemente “impossibili” sulla base di selci scheggiate, frammenti metallici, ecc. non è ancora “normale” per l’archeoastronomo dedurre analoghe frequentazioni da reperti di cultura astronomica.

 

Foto n. 32 (M. Codebò): Sasso delle Undici e Sasso delle Dodici sul versante nord della Marmolada da Porta del Vescovo

 

6.7.4) Bech da Mezdì di Passo Campolongo.

Questa cima (foto n. 33)si trova sullo spartiacque tra la Val di Fassa e il Livinallongo del Col di Lana, dove correva il fronte austriaco tra il 1915 ed il 1917.

Come supposto in un precedente articolo (Codebò 2006), nel sopralluogo del 2003 era stato commesso un errore d’identificazione: quello che allora fu scambiato per il Bech da Mezdì è in realtà il Monte Pizac, il quale, pur essendo alto solo m. 2213, visto da Arabba nasconde il primo e, essendo a 170° dalla parrocchiale di Arabba, segna il passaggio del Sole sulla sua verticale circa un’ora prima del mezzogiorno vero. Il Bech da Mezdì è in realtà la montagna meridiana del passo di Campolongo, dal quale è visibile a 180° esatti (foto n. 33).

 

Foto n. 33 (M. Codebò): Bech da Mezdì di Arabba (BL), al centro, da Passo Camplongo

 

Questa inattesa identificazione dell’agosto 2007 apre nuove prospettive nello studio delle montagne meridiane. Fin’ora si era supposto che esse fossero in relazione ad insediamenti fissi più o meno di fondovalle. Ora, per la prima volta, siamo costretti a riconoscere che anche un valico alpino – cioè una via di transito! – poteva essere il luogo da cui popolazioni evidentemente non sedentarie avevano necessità di misurare il mezzogiorno. Nel caso specifico del Passo di Campolongo, ci troviamo probabilmente davanti alla transumanza di popolazioni ladine della Val Badia e, forse, anche della Val Gardena, che si recavano all’incontro con quelle delle valli di Fassa e del Livinallongo forse proprio al Piano di Fedaia attraverso il valico di Porta Vescovo. In questo contesto Bech da Mezdì, Sasso delle Undici e Sasso delle Dodici del versante nord della Marmolada sarebbero montagne meridiane lungo un unico percorso di transumanza.

Ecco perché diciamo che, in un contesto più generale, la ormai provata funzione meridiana dalla prospettiva di un valico alpino rende in via ipotetica comprensibili, ancorché da verificare, altre “cime del mezzogiorno” rimaste enigmatiche e segnatamente il Bric del Mezzodì, il Colletto del Mezzodì e la Cresta Levi-Mezzodì nell'alta Valle di Rochemolles; il Bric di Mezzogiorno del Parco Naturale della Val Troncea; le cime Dieci, Undici e Dodici della Rojental ed il Monte di Mezzogiorno dello Sciliar.

 

6.8) I Lagorai

Tre sono le montagne meridiane della catena dei Lagorai:

la Cima di Mezzogiorno di Caoria;

il Dos di Mezzodì di Cavalese;

la Cima di Mezzodì di Fierozzo.

 

6.8.1) La Cima di Mezzogiorno di Caoria (TN)

lat. 46°10'40"N; long. 0h 46m 43,4s E; q. m. 1940; cost. loc. 0h 13m 16,6s W

(foglio IGM 1:100000 Feltre)

L'insediamento di Caorìa, paese della Valle del Vanoi, è documentato con certezza da una Crocifissione dipinta nel 1585 sul muro di una casa. Nel 1611 il paese è raffigurato su una mappa di Matthias Burgklehner. Si sa però con certezza che i terreni e le miniere locali erano sfruttati già nei secoli precedenti e che i primi abitanti stabili furono minatori immigrati da Praga.

La vita degli abitanti di Caoria, fortemente segnata dalla Grande Guerra che aveva nella catena dei monti Lagorai il suo fronte italo-austriaco, era scandita ogni anno da un esodo in massa di tutti gli abitanti abili - uomini, donne e bambini, con animali e masserizie - verso i pascoli alti circa dal 19/03, festa di S. Giuseppe ma anche antivigilia dell'equinozio di primavera, al 2/11, festa dei morti. In paese restavano solo gli anziani e i disabili, benché i bambini scendessero quotidianamente per frequentare la scuola e risalissero poi ogni pomeriggio al pascolo (Bortolotti 2004). Questa transumanza relativamente limitata nello spazio potrebbe essere il residuo moderno di quella vita seminomade che, come ci comunica il dott. Chiocchetti, era, forse da millenni, la norma per queste popolazioni alpine.

Poiché:

a)      le coordinate di Caoria, tratte dal foglio IGM 1:100000 n. 22 Feltre ed. 6, sono 46°11'58"N; 0h 46m 42,2s E; q. m. 850;

b)      il M. di Mezzogiorno dista m. 2300 in linea d'aria;

c)      sopravanza Caoria di m. 1090;

ne consegue che 25° è l'altezza trigonometrica della vetta vista dall’abitato, in buon accordo con la misura di 24° presa da Codebò in loco con l'inclinometro annesso alla bussola Recta DP10.

Alla latitudine di Caoria il Sole al solstizio d'inverno raggiunge l'altezza di 20,3° e, pertanto, viene occultato dalla Cima di Mezzogiorno a cominciare, secondo i calcoli, dalla metà di novembre, quando la declinazione del Sole è -18° fino alla fine di Gennaio.

Ciò è sostanzialmente in buon accordo con le testimonianze di alcuni residenti secondo le quali il nome della Cima di Mezzogiorno deriverebbe dal fatto che vicino al mezzodì locale di dicembre il Sole è occultato dalla vetta e ricompare successivamente nel primo pomeriggio nella sella virtuale tra il Monte di Mezzogiorno ed il M. Conte Moro (le cui coordinate, dal foglio IGM 1:100000 n. 22 Feltre ed. 6, sono 46°09'58"N; 0h 46m 36s E; q. m. 2407).

Ma la cima di Mezzogiorno è anche sul meridiano di Caorìa, per cui la culminazione del Sole sulla sua vetta è anche il passaggio al meridiano locale e, perciò, l'indicatore del mezzogiorno vero, come è stato possibile verificare visivamente il 05/08/2005 alle ore 13h 19m da località Refiei, dove cade esattamente il meridiano passante per la Cima di Mezzogiorno (foto n. 34).

Questa montagna assolveva dunque a due compiti:

1) segnava quotidianamente il mezzogiorno locale;

2) segnava, con l’inizio delle occultazioni, la data del rientro a valle dagli alti pascoli, mentre la partenza dalla valle per i pascoli era annunciata dall'equinozio di primavera, sostanzialmente coincidente con la festa di S. Giuseppe.

 

Foto n. 34 (M. Codebò): mezzogiorno vero sulla Cima di Mezzogiorno di Caorìa (TN).

 

6.8.2) Il Dos di Mezzodì di Cavalese (TN)

lat. 46°15'06"N; long. 0h 45m 52,43s E; q. m. 1847; cost. loc. 0h 14m 07,57s W (foglio IGM 1:100000 n. 22 Feltre, ed. 6).

Dati GPS Magellan 310: lat. 46°15'07"N; long. 0h 45m 52,53s E; q. m. 1820; cost. loc. 0h 14m 07,47s W

Cavalese, capoluogo della Val di Fiemme e sede storica della Magnifica Comunità omonima, è dominato dalla catena dei Lagorai ed in particolare dal Dosso di Mezzodì (foto n. 35). I suoi dintorni sono sede d'insediamenti umani risalenti almeno alla Protostoria. In particolare, presso la chiesa di S. Valerio (foto n. 36) sono stati ritrovati i resti di un piccolo abitato utilizzato dall'Età del Ferro fino al Medioevo (Leonardi 1991) e sul Dos Zelòr (foto nn. 37-38) i resti di un vasto abitato frequentato dall'Età del Ferro fino alla Romanità (Leonardi 1954; 1991). Già Innerebner aveva segnalato l'orientamento solstiziale dello storico Banc de la Reson, vasto sedile circolare con ingressi ubicato nel parco della chiesa parrocchiale <...ove ancora nel secolo passato veniva amministrata la Magnifica Comunità Generale di Fiemme> (Innerebner 1959, p. 8 e fig. 10).

 

Foto n. 35 (M. Codebò): il Dosso di Mezzodì, al centro sullo sfondo, dalla pieve di Cavalese

 

Il Dosso di Mezzodì costituisce una meridiana naturale indicante il mezzogiorno locale (foto n. 38) rispetto alla chiesa parrocchiale, che fu Pieve della Val di Fiemme, e tale funzione, secondo la cortese testimonianza di una guardia campestre della Magnifica Comunità, continua ad essere nota tutt'oggi. Nel vasto parco della pieve furono rinvenuti in varie occasioni reperti archeologici datanti fin dall’Età del Ferro (Leonardi 1991, pp. 385-390), a dimostrazione di come anche questo dosso, analogamente a quelli vicini di S. Valerio e di Zelòr, fu abitato fin dalla Protostoria. Tuttavia il Dosso di Mezzodì – la cui vetta fu esplorata da Codebò nel 2003 e si dimostrò priva di costruzioni e del tutto incolta - non funziona come cima meridiana per S. Valerio e, soprattutto, per il Dos Zelòr, ma solo per il parco della Pieve (foto n. 39).

 

Foto n. 36 (M. Codebò) S. Valerio

Foto n. 37 (M. Codebò) Il Dos Zelòr (la collinetta alberata e scoscesa al centro della foto).

Foto n. 38 (M. Codebò) Resti dell’abitato romano al Dos Zelòr.

Foto n. 39 (M. Codebò) Il Sole sulla verticale della cima del Dosso di Mezzodì al mezzogiorno locale.

 

6.8.3) Cima di Mezzodì di Fierozzo (TN)

lat. 46°04'57"N; long. 0h 45m 16,73s E; q. m. 1688; cost loc. 0h 14m 43,27s W

(Foglio IGM 1:100000 n. 21 Trento, ed. 7)

Fierozzo è uno dei comuni mòcheni della Valle del Fèrsina, che da Pèrgine Valsugana si estende fino al passo Cagnon di Sopra, attraverso il quale si accede alla Val Calamento.

Non essendo purtroppo possibile dare qui neppure una sintesi delle complesse vicende che in circa settecento anni hanno portato alla formazione di questa enclave tedesca in Italia[19], si rimanda gl'interessati alla letteratura specifica (Lorenzi 1930; Piatti 1996; Rogger 1978) consultata per questo articolo.

I Mòcheni sono una popolazione di lingua tedesca che nel XIII secolo si insediò in queste contrade per coltivarle. Ad essa si aggiunsero nei secoli successivi i minatori germanici chiamati a lavorare nelle miniere di rame locali. Il risultato di queste immigrazioni in terre italiane fu il dialetto mòcheno, tutt'oggi parlato localmente.

Quattro sono oggi i comuni mòcheni della Valle del Fersina - S. Orsola, Palù, Fierozzo e Frassilongo - ma le antiche gastaldìe erano più numerose. I primi due si estendono sulla riva idrografica destra; il terzo ed il quarto sulla riva idrografica sinistra, ove si erge pure la Cima di Mezzodì.

Essa è chiamata dialettalmente Mittospitze (letteralmente: Punta di Mezzo) dagli abitanti del comune di Fierozzo e, pare, Silberspitze (letteralmente: Punta dell'Argento) da quelli del comune di Frassilongo e della sua frazione Roveda[20].

Le differenti denominazioni sembrano corrispondere bene alle differenti funzioni svolte in ciascuno dei due comuni: a Frassilongo prevarrebbe il ricordo dell’estrazione mineraria dell'argento dalle pendici del Silberspitze, mentre a Fierozzo quella meridiana del Mittospitze. Infatti la Cima di Mezzodì si trova a SE rispetto a Frassilongo, ma a sud rispetto a Fierozzo ed esattamente sul meridiano passante per l’attuale chiesa parrocchiale di S. Felice, rispetto alla quale segna il mezzogiorno vero quando il Sole culmina sulla sua vetta (foto n. 40).

Foto n. 40 (M. Codebò): la Cima di mezzodì dalla parrocchiale di S. Felice in Fierozzo.

 

In origine la chiesa dei Mòcheni era S. Lorenzo sul Dossalto, oggi purtroppo ridotta ad un rudere infrascato, dalla quale non è visibile la Cima di Mezzodì la cui funzione meridiana, pertanto, non è certamente relativa a questa chiesa primitiva.

Poiché la parrocchia di S. Felice, dedicata al presbitero di Nola che subì dure persecuzioni per la sua fede nel III secolo, fu costruita nel 1696 (Piatti 1996, p. 107; Rogger 1978, p. 170), questa data sembra essere la più probabile come termine post quem, piuttosto che quella della nascita dell'abitato stabile tra il 1320 ed il 1348 (Piatti 1996, pp. 93-109) sotto forma di masi in enfiteusi.

 

6.9) Alcune altre cime meridiane delle Alpi Orientali.

L'elenco che segue prende in considerazione soltanto alcune delle numerose montagne meridiane delle Alpi Orientali. Un più dettagliato elenco, completo di coordinate geografiche, è leggibile in Romano 1986, p. 2.

 

6.9.1) Il Gruppo del Sella.

Qui sono presenti: una Val de Mesdì, un Sas de Mesdì, un Bech de Mesdì, un Dent de Mesdì, un Sas dle Nu, un Sas dle Diesc, un Ciampanis de Val Mesdì, un Mesdì Turm, le Mesules. C’è anche un Zwischenkofel, che però significa letteralmente Monte di Mezzo. L’origine di questi toponimi così numerosi sembra essere lo snodarsi verso Sud della lunga Val de Mesdì rispetto agli abitati di Colfosco e Corvara, cui seguono per omonimìa ed analogia gli altri orònimi. Si noti come anche qui il Sas dle Nu ed il Sas dle Diesc sono cronologicamente invertiti, analogamente alle tre cime meridiane della Val Martello.

 

6.9.2) Sas dales Nu, q. m. 2968, e Sas dales Desc, q. m. 3026, dell’Alpe di Fanes.

Queste due cime sembrano essere in relazione con il santuario di S. Berbora (S. Barbara) nel paese di La Val in Badìa. Valgono per essi tutte le riserve dovute alle ore diseguali. Una coincidenza, che però non pare avere alcuna relazione astronomica con le due vette: a poche centinaia di metri a Sud di esse s’erge il Ciastel de Fanes, q. m. 2657, che è il più elevato luogo di roghi votivi (Brandopferplätze) delle Dolomiti.

 

6.9.3) Becco di Mezzodì, m. 2602.

Montagna a sud dell'Alpe di Federa, nella conca di Cortina d'Ampezzo.

Potrebbe essere la montagna meridiana del Castello di Podestagno, m. 1513, distante però km. 17,6 - tale distanza la vetta appare alta circa 3,5° - oppure dell’Alpe di Federa.

 

6.9.4) Cima Dodici, m. 2351 della Valle dei Molini.

Vetta del versante meridionale della Valle dei Molini (Mülwaldertal), confluente nella Valle di Tures, a sua volta confluente nella Val Pusteria. Sulla carta non sembra identificabile alcun abitato significativo da cui potesse essere usata.

 

6.9.5) Cima Nove, m. 2581, della Val Pusteria.

Sembra essere in relazione oraria con Rienza, frazione di Dobbiaco. Anche per essa valgono tutte le riserve dovute alle ore diseguali.

 

6.9.6) Cima Dodici, m. 2336, e Cima Undici, m. 2228, dell’Ortigara.

Sui fianchi occidentali del M. Ortigara, sono palesemente montagne meridiane per Borgo Valsugana.

 

6.9.7) La Val di Sole.

Il costone che, staccandosi dalla Cima di Val Gelada e terminando nella quota trigonometrica m. 2217 con andamento S-N, separa la Val Gelata dalla Val Baselga, in Val di Sole, comprende una serie di toponimi meridiani tutti sul meridiano dell'abitato di Pellizzano: i Crozzi del Mezdì (qq. mm. 2607 e 2590), il Passo del Mezdì (q. m. 2408), il Pizzo del Mezdì (q. m. 2577), i Monti del Mezdì (tre elevazioni con altitudine media m. 2419);

 

6.9.8) Il Croz delle Gardéne o Croz del Mezdì.

Vetta sul meridiano dell'abitato di Mezzana, in Val di Sole;

 

Ringraziamenti.

Si ringraziano tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questa ricerca ed in particolare:

il bibliotecario Giovanni Anelli;

l'archeoastronomo Piero Barale, di Cuneo;

l'architetto Silvana Barezzi, di Cuneo;

l'operatore culturale della Val Venosta (BZ) Gianni Bodini;

il sig. Gian Marco Barali, sindaco di Acceglio (CN) nel 1999;

la sig.ra Teresa Battisti, dell'Istituto Culturale Mòcheno di Palù del Fèrsina (TN);

l'ex reggente del C.A.I. di Bolzaneto (GE) Piero Bordo;

il dott. Fabio Chiocchetti, direttore dell'Istitut Cultural Ladin di Vigo di Fassa (TN);

l'anonima guardia campestre della Magnifica Comunità di Fiemme (TN);

il dott. Kristian Kollmann, già collaboratore dell'Archivo Provinciale di Bolzano;

la sig.ra Rosina Iobstraibizer Immoltrer, di Fierozzo (TN);

il sig. Ottavio Laner, di Frassilongo (TN);

la dott.ssa Rosanna March, bibliotecaria pro tempore dell'Istitut Cultural Ladin di Vigo di Fassa (TN);

la dott.ssa Eleana Marullo di Genova;

il ricercatore dell’I.I.S.L. Bruno Olindo ;

la sig.ra Uliva Palauro, di Frassilongo (TN);

il parroco di Cremeno (GE);

l'archeologa Ariella Pennacchi;

la famiglia Pilotto di Acceglio (CN);

il sindaco di Pamparato (CN);

il sig. Leo Toller, dell'Istituto Culturale Mòcheno di Palù del Fèrsina (TN);

il sig. Michael Trocker, albergatore di Siusi (BZ);

lo storico della musica Mauro Viberti, di Pamparato (CN).

 

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Zagar F. (1984) Astronomia sferica e teorica, Zanichelli, Bologna.

 

Appendice

Elenco delle montagne meridiane rintracciabili su Internet mediante il motore di ricerca del sito web Atlante Italiano.

 

VALLE D’AOSTA

 

Toponimo

Provincia

Comune e/o località di riferimento

Coordinate piane X,Y

WGS84

Coordinate geografiche

Lat., Long.

WGS84

Quota metri s.l.m.

Note

COSTONE DI MEZZODI

AO

SAINT-RHEMY-EN-BOSSES

X 352781.7

Y 5075796.4

45° 49' 12,0469''

7° 06' 17,5482''

2584

 

 

PIEMONTE

 

Toponimo

Provincia

Comune e/o località di riferimento

Coordinate piane X,Y

WGS84

Coordinate geografiche

Lat., Long.

WGS84

Quota metri s.l.m.

Note

BEC DI MEZZOGIORNO

TO

FRAISSE-VAL GERMANASCA

X 340738.1

Y 4980580.9

44° 57' 38,9305'' N

6° 58' 50,4455'' E

2986

 

GUGLIA DEL MEZZODI

TO

EXILLES

X 317613.4

Y 4987982.7

45° 01' 18,5933'' N

6° 41' 06,0705'' E

2621

 

BRIC DEL MEZZODI

TO

MELEZET-BARDONECCHIA

X 328533.3

Y 5000434.3

45° 08' 11,6230'' N

6° 49' 09,3387'' E

2899

 

PUNTA DI MEZZODI

TO

MEANA DI SUSA

X 352138.9

Y 4992556.6

45° 04' 15,6872'' N

7° 07' 17,8748'' E

3000 ca.

 

ROCCA DI NONA

TO

ALA DI STURA

X 367116

Y 5018446.9

45° 18' 25,0117'' N

7° 18' 17,6575'' E

1420

 

PUNTA DEL MEZZODI

TO

GRAVERE

X 344055.8

Y 4993626.8

45° 04' 44,1033'' N

7° 01' 07,2283'' E

2691

 

BEC DI MEZZODI

TO

GROSCAVALLO

X 362415.6

Y 5023285.9

45° 20' 58,4866'' N

7° 14' 37,0607'' E

2427

 

BEC DI NONA

TO

GROSCAVALLO

X 364813.4

Y 5023719.2

45° 21' 14,2007'' N

7° 16' 26,7786'' E

2202

 

PUNTA DEL MEZZOGIORNO

CN

PRADLEVES-GHIO

X 360202.3

Y 4921515.3

44° 26' 00,3508'' N

7° 14' 36,5710'' E

2006

 

BECCAS DEL MEZZODI

CN

DEMONTE - CONVENT

X 365227.3

Y 4912851.7

44° 21' 23,1149'' N

7° 18' 31,8559'' E

1931

 

BEC MEZZODI

CN

VENASCA

X 371374.4

Y 4933038

44° 32' 21,1107'' N

7° 22' 51,3869'' E

1206

 

BRIC MEZZODI

CN

DRONERO PRALETTO

X 363954.9

Y 4923229.9

44° 26' 58,4713'' N

7° 17' 24,6147'' E

1134

 

BEC DI MEZZODI

CN

CASOTTO

X 413229.8

Y 4895349.4

44° 12' 22,3376'' N

7° 54' 50,2610'' E

1932

 

CROCE DI MEZZODI

VB

VARZO

X 441150.2

Y 5114900.7

46° 11' 06,5025'' N

8° 14' 14,7686'' E

2230

 

PIZZO DEL MEZZODI

VB

VARZO

X 440963.6

Y 5114556.2

46° 10' 55,2835'' N

8° 14' 06,2196'' E

2383

 

PIZZO NONA O DELLA BENNA

VB

BANNIO ANZINO

X 433794.3

Y 5086999.1

45° 56' 00,1346'' N

8° 08' 45,6347'' E

2230 ca.

 

PIZZO NONA

VB

DRUOGNO

X 454647.6

Y 5104991.5

46° 05' 49,1752'' N

8° 24' 47,7712'' E

2271

 

 

TRENTINO ALTO ADIGE

 

Toponimo

Provincia

Comune e/o località di riferimento

Coordinate piane X,Y

WGS84

Coordinate geografiche

Lat., Long.

WGS84

Quota metri s.l.m.

Note

MONTE A MEZZODI

BZ

CASTELBELLO

X 647296.8

Y 5167476.7

46° 38' 40,7673'' N

10° 55' 29,1380'' E

1100 ca.

Toponimo molto esteso

Coord.centrali

CIMA MEZZODI

BZ

CHIUSA

X 693110.9

Y 5170703.6

46° 39' 43,3353'' N

11° 31' 27,3073'' E

1370

 

CIMA MATTINA

BZ

CHIUSA

X 692533.1

Y 5170703.6

46° 39' 43,9340'' N

11° 31' 00,1443'' E

1570

 

CIMA DI MEZZODI

BZ

MALLES VENOSTA

X 628443.9

Y 5174813.2

46° 42' 52,3113'' N

10° 40' 50,0407'' E

2405

 

PUNTA DI MEZZODI

BZ

RACINES

X 679895.7

Y 5190122.2

46° 50' 25,1528'' N

11° 21' 33,3892'' E

2052

 

DENTE DI MEZZODI

BZ

SANTA CRISTINA VALGARDENA

X 709103.2

Y 5154335.1

46° 30' 36,3506'' N

11° 43' 32,4204'' E

3000

 

SASSO LEVANTE

BZ

SANTA CRISTINA VALGARDENA

X 709698.8

Y 5154375.1

46° 30' 36,9784'' N

11° 44' 00,4022'' E

3110

 

FORCELLA DE MESDI

BZ

SANTA CRISTINA VALGARDENA

X 711373.2

Y 5164927.4

46° 36' 16,5717'' N

11° 45' 36,1958'' E

2597

 

SASSO DE MESDI

BZ

SANTA CRISTINA VALGARDENA

X 711359.9

Y 5164765.2

46° 36' 11,3380'' N

11° 45' 35,3046'' E

2762

 

FORCELLA DI MEZZODI

BZ

TESIMO

X 663698.2

Y 5154941.7

46° 31' 41,2442'' N

11° 08' 04,2198'' E

1676

 

MONTE DI MEZZODI

BZ

SILANDRO

X 634354.6

Y 5167910.4

46° 39' 04,6021'' N

10° 45' 21,0711'' E

1600-1700 ca.

Toponimo molto esteso.

Coord. indicative centrali del toponimo

CIMA DI MEZZODI

BZ

TIRES-SCILLIAR

X 696483.1

Y 5151832.4

46° 29' 29,0300'' N

11° 33' 37,0232'' E

2187

 

COL DAL MEZDI

BZ

CASTELROTTO-ORTISEI

X 704702.2

Y 5159618.1

46° 33' 32,1919'' N

11° 40' 14,5129'' E

2006

 

DENT DE MEZDI

BZ

CORVARA IN BADIA-ARABBA

X 717011.1

Y 5156730.5

46° 31' 44,8571'' N

11° 49' 47,0823'' E

2881

 

SASSO DELLE NOVE

BZ

CORVARA IN BADIA-ARABBA

X 717607

Y 5155931.4

46° 31' 18,3068'' N

11° 50' 13,6732'' E

2900 ca.

 

 

SASSO DELLE DIECI

BZ

CORVARA IN BADIA-ARABBA

X 717761.2

Y 5156172.6

46° 31' 25,9321'' N

11° 50' 21,3086'' E

2900 ca.

 

SASSO DI MEZZODI

BZ

ARABBA

X 720909.2

Y 5150523.3

46° 28' 19,4427'' N

11° 52' 39,2258'' E

2727

 

PELA DA MEZDI

BZ

SELVA DI VAL GARDENA

X 713389.1

Y 5156040

46° 31' 26,6818'' N

11° 46' 56,1201'' E

1950 ca.

Toponimo esteso

PIZ SETEUR

BZ

SELVA DI VAL GARDENA

X 711954.8

Y 5156265.8

46° 31' 35,6201'' N

11° 45' 49,2474'' E

2064

 

CIMA UNDICI

BZ

SESTO-TRE CIME LAVAREDO

X 758589.7

Y 5170285.8

46° 38' 10,3900'' N

12° 22' 42,9565'' E

3092

 

CIMA DODICI O CRODA DEI TONI

BZ

SESTO-TRE CIME LAVAREDO

X 757237.7

Y 5168319.4

46° 37' 08,6648'' N

12° 21' 35,5358'' E

3094

 

CIMA UNA

BZ

SESTO-TRE CIME LAVAREDO

X 756212.7

Y 5170536.1

46° 38' 21,7697'' N

12° 20' 51,8479'' E

2698

 

SASSO DI MEZZODI

BZ

CALDARO

MONTICOLO

X 674969.9

Y 5141436

46° 24' 13,8151'' N

11° 16' 34,6620'' E

661

 

DOSSO DODICI

BZ

CALDARO

MONTICOLO

X 674897.1

Y 5140509

46° 23' 43,8728'' N

11° 16' 30,0071'' E

570

 

COLLE DELLE DODICI

BZ

CAMPO DI TRENS

X 691038.4

Y 5195769.9

46° 53' 16,7677'' N

11° 30' 27,4812'' E

2044

 

CIMA DODICI

BZ

CAMPO TURES

X 733162.3

Y 5201998.5

46° 55' 49,8836'' N

12° 03' 46,8774'' E

2516

 

CIMA DELLE OTTO

BZ

CAMPO TURES

X 730827.3

Y 5199602.6

46° 54' 35,3129'' N

12° 01' 52,2317'' E

2667

 

CIMA DIECI

BZ

VAL RESIA

X 613861.5

Y 5182780.9

46° 47' 19,8667'' N

10° 29' 30,5414'' E

2675

 

CIMA UNDICI

BZ

VAL RESIA

X 613572.6

Y 5181421.8

46° 46' 36,0285'' N

10° 29' 15,7066'' E

2926

 

CIMA DODICI

BZ

VAL RESIA

X 613089

Y 5181792.8

46° 46' 48,3395'' N

10° 28' 53,2390'' E

2783

 

CIMA DODICI

BZ

LACES

X 642502.1

Y 5159225.5

46° 34' 17,3198'' N

10° 51' 34,5561'' E

2512

 

CIMA DIECI

BZ

MARTELLO

X 635607.9

Y 5153648.2

46° 31' 21,8486'' N

10° 46' 04,9687'' E

2684

 

CIMA UNDICI

BZ

MARTELLO

X 636965.7

Y 5155349.2

46° 32' 15,9414'' N

10° 47' 10,4738'' E

2260

 

CIMA DODICI

BZ

MARTELLO

X 636387.1

Y 5154175.8

46° 31' 38,3669'' N

10° 46' 42,0814'' E

2680

 

PUNTA DELLE DODICI

BZ

SAN MARTINO IN BADIA

X 717509

Y 5166151.7

46° 36' 49,1314'' N

11° 50' 26,3427'' E

2384

 

CIMA DODICI

BZ

SELVA DEI MOLINI

X 716767

Y 5194700.2

46° 52' 13,7461'' N

11° 50' 40,0085'' E

2351

 

CIMA DODICI

BZ

SENALES-SIMILAUN

X 648794

Y 5178430

46° 44' 34,2290'' N

10° 56' 52,2727'' E

2609

 

DOSSO DELLE DODICI

BZ

VIPITENO-PRATI (VICINO C. DI TRENS)

X 687936.5

Y 5196383

46° 53' 39,7950'' N

11° 28' 01,9522'' E

1300-1400 ca.

Toponimo esteso

CIMA DIECI

BZ

SAN GENESIO-SAN VIGILIO-MAREBBE

X 726579.6

Y 5167425.5

46° 37' 19,5406'' N

11° 57' 34,4824'' E

3026

 

 

 

CIMA NOVE

BZ

SAN GENESIO-SAN VIGILIO-MAREBBE

X 728177.7

Y 5168374.5

46° 37' 48,2945'' N

11° 58' 51,2135'' E

2968

 

CIMA NOVE

BZ

DOBBIACO

X 748859.7

Y 5176970.9

46° 41' 59,8735'' N

12° 15' 19,0539'' E

2580 ca.

 

DOS DI MEZZODI

TN

CAVALESE

X 690243.7

Y 5124835.3

46° 15' 01,6093'' N

11° 28' 05,1405'' E

1847

 

CIMA DI MEZZODI

TN

FRASSILONGO

X 679338.4

Y 5105724.6

46° 04' 53,6038'' N

11° 19' 10,1998'' E

1688

 

PIZZO DEL MEZZODI

TN

PELLIZZANO

X 636195.8

Y 5124866.5

46° 15' 49,3693'' N

10° 46' 02,3816'' E

2577

 

PALE DEL MEZZODI

TN

POZZA DI FASSA

X 703640.9

Y 5147303.5

46° 26' 54,8078'' N

11° 39' 05,3104'' E

2446

 

VEDRETTA VERNALE

TN

POZZA DI FASSA

X 718163.1

Y 5144781.1

46° 25' 16,8501'' N

11° 50' 20,9472'' E

2800 ca.

 

SASSO VERNALE

TN

POZZA DI FASSA

X 718278.7

Y 5144512.2

46° 25' 08,0144'' N

11° 50' 25,9041'' E

3058

 

TORRE DI MEZZODI

TN

VALLARSA

X 666109.2

Y 5066353.3

45° 43' 50,8327'' N

11° 08' 05,6398'' E

1903

 

SASSO DI MEZZODI

TN

VIGO DI FASSA

X 707572.7

Y 5142939.2

46° 24' 29,2551'' N

11° 42' 02,4168'' E

2446

 

CIMA UNDICI

TN

VIGO DI FASSA

X 708608.2

Y 5142505.9

46° 24' 14,0847'' N

11° 42' 50,1670'' E

2501

 

CIMA DODICI O FEROZZO

TN

BORGO VALSUGANA

X 691118

Y 5096740.6

45° 59' 51,2924'' N

11° 28' 05,2047'' E

2336

 

CIMA UNDICI

TN

BORGO VALSUGANA

X 692444.4

Y 5097482.7

46° 00' 13,9789'' N

11° 29' 07,8876'' E

2228

 

SASSO DELLE DODICI

TN

MARMOLADA-CANAZEI

X 720104.2

Y 5147704

46° 26' 49,1633'' N

11° 51' 56,7333'' E

2722

 

SASSO DELLE UNDICI

TN

MARMOLADA-CANAZEI

X 720774.1

Y 5147607

46° 26' 45,2370'' N

11° 52' 27,9275'' E

2801

 

SASS VERNAI

TN

MARMOLADA-CANAZEI

X 722837.3

Y 5147481.6

46° 26' 38,7388'' N

11° 54' 04,2908'' E

2000 ca.

 

CIMA DODICI

TN

MEZZANO

X 719087.7

Y 5109923.8

46° 06' 27,7979'' N

11° 50' 05,8523'' E

2264

 

CIMA DODICI

TN

SAN GIACOMO-TRANSACQUA

X 698053.9

Y 5202313.9

46° 56' 41,1564'' N

11° 36' 08,9088'' E

2690

 

 

MONTE SEI

TN

PERGINE VALSUGANA

X 673504.1

Y 5104829.1

46° 04' 30,0326'' N

11° 14' 37,5871'' E

610 ca.

 

CIMA MEZZOGIORNO

TN

ALA

X 660043.1

Y 5064832.1

45° 43' 06,7211'' N

11° 03' 23,3474'' E

1670 ca.

 

CIMA LEVANTE

TN

ALA

X 662957.4

Y 5067703.6

45° 44' 37,2553'' N

11° 05' 41,5453'' E

2020

 

CIMA DI MEZZOGIORNO

TN

CANAL SAN BOVO

X 706356.4

Y 5117197.8

46° 10' 37,4987'' N

11° 40' 24,8562'' E

1940

 

DOSSO MEZZOGIORNO

TN

MOENA

X 705437.3

Y 5137060.8

46° 21' 21,3567'' N

11° 40' 13,2222'' E

2301

 

CENGIO DI MEZZOGIORNO

TN

TERRAGNOLO

X 668955.6

Y 5082372.6

45° 52' 27,0404'' N

11° 10' 37,4299'' E

1260

 

 

VENETO

 

Toponimo

Provincia

Comune e/o località di riferimento

Coordinate piane X,Y

WGS84

Coordinate geografiche

Lat., Long.

WGS84

Quota metri s.l.m.

Note

BEC DI MEZZODI

BL

ALLEGHE

X 732551.1

Y 5141458.4

46° 23' 12,0719'' N

12° 01' 28,1509'' E

2108

 

CIME DI MEZZODI

BL

FORNO DI ZOLDO

X 744978.6

Y 5134239.4

46° 19' 02,7527'' N

12° 10' 55,5464'' E

2324

 

SASSO DEL MEZZODI

BL

VALMOREL

X 749860.6

Y 5106450.4

46° 03' 57,4119'' N

12° 13' 50,6212'' E

872

 

SASSO DI MEZZODI

BL

RIVALGO

X 758282

Y 5137544.1

46° 20' 31,8686'' N

12° 21' 23,1198'' E

2035

 

COL DI MEZZODI

BL

PIEVE DEL COL DI LANA

X 726081.4

Y 5149515.7

46° 27' 40,6706'' N

11° 56' 39,6870'' E

1904

 

CRODE DI MEZZODI

BL

CHIESA – GAVAZ

X 740018.6

Y 5135237.8

46° 19' 41,4383'' N

12° 07' 05,7991'' E

1929-2055

 

PIZ DI MEZZO DI o MONTE PIZZON

BL

RIVAMONTE AGORDINO

X 734161.2

Y 5122835.4

46° 13' 07,5468'' N

12° 02' 10,0397'' E

2240

 

MONTE VERNA

BL

VIGO DI CADORE

X 773014.4

Y 5153456.2

46° 28' 45,6195' N

12° 33' 24,4776'' E

2106

 

CIMA DIECI

BL

SAPPADA

X 785686.3

Y 5161900

46° 32' 59,7108'' N

12° 43' 36,2192'' E

2151

 

SCOGLIO DI MEZZOGIORNO

VI

S.PIETRO IN VALDASTICO

X 683686

Y 5084075.4

45° 53' 08,5861'' N

11° 22' 02,5127'' E

600 ca.

 

COL VENTIDUEORE

VI

VALSTAGNA

X 706474.6

Y 5083422.2

45° 52' 24,1912'' N

11° 39' 37,7404'' E

575 ca.

 

 

FRIULI VENEZIA GIULIA

 

Toponimo

Provincia

Comune e/o località di riferimento

Coordinate piane X,Y

WGS84

Coordinate geografiche

Lat., Long.

WGS84

Quota metri s.l.m.

Note

PICCO DI MEZZODI

UD

CHIUSAFORTE

X 375147.2

Y 5138501.8

46° 23' 18,8160'' N

13° 22' 34,2253'' E

1866

 

PICCO DEL MEZZODI

UD

CHIUSAFORTE

X 378168.9